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Quella misericordia che ci deve unire

L’orrore di Parigi ha colpito il cuore e la mente di tutti e richiede, oltre alla pietà e alla preghiera dei credenti, una riflessione profonda e azioni meditate e coraggiose, anzi profetiche, per riuscire a spezzare la catena dell’odio e della vendetta.
La prima riflessione, leggendo e ascoltando molti dei commenti di questi giorni, ci deve suggerire una preliminare moderazione del pensiero. Prima ancora dei giudizi – o di certi titoli di giornale – sparati contro tutto il mondo islamico, molti opinionisti europei hanno spiegato infatti che la colpa di tanta violenza starebbe nell’irrazionalità del pensiero religioso, che sarebbe la vera causa di ogni fanatismo, mentre l’Europa con l’Illuminismo avrebbe finalmente aperto la strada di una laicità naturalmente razionale e quindi libera dai rischi della violenza.
Senza nulla togliere all’orrore sanguinario dell’Isis, l’Occidente farebbe bene a ricordare sempre, prima di giudicare, che la sua supposta superiorità razionale e illuminista, nata con le decapitazioni di massa della rivoluzione francese, ha regalato al mondo negli ultimi cento anni i laicissimi e razionali genocidi imposti ad ogni latitudine da comunismo e nazismo, due prodotti del pensiero europeo, entrambi fieramente antireligiosi.
La causa del male, quindi va ricercata altrove, nel profondo del cuore dell’uomo, di ogni uomo, religioso o laico, cristiano o di ogni altra fede. Islam compreso.
La seconda riflessione, che è già un’azione straordinariamente profetica e coraggiosa, ci arriva da papa Francesco.
La scelta di indire un anno santo straordinario, in questo tempo di tensioni e di violenze, era già una mano tesa al cuore di ciascuno. Si doveva aprire l’8 dicembre, a Roma, con i tradizionali rituali alla Porta Santa, ma ancora una volta papa Bergoglio ha stupito tutti, decidendo di anticipare l’inizio del giubileo al 29 novembre e di spostare l’evento nel cuore dell’Africa dilaniata dalla violenza, nella cattedrale di Bangui, per dare un segno del tutto particolare di attenzione agli ultimi del mondo, scelti evangelicamente per essere i primi destinatari della salvezza offerta con l’anno santo.
Ma qui c’è un altro gesto altrettanto straordinario, anche se meno vistoso. Il Papa porta il nome di quel Francesco che nel 1219, mentre l’Europa era impegnata con le crociate, scelse di presentarsi inerme a Damietta, davanti al sultano dell’Egitto Malek al Kamel, per parlare al suo cuore.
Quasi 800 anni dopo, papa Francesco si prepara ad aprire in Africa quello che ha voluto chiamare il «Giubileo della Misericordia». Un termine che parla al cuore di tutti i cristiani, naturalmente, ma che ha il potere di risuonare nel profondo anche del mondo islamico. Secondo il Corano, infatti, Dio ha 99 nomi per definirlo, ma l’unico nome che Allah stesso si è dato è «ar Rahmàn», cioè il misericordioso, ed ogni volta che si parla del Dio islamico, il primo attributo è sempre «Allah il Misericordioso».
Il giubileo ci chiami tutti a chiedere, e a dimostrarci reciprocamente, la misericordia dell’unico Dio.

Leggi il "fondo" della settimana scorsa.

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