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Ritrovare;

di Luigi Del Favero

È bello ritrovare i funghi nello stesso posto conosciuto da anni, indicatomi dal nonno o da mia madre. È una specie di fedeltà che ripaga la fatica, premia il ritorno e rassicura sulla fissità di alcune cose che non cambiano: la terra è buona e fedele! Ma in questa stagione l’esperienza è preclusa poiché il gran caldo ha compromesso la crescita dei funghi e tutto fa pensare che il recupero sarà difficile. Così sento meno il rammarico per la rinuncia a salire nei miei boschi a causa della mancanza di allenamento e del poco tempo: «Tanto non ne troveresti!».
Era bello ritrovare alcuni fiori rari salendo da malga Ciapèla a malga Ombretta. Sapevo che sotto quegli abeti che erano cresciuti a grappolo, in giugno ci dovevano essere quelle orchidee piuttosto rare e molto protette che hanno ricevuto tanti nomi nati dalla fantasia che vi ha visto delle scarpette e le ha attribuite alla Madonna o a Venere. Sapevo pure che ad agosto, all’imboccatura di quella galleria, ora crollata, sulla roccia avrei trovato i ’raponzoli di roccia’. Più in su, prima di ammirare lo spettacolo dell’ampia valle Ombretta, tra i sassi ci sarebbe stata l’aquilegia blu, anch’essa piuttosto rara: non mancava mai. Non ho raccolto questi fiori né ero interessato a fotografarli; mi bastava ritrovarli, salutarli, ringraziare la natura per la sua fedeltà e complimentarmi con me stesso per aver potuto salire ancora una volta. Sentimento quest’ultimo che ha fatto capolino solo con il passare degli anni.
È bello ritrovare le stelle in cielo, in tutte le età della vita, in qualsiasi stagione e in qualsiasi luogo dove ci si trova.
Ma in queste calde settimane non riusciamo più a vedere le stelle poiché di notte il cielo è abitualmente coperto oppure la nostra terra è avvolta da una nebbia che ne documenta uno stato di salute non buono.
È emozionante ritrovare le stelle che si è imparato a conoscere, individuandole al loro posto secondo il passare dei mesi.
Se qualcuno chiedesse cosa ci si guadagna non meriterebbe risposta! Vuol dire che cammina guardandosi solo la punta dei piedi e contando i soldi nel portafoglio, ma non sa niente della bellezza e ha cancellato emozioni importanti.
Probabilmente è dai tempi in cui l’uomo è diventato "homo erectus", cioè da quando si è staccato dal suolo sul quale camminava a quattro ’zampe’, per starsene su dritto, capace di guardare in avanti e in alto, che le stelle hanno assunto un grande valore. Hanno fornito l’orientamento come fanno ancora per la gente di mare e sono diventate uno dei simboli più potenti. Trovare la propria stella e restarle fedeli per sempre ha significato per tante generazioni trovare la propria vocazione e non staccarsene più. Altri hanno parlato del destino che conosce la buona e la cattiva stella; alcuni preferiscono leggere la traiettoria del desiderio. Non ci si sposta molto dall’individuare nelle stelle la traccia della propria strada.
Così cercare ogni sera, al calare del sole, la propria stella, trovarla e gioirne è diventato un gesto religioso il cui significato è stato espresso in tante composizione diventate gli inni con i quali i monaci cantano al momento dei vespri.
Ma occorre rifare il gesto proprio ogni giorno? Non è una ripetizione che porta alla noia e può nascondere un’ossessione?
Chi ha imparato la fedeltà all’incontro con la propria stella vi racconterà la gioia di un appuntamento che non ha mai esaurito le sue sorprese. Se ne parla, forse, solo ai giovani nelle notti dei campi estivi, ma ne sanno di più gli anziani che hanno sperimentato anche l’angoscia dello smarrimento della stella e l’invasione di serenità per il suo riapparire.
Le religioni trasmettono metodi di ricerca che, pur nella varietà delle forme, insegnano il valore di un ritorno ciclico che fa tanto bene: ogni giorno, ogni notte, ogni settimana, ogni stagione, ogni anno. Il metodo trova applicazione dalle semplici preghiere del mattino e della sera fino alla celebrazione annuale delle grandi feste.
L’uomo che vive nella città moderna non vede più il cielo stellato a fa fatica a ripercorrere il cammino ciclico della religiosità. È un guaio perché a voler fare a meno dell’incontro con le stelle e soprattutto con la propria stella si può finire all’ospedale, nel reparto psichiatrico, con grossi disturbi di identità.
«Ave maris stella»: nel cuore dell’estate, a metà agosto, da tanti secoli viene riproposto l’incontro con Maria Assunta in cielo, diventata da lassù una stella luminosissima che sa mostrare la strada a chi la cerca e la invoca.
Auguro a tutti, dovunque ci troviamo, un angolino del 15 agosto per guardare in su e incrociare con gli occhi del cuore la Stella – Maria, nostra Madre – che non smette neppure un istante di fissare la terra.
Luigi Del Favero

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

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