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Alternativa necessaria

di Luigi Del Favero

Mi metto nei panni di uno dei ‐ troppo rari ‐ turisti o escursionisti stranieri che arrivi in queste settimane sulle nostre montagne. Ha in testa una mèta da raggiungere a piedi: ne ha sentito parlare e desidera realizzare il desiderio o forse il sogno accarezzato a lungo. Ma ha pochi giorni a disposizione e perciò freme ogni volta che guarda il cielo carico di nuvole che non promettono nulla di buono. Eppure gli avevano assicurato che sulle Dolomiti avrebbe visto albe e tramonti unici al mondo!
Intanto si prepara avendo a disposizione i mezzi abituali per imparare la strada. Occorre dire che dovrà fare un cammino piuttosto solitario perché la sua mèta non è di quelle da turismo di massa.
Ha acquistato una guida dei sentieri tra i quali c’è anche il suo. L’itinerario è presentato bene: il percorso è descritto minutamente, sono indicati i tempi di percorrenza, il dislivello e il grado di difficoltà vengono segnati esattamente, i punti di appoggio per il ristoro sono evidenziati con chiarezza. All’ufficio turistico dove ha trovato il libro sulle escursioni, la ragazza che glielo ha venduto ha aggiunto parole di elogio per la mèta prescelta: «È fantastica, pazzesca!». Sa anche raccontare la bella avventura vissuta da suoi amici ed ha ascoltato il racconto di altri turisti soddisfatti, passati nel suo ufficio. Però parla per sentito dire perché lei non vi è mai andata.
Il nostro straniero non si sente sicuro perché alcune delle cose scritte non risultano chiare per lui forestiero. Allora interroga uno del posto. Ha individuato un uomo piuttosto anziano, uno che se ne intende, conosciuto al bar dell’albergo dove ha preso alloggio. È un’altra cosa sentire dalla viva voce quello che si è letto a fatica sulle guide. Si possono fare domande, chiedere chiarimenti, muovere obiezioni, risolvere difficoltà. Il vecchio ha risposto a tutto ed è stato convincente. Solo la cameriera che ha ascoltato un po’ del lungo discorso butta lì una frase irriverente: «Tanta fatica per niente! Io me ne starei a dormire». A sera va a letto contento anche perché le previsioni promettono una giornata niente male per il giorno seguente.
La previsione si realizza e il cielo è finalmente sereno; l’aria frizzante, quasi primaverile, è un aiuto e non impedimento a partire con buona lena. Tutto va per il meglio e le conferme a quanto appreso dalla lettura e dalle parole arrivano di continuo. Qualche albero schiantato e posto di traverso al sentiero documenta la durezza dell’inverno trascorso, ma non costituisce un ostacolo insuperabile. Fino al punto inaspettato in cui il sentiero sparisce. Non c’è proprio più, cancellato da una grande frana lasciata dalla stagione eccezionale che ci siamo lasciati alla spalle e presto dimenticata. Ma lassù è successo qualcosa di serio. C’è ancora neve che non mette alcuna allegria, piuttosto aumenta il pericolo dell’eventuale attraversata che si rivela impossibile. Il solitario escursionista studia il sito in alto e in basso per scoprire un altro passaggio, ma alla fine deve arrendersi: non c’è più sentiero.
Questo non era scritto né nella pagine della guida né era previsto nelle parole dei valligiani.
Ritorna indietro deluso, di cattivo umore, indispettito, stanco e presto si carica di risentimento verso quelli che non hanno segnalato il guasto, lasciandolo partire, anzi incoraggiandolo ad andare.
Il proposito è fermo: «Qui non ritornerò mai più».
Ho scritto una sorta di parabola, ma sono insoddisfatto perché non ha nulla della semplicità e della bellezza di quelle del vangelo. Tento tuttavia di raccoglierne il succo già annunciato nel titolo che parlava di sentiero interrotto.
La mèta da raggiungere è Dio e il protagonista del racconto è l’uomo dei nostri giorni, il contemporaneo.
La guida turistica è il Catechismo.
Il discorso del valligiano del bar è la bella predica ascoltata in chiesa.
La descrizione della ragazza dell’ufficio informazioni assomiglia tanto ai racconti entusiasti di certe persone devote che hanno una spiegazione per tutto.
Però nella realtà il sentiero è interrotto. Qualcosa di serio impedisce di trovare Dio come il senso della propria esistenza, come una Persona da incontrare e che ti cambia la vita. L’incontro non c’è proprio stato: forse aveva ragione la cameriera scanzonata.
Si presenta così la nostra situazione in materia religiosa?
Credo proprio di sì e per questo si esige da noi qualcosa di veramente nuovo.
Libri religiosi, catechismi, prediche, conferenze, lavori di gruppo possono ancora servire se prima c’è qualcosa di rivoluzionario, anche se semplicissimo.
Quello straniero aveva bisogno che qualcuno gli dicesse: «Vengo con te». Avrebbero affrontato insieme l’interruzione del sentiero, avrebbero condiviso la fatica; poi lui, con l’esperienza del nativo del posto, sarebbe stato capace di individuare una traccia, un passaggio sicuro. Questa figura non corrisponde forse ai lineamenti di papa Francesco, «il prete che tutti vorrebbero avere come parroco»? Conviene fidarsi di lui e del suo metodo.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

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