L'Amico del Popolo digitale

Testatina 33 L’Amico del Popolo 21 MAGGIO 2015 - N. 20 L’Amico del Popolo In famiglia Punto famiglia Adolescenti, attacco a famiglia e società I genitori non sanno come salvarsi da certi comportamenti violenti e distruttivi Il Corvo e la Luce u na volta, all’estre- mo nord, esisteva solo la notte. Gli abitanti pensavano che fosse così ovunque, fin quando un corvo viag- giatore rivelò loro: «Ho visto luoghi ove esiste il giorno ed è pieno di luce!» Fu così che gli abitanti dell’estremo nord desiderarono la luce. «Così - si dicevano - potremmo cacciare più distante e più a lungo e potremmo anche avvi- stare l’orso e sfuggirgli. Ma il corvo ripeteva: «Sono vecchio e stanco!» Fin quando, per l’insistenza di quegli uomini, un giorno prese il volo verso il levante. Volò molto a lungo, tentato spesso di mollare l’impresa, fin quando, allo stremo delle forze, vide in lontananza un bagliore di luce. Decise di riposarsi su un albero prima di riprendere il volo. Poco dopo vide una giovinetta dirigersi verso un ru- scello per attingervi l’acqua gelata. Si trasformò in un granello di sabbia e si depose sulla pelliccia della ra- gazza, che lo portò in casa senza saperlo. Lì si trovava un bambino che stava giocando. Il corvo, trasformatosi in granello di sabbia, entrò nell’orecchio del bambino e lo fece piangere. «Che cosa c’è?», chiese il nonno, capo villaggio. «Digli che vuoi giocare con una palla di luce!», gli suggerì il corvo. «Voglio giocare con la palla di luce!» L’uomo ordinò alla figlia di andare a prendere lo scrigno che conteneva la sfera. Il piccolo prese la palla e uscì sulla neve, come voleva il corvo. Una volta all’esterno, il corvo si ritrasformò, afferrò la sfera e volò verso ovest. Quando arrivò nel villaggio degli uomini dell’estre- mo nord, lasciò cadere la palla e questa si frantumò, irradiando luce in ogni direzione. Gli abitanti furono sbalorditi e ringraziarono il corvo per aver loro permesso di vedere le meraviglie che li circondavano. Il corvo si scusò: «Mi dispiace avervi portato solo una piccola sfera, che vi permetterà di avere luce solo per sei mesi l’anno». Gli uomini risposero: «A noi va bene anche così! Prima era buio totale!… * * * Termina il racconto, raccolto tra gli Inuit: Ecco perché, all’estremo nord, per sei mesi l’anno è buio, per gli altri sei è luce». Gli Inuit vivono nelle regioni costiere artiche e subartiche dell’America settentrionale e della punta nord-orientale della Siberia, ambienti molto difficili per la sopravvivenza. Secondo le varie culture, il corvo può essere portatore di disgrazie (si vede anche dal colore delle sue piume) o di luce. Per esempio nel mito irlandese del dio Lugh (figlio del Sole), il corvo viene accomunato con la parte solare energetica del cosmo, nonostante il colore nero… Storie dal mondo raccolte da Ezio Del Favero l’anagramma Rimescola le lettere della frase: «Adora colpire mali storici» La frase proposta questa settimana da Adriano Zanon nasconde il nome di un’area monumentale dell’alta provincia di Belluno. Hai indovinato? La soluzione dell’anagramma sarà pubblicata nel prossimo nu- mero dell’Amico del Popolo, nella pagina delle Rubriche. Tutti gli appassionati possono proporre il loro anagramma scri- vendoci la loro proposta all’indirizzo giochi@amicodelpopolo.it In una settimana tre fa- miglie si rivolgono a me per confidarmi pene e problemi di figli adolescenti senza freno. Questi attaccano con violenza i comportamenti e i valori familiari. Due le richieste acute di questo genere di ragazzi: libertà e soldi. Sempre più libertà e sem- pre più soldi. I conflitti e gli attacchi vengono poi esportati pure all’esterno della famiglia, sia a scuola che nelle com- pagnie sociali, dove s’inge- gnano a violare altre regole di comportamento. La cosa preoccupante è che i ragazzi non si rispetta- no neppure nella compagnia di cui fanno parte e accado- no comportamenti asociali non privi di conseguenze fisiche e perfino penali tra di loro. Novità: in questi compor- tamenti, anche le ragazzine ormai giocano «partite alla pari coi maschi», tra l’altro sveglie prima dei maschi. Dati e fatti. I fatti pervenuti e raccolti sono raggruppati così. Nessun limite di orario. Ogni orario, proposto e poi imposto, è violato. I soldi, più o meno genero- si, erogati al sabato, lunedì non ci sono più. La nuova ri- chiesta, se non soddisfatta, comporta ruberie (anche a danno dei fratelli), minacce ed estorsioni, rotture di og- getti, perfino scatenamento fisico (di solito il padre doma con la forza gli attacchi e le botte non sono escluse). Fumo, alcol, abuso di tele- fono, smorosamenti sessuali precoci all’ordine del giorno (si reclama la maturità e la vita adulta in quest’area!). Rese scolastiche pres- soché zero, con assenze in continua crescita e boccia- ture finali. La scuola non interessa più, resta solo l’e- ventuale posto dove contat- tare o formare i «compagni delinquenti» (come detto da un padre, molto addolorato). Negato qualsiasi invito e impegno al cambiamento. Psicologo? Neanche a par- larne! Al consiglio di farsi aiutare, seguono insulti e denigrazione dei professio- nisti: «Ne hai bisogno tu, che sei cretina e deficiente - detto alla mamma - tu hai bisogno di cura non io!, e troverai una psicologa sce- ma che di farà stare peggio, come la mamma di … che così è andata fuori di testa. Sei tu, fuori di testa, non io. Dammi quello che ti chiedo, invece di far scemate!». La casa o l’appartamento è vissuto come luogo di bi- vacco e passaggio. Se arriva l’amico o l’amica, si tappa- no in camera e si chiudono dentro. A questo fatto di solito commento: ma perché ci sono le chiavi nelle porte interne? Giustificabili solo quelle del bagno, eventual- mente! Su questo particola- re i genitori possono subito far qualcosa. E cito sempre il dottor Giudici di Pola, che nella sua grande casa non ha messo alcuna porta interna, neppure quella del bagno, perché gli spazi familiari devono essere tutti aperti, pur definiti in modo chiaro per le loro funzioni! In quella casa ci sono sta- to e ho visto con miei occhi. La privacy personale c’è tut- ta eppure si respira spazio di libertà piena e di comu- nicazione, soprattutto fisica. Senso e significato. La realtà è quella che è. Bisogna coglierla. Da 50 anni si parla, si afferma, si induce quasi una sola battaglia: quella dei diritti e non dei doveri. Chiacchiere immense, pre- senza estenuante su ogni tipo di media, addirittura dilagante come spazzatura nelle catene social di tablet e telefonini, con cui si afferma che si può fare tutto e tutto è lecito. Quanto a …respon- sabilità, non se ne parla af- fatto e, quando se ne parla, è solo degli altri. Mi rendo conto che il clima è questo, ma mi rendo con- to pure che si tratta di un immenso palco che mette in mostra quello che non c’è: la realtà che le famiglie stanno vivendo è molto più dura e terragna di tanti diritti pro- clamati, e non viene quasi mai rappresentata, ma poi si afferma: «tocca alla fami- glia!». Ma quali prezzi? La sfera dei diritti sta diventando una retorica pazzesca, capace di disso- ciare tutto - dalla politica alla pensione - perché la vita concreta reclama oggi, senza via di scampo, che venga posto al primo posto la responsabilità perché ne segua poi la libertà. Senza il valore morale, che si basa sul comportamento quindi, della responsabilità, non si può raggiungere e ot- tenere nessun diritto. Ma questa è una conside- razione generale. Sta davan- ti il fatto che coppie educan- ti, sostanzialmente coerenti sotto il profilo educativo, si trovano ad affrontare un esito del tutto estraneo alle previsioni. Nel giro di pochi giorni, non più di un mese, ragazzi e ragazze perdono il loro profilo comportamenta- le «durato fino a Natale» e ne rivestono un altro che - a detta dei genitori - non corrisponde alla natura dei loro figli. Per questo aspetto, mi sento di confermare le ra- gioni dei genitori, non dei figli. Infatti, trattando poi con svariati di questi figli, che hanno fatto scelte poco valoriali e poco sociali, sco- pro che essi stessi dicono: «ho fatto cose contro la mia natura, contro quello che pensavo e sentivo profonda- mente». Talvolta ciò è detto e confermato in incontri di confronto gruppale, quindi con affermazioni molto im- pegnativi e testimoni alla pari. Gli atteggiamenti base dei primi anni di vita infatti non possono essere sman- tellati da comportamenti di fumo, alcol, droga, giochi pe- ricolosi, violenze. Queste co- se cozzano contro la cultura relazionale di base, quella familiare, messa dentro il cuore e la mente. Urgente è dare significa- to e consapevolezza a questi fenomeni. Valutazione. La via d’uscita, da trap- pole relazionali e compor- tamentali come queste, è possibile pesando bene le situazioni individuali e fa- miliari, e soprattutto ponen- dosi in modo «evolutivo». Il che vuol dire: come sono en- trato in questo ‘inferno rela- zionale’ passo dopo passo, ne posso uscire soltanto passo dopo passo. Cerco di fissare qualche meta, che