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Approvata dalla Regione la legge sulla specificità

La Regione Veneto prende il ritmo della montagna e giunta in provincia di Belluno cambia passo. Succede mercoledì 30 luglio.
Dopo una lunga gestazione, dopo colpi di sciabola e di fioretto, dopo vari tentativi anche di affossamento, tutti peraltro rintuzzati, arriva in aula, in Consiglio regionale, il progetto di legge 370. Iniziativa trasversale di vari consiglieri, primo firmatario Dario Bond e con lui gli altri bellunesi Sergio Reolon e Matteo Toscani oltre a molti altri consiglieri. La commissione ha licenziato il testo martedì 22. Mercoledì 30 tocca proprio a loro tre tenere la barra dritta.
Sono le 11,45, fuori piove, quando, chiuso il precedente punto all’ordine del giorno, comincia la discussione del 370. Disciplina la specificità montana e l’autogoverno del Bellunese. Presiede i lavori il vicepresidente Toscani, il presidente Clodovaldo Ruffato gli cede il posto e si ritira nel suo studio. I banchi della Giunta sono vuoti. Luca Zaia fa sapere di essere volato a Roma: c’è da eleggere il nuovo presidente della Conferenza delle Regioni.
Interviene per primo Dario Bond, relatore di maggioranza. Dichiara subito di essere emozionato. Un’aula spesso distratta, questa volta, si mostra concentrata. Al massimo qualche tablet aperto. Nell’Acquario, come si chiama la tribuna d’aula, un bel numero di sindaci bellunesi sfoggia le fasce tricolori. Nella vicina sala Cuoi, maxischermo per i rappresentanti delle categorie economiche e della società civile.

L’INTERVENTO
DI BOND

Abbigliamento casual, il capogruppo Bond (Forza Italia per il Veneto) parla a braccio. Ci sarebbe da illustrare la relazione d’accompagnamento del disegno di legge, però lui preferisce un altro registro. Meno tecnico e più colloquiale. Non lo dice, ma si rivolge soprattutto agli scettici. Bond richiama la legge Delrio e le competenze della nuova Provincia montana alpina: «Una felice, tangibile, coincidenza», sottolinea. L’approvazione di questo progetto costituisce, spiega, «il riconoscimento della forza di un territorio». Cita, Bond, i primi passi tracciati dal «Libro bianco sulla montagna veneta» e il successivo seminario della Fondazione Colleselli: tutto per arrivare al testo finale, che «snellisce un mare di procedure, migliora la qualità della vita delle popolazioni interessate, favorisce la gestione del territorio, avvicina il Bellunese alle condizioni delle Province autonome, certo non dal lato dei privilegi ma sul piano dell’autonomia amministrativa».
Ammonisce la Giunta, Bond, prima di concludere il suo intervento confidando un sogno. Il monito alla Giunta è esplicito: «Per i primi atti, ci sono 180 giorni dall’entrata in vigore della legge. Dopo di che, sia chiaro», scandisce, «scatta la tagliola: non ammetteremo deroghe né giri di valzer. Tempi certi e risorse certe», chiarisce ai "gufi", a chi in cuor suo tifa per i rinvii. «Tempi certi: 180 giorni, e risorse commisurate alle competenze assegnate alla Provincia di Belluno sulla base della spesa storica degli ultimi cinque anni». Poi il sogno: si inizi con i canoni idrici, ma il frutto di tutte le risorse naturali generate in montagna «resti in futuro il più possibile sul territorio. Sarà questa», conclude l’esponente di Forza Italia per il Veneto, «la mia nuova battaglia».

L’INTERVENTO
DI REOLON

Dopo Bond, tocca al relatore di minoranza Sergio Reolon (Pd). Abito blu, cravatta elegante, anche lui si dichiara emozionato, anzi «molto emozionato». Sotto gli occhi ha un testo scritto. Sono nove cartelle, le ha limate fino all’ultimo momento. «Oggi», attacca Reolon, «il Consiglio regionale del Veneto ha l’occasione per fare una bellissima figura. E per me», aggiunge con una punta di orgoglio, «si tratta di vedere coronati vent’anni di impegno politico e istituzionale». Poi, Reolon, entra nel merito e cerca di far capire l’importanza del provvedimento in discussione: «La forsennata applicazione alla montagna di princìpi puramente quantitativi, che ignorano le diversità territoriali e i servizi che le popolazione offre alla collettività nel mantenere il territorio abitato, sta pericolosamente aumentando le disparità e portando molte aree montane verso il punto di non ritorno. Maggiori possibilità di autogoverno e il riconoscimento che in montagna una parte rilevante (se non tutta) della fiscalità prodotta deve rimanere sul territorio, a partire dai canoni idrici, sono le condizioni indispensabili», precisa, «per un cambiamento di rotta».
L’esponente dem inquadra in questa cornice il nuovo intervento legislativo del Veneto. «Se si escludono le Province autonome e la Valle d’Aosta, nessuna politica né nazionale né regionale ha saputo affrontare con convinzione, continuità ed efficacia la questione centrale dell’abitabilità delle aree montane, della valorizzazione dell’organizzazione sociale e dei processi economici. In questo senso l’articolo 15 dello Statuto del Veneto traccia una via nuova, organica, innovativa, coraggiosa».
Si rivolge in particolare ai leghisti, Reolon e a chi fra i suoi colleghi, a pochi mesi dalle elezioni, teme che così si crei un vantaggio «a favore del Bellunese». No, non è così, argomenta il consigliere bellunese: «Se la montagna si regge, è un vantaggio per tutti i veneti. E poi questa legge apre una prospettiva diversa per tutti i territori del Veneto. Parte un’idea "diversa", del tutto nuova, di Regione».

