L’Amico del Popolo.it
Info | YouTube

Le stelle obbediscono

di Luigi Del Favero

L’ampiezza della Val Fiorentina ne fa una valle privilegiata per il dono del sole che la raggiunge per tante ore al giorno. Anche in questa stagione autunnale dal mattino, quando nel fondo valle regna la brina, fino al tardo pomeriggio, quassù domina il sole che regala colori bellissimi da vedere e piacevoli da ammirare, mentre si è accolti nel tepore dell’ultimo sole. Si tratta di un’autentica fortuna. La stessa ampiezza che riceve tanto sole di giorno offre un cielo ampio di notte. Non si finirebbe mai di scrutare le stelle nelle limpide ore notturne di questo straordinario autunno. La sorpresa più gradita è riservata a coloro che si alzano presto al mattino. Mentre la luce disegna già i contorni del Pelmo che domina tutto l’ambiente come un grande sovrano, nel cielo si possono vedere tre pianeti del nostro sistema solare che si trovano vicinissimi: Giove, Venere e Marte. Li si trova guardando verso Oriente, dopo aver salutato la costellazione invernale di Orione che occupa l’altro campo, anche se in questo periodo non è possibile assistere al suo tramonto, prevenuto dalla luce del giorno. Giove è molto grande, Venere lo precede onorando il proprio appellativo di ’stella del mattino’, Marte se ne sta poco distante da Giove, meno appariscente nella sua luce che tutti definiscono rossa.
Una decina di giorni or sono i tre erano vicinissimi, quasi addossati, e si capisce che gli antichi potessero immaginare un convegno di divinità, come per parlare e dirigere da lassù le avventure umane. Poi, giorno dopo giorno, Venere si è staccata, superando gli altri due con un distacco che è ben visibile anche agli occhi di colui che non è esperto.
Ma proprio costui, nel quale mi identifico, si lascia afferrare dalla meraviglia e salta facilmente nelle parole della Bibbia dove si esclama: «Le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono: Egli le chiama e rispondono: "Eccoci!" e brillano di gioia per Colui che le ha create» (Bar 3,34–35).
Davvero le stelle obbediscono e lo fanno con una precisione che desta il nostro stupore. E noi uomini che pure riusciamo ad ammirare la fedeltà della stelle, perché non possediamo la loro obbedienza? C’è una distanza che ci separa da loro e che non è misurabile negli anni–luce con cui calcoliamo la distanza fisica della nostra terra dalle stelle. Sta tutta in una parola: noi abbiamo la libertà che nessun altra creatura possiede, anche se è molto più grande di noi, mortali dalla vita esile e breve. Giove, Venere, Marte tutte le costellazioni sanno qual’è la loro strada, in ogni stagione; noi invece dobbiamo trovarla e poi decidere se vogliamo o no percorrerla, con tanti rischi di errore.
Forse che la nostra libertà può diventare una condanna? Qualcuno lo pensa, dimenticando l’alleata che non abbandona mai la preziosa e fragile libertà. Si tratta della ragione che ha la forza sufficiente per rischiarare i nostri passi, almeno il più vicino, quello che sto per fare.
Il mestiere della ragione è fare domande e cercare il senso delle parole e quindi delle cose di cui ci occupiamo. Un esempio potrebbe darcelo la discussione attuale sull’adozione che si vorrebbe estendere anche alle coppie omosessuali.
Siamo finalmente certi che anche la persona omosessuale può occuparsi convenientemente di un bambino ed è capace di amarlo. Siamo anche contenti che l’affido ‐ previsto e regolato dalla Legge ‐ possa garantire tale relazione. Ma l’adozione cos’è?
Essa serve a dare una famiglia a un bambino che non ce l’ha o che l’ha perduta e si trova in uno stato di abbandono.
Non è fatta per il contrario, cioè per dare un figlio a chi non lo ha e vuole averlo, ma non può generarlo.
La Legge cerca per i minori abbandonati una "famiglia" e fa obbligo di verificarne severamente l’idoneità ad adottare. Cerca genitori affettivamente ed effettivamente capaci di «educare, istruire e mantenere» i figli, cioè di fare da padre e da madre, esattamente con gli stessi compiti e persino con la stessa formula che è come consacrata dalla nostra Costituzione.
In altre parole: se una coppia si presenta e dice: «Abbiamo bisogno di un figlio, lo desideriamo, lo vogliamo o addirittura ne abbiamo diritto», attualmente viene sicuramente bocciata dai Tribunali per i minori. Viene invece ammessa al (lungo) iter per l’adozione la coppia chi dice: «C’è un bambino che ha bisogno di noi?».
La differenza non è da poco. Si tratta del punto di partenza che può essere il bambino, con il suo bisogno di famiglia, o l’adulto, con il suo presunto diritto al figlio.
L’adozione è vecchia e la conoscevano anche gli antichi Romani che hanno coniato una formula importante: «Adoptio imitatur naturam». L’adozione rende la filiazione identica a quella che produce la natura. Con la caratteristica di porre i due genitori sullo stesso piano o perché hanno generato biologicamente il figlio o perché lo hanno entrambi adottato. Le cose diventano più difficili quando uno è genitore biologico e l’altro no. Uno può dire «è mio» in un modo che l’altro non potrà mai usare. Una brava psicologa ha scritto: «Le acque profonde dell’inconscio e dei bisogni affettivi fondamentali, sono molto più lente a mutare degli attuali vertiginosi cambiamenti di scenario consentiti dalla procreazione medicalmente assistita». La ragione ci chiede di darle retta.
È la stessa che riesce a scoprire le leggi che guidano il cammino delle stelle.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

Copyright © 2000-2019 L'Amico del Popolo S.r.l.
Piazza Piloni 11, 32100 Belluno - tel. +39 0437 940641, fax +39 0437 940661, email redazione@amicodelpopolo.it | P.Iva/C.F. 00664920253