L’Amico del Popolo.it
Info | YouTube

Cosa circolava oggi in Duomo?

di Luigi Del Favero

È la sera della festa di san Martino e occhi, memoria, cuore sono ancora pieni dei sentimenti vissuti durante la Messa della solennità patronale. L’ha celebrata il vescovo Pietro Brollo e probabilmente era il suo primo ritorno a Belluno, per presiedere una Messa, dopo quindici anni di lontananza. Aveva infatti lasciato questa che era stata la sua diocesi, nei primi giorni del 2001.
Cerco una parola sola per raccogliere quello che circolava oggi nella chiesa gremita e non riesco a ripetere altra parola che non sia quella affiorata fin dal primo momento: oggi è stata una giornata piena di affetto. Era l’affetto dell’anziano vescovo, reso visibile dalla commozione e percepibile nella voce, negli sguardi e nei gesti, e c’era l’affetto di un popolo semplicemente felice di incontrare un’altra volta un pastore amatissimo. L’affetto non era l’unico sentimento; lo accompagnavano la curiosità e l’attesa. Abbiamo scrutato il passo, la voce, l’aspetto del vescovo Pietro, quasi per accertarci sulla sua salute e verificare se la sua figura combaciava con la memoria che ognuno ha conservato in questi anni. La verifica è stata ampiamente positiva: è ancora lui!
Ho classificato l’affetto tra i sentimenti, ma non sono soddisfatto della collocazione perché è qualcosa di più. Questa mattina abbiamo rivissuto una pagina degli Atti degli Apostoli. Sì, proprio una di quelle pagine umanissime che raccontano il ritorno dell’apostolo Paolo nelle sue comunità. Ci sono pure le differenze: Paolo era unico, si sentiva padre e diceva di aver generato lui quei cristiani che incontrava a piccoli gruppi, in ambienti a dimensione familiare, dopo mesi o anni di assenza nella quasi totale mancanza di comunicazioni. Monsignor Brollo ha manifestato la coscienza di appartenere ad una successione apostolica, ha salutato calorosamente l’attuale vescovo di Belluno–Feltre, non ci ha trattato da orfani che rivedono il padre. Tuttavia noi abbiamo sentito che gli anni vissuti con lui e sotto la sua guida sono entrati nella nostra vita, hanno inciso nella nostra terra, hanno segnato la nostra fede. Sono realtà molto grandi ed è stata felice la sorpresa di accorgersi che non sono scolorite.
Così si spiegano gli ingredienti dell’affetto che circolava non solo tra le colonne del Duomo, ma nei cuori, rendendosi visibile negli sguardi.
Gli ingredienti dunque: la nostalgia innanzitutto alla quale ha dato sfogo la voce del decano che l’ha salutato. Forse tutti avrebbero desiderato salutarlo, ripetendo la stessa parola: «Bentornato». Ascoltandola centinaia di volte, il vescovo non si sarebbe annoiato, perché ogni voce avrebbe avuto un’intonazione speciale, ognuna con il timbro della sincerità.
Poi si mescolavano la stima, la gratitudine, la fiducia, qualche pentimento, la vergogna per non essere stati fedeli alla sue consegne di allora, l’amicizia, creando un effetto sicuro: «Noi siamo legati, noi ormai ci apparteniamo perché abbiamo in comune un tratto importante di storia».
Il piccolo miracolo di oggi è consistito nella reciprocità perché questi sentimenti correvano nelle due direzioni: dal Vescovo al suo popolo e dalla gente verso l’antico Vescovo. Non stupisca l’uso della parola ’miracolo’ poiché non si tratta di un prodotto frequente, non si produce a comando, difficilmente supera la prova del tempo che oggi macina velocemente relazioni e ricordi. Il sapore è quello di un dono che il Buon Pastore sa distribuire ai suoi e non occorre dare la pagella per stabilire chi è stato bravo o chi ha maggiore merito. C’è piuttosto da raccogliere e far tesoro della gioia di un regalo, sentire che è bello appartenere a questa chiesa e rileggere con soddisfazione una bella pagina.
Ora che è sera rimane la voglia di sollevare il telefono e comunicare ancora a qualche collega o amico quanto si è vissuto. Poi c’è il silenzio che induce a pensieri di riflessione.
Ne pesco uno tra i convincimenti degli antichi che dicevano: «L’amicizia è possibile solo tra i buoni». L’incontro tra amici è gioioso quando insieme si è fatto il bene. Gli amici non stanno fermi a guardarsi l’un l’altro, cosa che appartiene agli innamorati. Gli amici camminano volentieri insieme, fianco a fianco, oppure uno dietro l’altro e spesso le grandi amicizie sono maturate facendo tanta strada in comune. Ritrovandosi anche dopo anni, si rivede la strada fatta insieme e si constatano i passi che ci hanno avvicinato al bene e il tempo si cancella perché è come se ci fossimo lasciati ieri. Gli antichi aggiungevano che tra i cattivi non ci può essere amicizia; il loro legame semmai è complicità e per loro rincontrarsi è cosa complicata. Manca totalmente la gioia e preferirebbero sfuggirsi, ignorarsi, fingere di non conoscersi. Vorrebbero che il tempo si allungasse e la distanza li rendesse irriconoscibili, estranei.
Oggi abbiamo vissuto un puro incontro di amici che si sono detti solo: «Arrivederci».

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

Copyright © 2000-2019 L'Amico del Popolo S.r.l.
Piazza Piloni 11, 32100 Belluno - tel. +39 0437 940641, fax +39 0437 940661, email redazione@amicodelpopolo.it | P.Iva/C.F. 00664920253