L’Amico del Popolo.it
Info | YouTube

La buona compagnia di Ottobre

di Luigi Del Favero

Dovevo pensare a un regalo e avevo già deciso che sarebbe stato un libro. Mi pareva che per l’occasione di cui si trattava, un libro sulla maternità sarebbe stato adatto. Così ho preso in mano il testo intitolato: «Le mani della madre» di Massimo Recalcati, che mi aveva già interessato con l’interpretazione di Telemaco, il giovane che aspetta il padre che non ha conosciuto e di cui ha nostalgia e bisogno.
Sfogliando le pagine per capire l’argomento, mi sono capitati sotto gli occhi alcuni «casi», esaminati dal punto di vista della psicologia che è la materia dell’autore. Deluso, stavo per riporre il libro sullo scaffale, giudicandolo ripetitivo di qualcosa che ci ha ormai saziato. Così infatti ci appaiono i «casi» abitualmente scelti tra quelli più strani e patologici.
Mi ha trattenuto la parola «nascondino» colta di sfuggita in una pagina che correva sotto gli occhi ormai distratti. Veniva spiegato il motivo per il quale il gioco del nascondino appassiona anche oggi tutti i bambini del mondo e in particolare perché questo gioco è applicato alla madre: il bambino si nasconde e vuol farsi cercare e trovare dalla mamma la quale, a sua volta, ci sta e partecipa davvero al gioco che termina con un abbraccio.
La madre è colei che con la sua attesa, rinnovata nel gioco della ricerca, fa sentire al figlio che la sua nascita ha rinnovato l’esistenza del mondo. In certo senso il mondo rinasce all’arrivo di ogni nuovo bambino che ci riporta al mattino della vita, all’inizio della storia, all’alba di giornate ancora nuove. Con la gioia del ritrovamento, la madre fa sentire al figlio come lui sia insostituibile e nel bambino si depone il seme della consapevolezza di essere unico, irripetibile. D’altra parte per il piccolo il volto della madre ha coinciso per un tempo non breve con il volto del mondo; egli vi ha visto la realtà. Più tardi vedrà il mondo con lo stesso sguardo con il quale ha colto il volto della madre. Nello stesso tempo la madre trova in quel guardare la propria creatura, il suo compito: quell’essere, al quale ha dato la vita, non potrebbe esistere se lei non se ne prendesse cura assiduamente.
Quanta fatica e quante ripetizioni di parole per dire una cosa semplicissima che si rinnova in ogni esistenza, in modo più o meno riuscito, ma sempre fondamentale.
Nel mese di ottobre la Chiesa si fermerà per riflette, discutere e prendere decisioni sulla famiglia.
Sarebbe necessario un buon punto di osservazione, che sia condiviso da tutti.
Non potrebbe essere proprio il figlio? Non tutti siamo coniugi, non tutti siamo diventati genitori, non tutti abbiamo fratelli o sorelle, ma tutti, assolutamente tutti, siamo figli. E gli occhi femminili, quelli della madre, dovrebbero essere prestati ai vescovi e ai teologi del Sinodo per scrutare bene quale sia la vocazione e la missione della famiglia nel mondo contemporaneo.
In America, proprio in questi giorni, papa Francesco ha chiesto con grande energia di passare da un cristianesimo che «si fa» poco nella realtà e «si spiega» infinitamente nella formazione, a un cristianesimo testimoniato come «buona notizia». Per noi europei è uno schiaffo. Dedichiamo tanto tempo a discutere, a elaborare una teoria del matrimonio e della famiglia, che superi le altre teorie che circolano nei Parlamenti, nelle università, in televisione e sui giornali. Costruendo teorie, litighiamo non poco tra di noi.
La vita è più semplice e più grande.
Ed è fatta soprattutto da una moltitudine di madri – per questo si può dire dalla «madre» – che non lasciano che la vita cada nel vuoto, che la trattengono nelle proprie mani, impedendole di precipitare. Tende, fin dalla nascita, le sua mani nude – non adopera guanti la mamma! – alla vita che viene nel mondo e che arrivando invoca presto qualcuno che gli dica il senso del suo giungere nell’esistenza. Ho trovato così la spiegazione del titolo del libro che avevo scelto. Ma è stato più importante intravedere dietro a questa figura Dio stesso, la cui caratteristica prima e il cui nome è ’misericordia’. Qualità essenzialmente femminile.
La madre è la prima immagine di Dio che si occupa di una vita umana, che riconosce come quella di una sua creatura.
Spunta immediatamente l’altro compito collegato a quello di accogliere il figlio: la donna deve insegnare all’uomo la cura, mostrandogli cosa è proprio del padre e cosa si attende da lui.
È la prima e irrinunciabile maestra della vita che deve far scuola agli uomini, compresi i Vescovi riuniti in Sinodo. Purché non rinunci lei stessa al proprio compito e alla missione che le è stata affidata. Da chi? Noi siamo soliti dire dalla «natura» e ora abbiamo il debito di mostrare il volto buono e saggio di questa «natura». C’è lavoro anche per i teologi, i filosofi, gli psicologi, un lavoro nascosto e un po’ faticoso.
In tutto il mese di ottobre pregherò per il Sinodo con l’antica preghiera «Salve Regina, madre di misericordia».
Da più di mille anni tanti cristiani hanno saputo le cose che ho faticosamente espresso guardando Maria, la madre di tutti, sentendo così l’abbraccio della misericordia che fa vivere.
Sarà una buona compagnia per questo ottobre 2015.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

Copyright © 2000-2019 L'Amico del Popolo S.r.l.
Piazza Piloni 11, 32100 Belluno - tel. +39 0437 940641, fax +39 0437 940661, email redazione@amicodelpopolo.it | P.Iva/C.F. 00664920253