IL DIBATTITO
E GLI EMENDAMENTI

Il dibattito generale prosegue con Pietrangelo Pettenò (Sinistra Veneta), Federico Caner (capogruppo della Lega) e Stefano Valdegamberi (consigliere di Futuro Popolare, rappresentante dell’altra montagna del Veneto, quella della Lessinia). Accenti da parte loro tutti favorevoli, tuttavia con qualche distinguo.
«Questo mix di specificità e autonomia», ammette Pettenò, «è un passo avanti indiscutibile». Qualche preoccupazione lui nutre sui tempi di attuazione, ma per questo vigilerà.
Il leghista Caner sposta il tiro sui rapporti con lo Stato centrale, che dal 2010 al Veneto, sanità a parte, ha tagliato 500 milioni. Pertanto, insiste, è la partita finanziaria con lo Stato centrale che adesso bisogna giocare. Al sottosegretario Gianclaudio Bressa il capogruppo leghista riserva strali e insieme sollecitazioni.
Da montanaro («Per andare a scuola in città, mio figlio ogni mattina si alza alle 5,30») Valdegamberi sottolinea gli aspetti positivi del progetto di legge 370: «Tutela i servizi, le persone, le imprese, e prova a dare risposte».
Parole di incoraggiamento alla comunità e ai rappresentanti bellunesi vengono formulate da Giovanni Furlanetto (Gruppo misto): «L’amore per la propria terra, che ho sentito oggi esprimere, è amore per il Veneto».
Il voto articolo per articolo si tiene nel pomeriggio dopo una sospensione dei lavori per discutere gli emendamenti.
La Giunta, in prima fila, schiera l’assessore Roberto Ciambetti. Con lui il vicepresidente Marino Zorzato e gli assessori Daniele Stival e Maurizio Conte.
Ciambetti interpreta il ruolo del cane da guardia che deve evitare di allargare troppo il perimetro oggetto di decentramento. A un certo punto perde le staffe. In commissione gli avevano bocciato l’emendamento sui tempi attuativi dilatati fino a 24 mesi, che la commissione aveva fissato a 18. In aula, anche se sono entrambi leghisti, Matteo Toscani fa passare un’ulteriore riduzione del periodo di transizione: massimo 12 mesi dall’entrata in vigore della legge.
Ciambetti si infuria e si indigna. Va storta anche al suo collega Conte che vorrebbe destinare il 50 per cento dei canoni idrici al finanziamento dei servizi forestali regionali in provincia di Belluno. Il sub–emendamento di Conte cade perché passa un emendamento di Toscani: le norme sul riparto dei fondi del demanio idrico tra Provincia di Belluno e Regione vengono abrogate. Tutti i canoni saranno introitati dalla Provincia. Un risultato immediato. Un tesoretto di oltre 7 milioni, che si aggiungono ad altrettanti già in cassa, sullo stesso cespite, per palazzo Piloni
A questo punto il voto finale, alle 17,07, suggella una giornata fra le più intense del Consiglio regionale veneto: la legge sulla specificità montana e l’autonomia della Provincia è pronta per il Bollettino ufficiale.
Resta un unico, piccolo dubbio: un emendamento voluto dalla Lega e cavalcato dall’assessore Ciambetti estende le funzioni amministrative da conferire alla Provincia anche alla materia «Tutela del paesaggio».
Dicono che vuole essere una "forzatura" nei confronti dello Stato centrale, ma così si corre il rischio di un’impugnativa, di questa norma, alla Corte costituzionale da parte del Governo.
Un’ipotesi tutta da provare e in ogni caso da scongiurare. La nuova legge si occupa esclusivamente di funzioni amministrative regionali e non può interferire con le competenze statali. In altre parole «Tutela del paesaggio» non significa «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» (legislazione esclusiva dello Stato), ma qualcosa di più direttamente collegato con il «governo del territorio», dalla rete Natura 2000 alla «valorizzazione» dei beni ambientali.
Maurizio Busatta

Leggi la "spalla" della settimana scorsa.

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