intravedo come soluzione, e la strada che mi porta là. Primo passo, cerco di met- termi in una strada nuova, abbandonando le strade che ho ritenuto finora si- cure. Nello specifico: se ho trasmesso diversa visione e decisione di me come pa- dre, rispetto a te come ma- dre, dobbiamo trovare senza indugio una visione unica e una missione unica, condi- visa, giusta o sbagliata che sia. Secondo passo, accolgo gli eventi negativi e i com- portamenti sbagliati che li producono, per stare dentro il principio di realtà. Non entro quindi in negazione di ciò che è accaduto. Terzo passo, accolgo il sen- so di impotenza, vulnerabi- lità, paura, rabbia e dolore che sento scatenarsi dentro di me, poiché la negazione di questo mi rende ancora più fragile e ricattabile da parte dei figli. Quarto, socializzo e fac- cio rete sui problemi legati ai comportamenti del figlio, quindi con insegnanti, pa- renti, altre famiglie (quelle dei soci di ‘malaffare’ coi miei figli), forze dell’ordine se occorre, cercando colla- borazione. Quinto, mi informo, chie- do consulenza, frequento gruppi di pari che stanno vi- vendo le stesse mie situazio- ni. Mi cavo dalla solitudine. Sesto, comincio a non far- mi carico delle conseguenze negative che i miei figli pro- ducono a sé, alla famiglia e alla società, anche se sono minorenni. Altra è la scelta legale, altra la scelta edu- cativa. Settimo, investo sulla con- trattazione, sulla negozia- zione continua, perché ogni relazione comprende questo e si evolve in modo più po- sitivo, quanto più riesco a negoziare e arrivare a una decisione. Può non essere os- servata, ma allora non fa più carico sulle mie spalle, bensì su quelle del figlio. Alla fine viene fuori un bi- lancio preciso: la valutazio- ne degli eventi e sugli eventi è dell’adulto educatore, non più del figlio. I genitori testi- moni, oltre che guida, diven- tano autorità che determina la gestione delle relazioni. Viene bandito il «non so che pensare, che dire e che fa- re!». Scelte e decisioni. Unica: non restare soli dentro questi meccanismi complicati e spesso indivi- dualmente «malati» e social- mente «perversi». È infatti socialmente «perversa» una scelta libera che crea danni di cui si fa di tutto per non assumersi la responsabilità. Come nell’ul- tima vicenda dei black bloc di Milano. Che, con le mie orecchie, ho sentito lodare da un paio di giovani. Pieno vicolo cieco. Gigetto De Bortoli In Francia bandito il wi fi da tutte le scuole primarie Trovo sul sito New Bio, che il 29 gennaio di quest’an- no, con una mossa senza precedenti, la Francia ha approvato una legge che riguarda l’esposizione dei bambini a periferiche wireless, proibendo del tutto la tecnologia Wi-Fi nei locali di asili nido e scuole materne e limitandone l’attivazione nelle scuole pri- marie solo durante l’utilizzo per l’educazione degli alunni. Si tratta di una decisione modello, che dice chiaro e tondo - riconosciuto per legge - che tutti i marchin- gegni di comunicazione (quindi pure i cellulari) e gli ambienti saturi di onde Wi-Fi sono dannose per i cervelli dei più piccoli. Questo tipo di onde, sia chiaro, sono diverse da quelle dell’alta tensione, di cui si parla spesso in provincia di Belluno. Un solo cordless in casa è più nocivo dei cavi che passano sopra la testa tra un pilone e l’altro. La Francia non solo dimostra consapevolezza e un approccio di prevenzione nel mitigare i potenziali danni derivanti dalle radiazioni elettromagnetiche, ma anche la prima implementazione del principio di precauzione in relazione alla gestione della rapida diffusione delle tecnologie wireless. I cardini forti della legge meritano di essere cono- sciuti. I punti di accesso wireless e i routers devono essere banditi dagli asili nido e dalle scuole materne. I punti di accesso devono essere disattivati nelle scuole elementari quando non sono in uso per le- zioni. Qualunque pubblicità di telefonia mobile deve inclu- dere una raccomandazione di dispositivi per ridurre l’esposizione nella testa (come gli auricolari). Tutti i locali pubblici che offrono connettività Wi-Fi devono chiaramente segnalare tale fatto con segna- letica posta all’entrata del locale. Tutti i dispositivi wireless devono contenere chiare istruzioni su come disabilitare la loro funzionalità wireless. Con questa norma sono responsabilizzati genitori, insegnanti, gestori di ambienti pubblici, in ogni caso di chi si trova bambini presenti. Bisogna tutti prenderne nota.

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