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Turismo bellunese, 9 obiettivi strategici

È una fotografia – del turismo bellunese – abbastanza amara quella scattata dalla Dmo Dolomiti, l’organismo pubblico–privato a cui la legge regionale affida il coordinamento dell’offerta turistica della provincia di Belluno. L’acronimo Dmo significa «Destination Management Organization», e il suo piano di sviluppo («Destination Plan») è stato approvato dalla Regione come piattaforma di riferimento – per tutto il settore – da qui al 2020.
Si tratta di linee programmatiche che puntano a migliorare decisamente la competitività del sistema, facendo leva su tutte le risorse economiche disponibili o comunque attivabili.
Ci sono infatti da superare parecchie debolezze. La Dmo, che è guidata dalla presidente della Provincia Daniela Larese Filon, nel suo documento le analizza una per una. Assieme ad altri fattori in chiaroscuro, spiccano la scarsa qualificazione delle strutture, un’offerta di tipo solo tradizionale che non può soddisfare il mercato in continua evoluzione, la scarsa formazione degli operatori e la loro bassa propensione all’innovazione (anche tecnologica), l’aumento di attrattività delle aree contermini (Alto Adige in testa).
Per cambiare passo e dispiegare a pieno la vocazione turistica del territorio provinciale, la Dmo ha individuato nove obiettivi strategici. In primo piano – oltre alla creazione di prodotti e servizi volti alla valorizzazione integrata delle risorse ambientali, culturali, storiche, architettoniche e della tradizione – la riqualificazione delle strutture ricettive e l’innalzamento delle competenze imprenditoriali, manageriali e operative del sistema Dolomiti bellunesi.
Ulteriori tre obiettivi, fra quelli messi in pista dalla Dmo, riguardano il rafforzamento della rete dell’offerta turistica: quindi maggiori capacità di promo–commercializzazione da parte delle imprese e dei loro consorzi, nonché sviluppo del marketing in tutti i nuovi canali di comunicazione, incremento di eventi sportivi e culturali a forte valenza simbolica e potenzialità di richiamo.
Completano il pacchetto tre obiettivi di contesto: la creazione di un "marchio ombrello" unico per la provincia esteso a tutti i settori (l’Alto Adige si avvale, per esempio, di un marchio di destinazione, di uno di qualità e di uno di localizzazione unificati dalle parole Alto Adige–Sudtirol), la riorganizzazione della rete informativa e di accoglienza (gli uffici Iat), la realizzazione di un osservatorio turistico che consenta il monitoraggio dei flussi e soprattutto il grado di soddisfazione dei clienti.
Come si vede, tutti e nove gli obiettivi in campo sono molto ambiziosi e a medio termine. Per poterli misurare in termini di incisività ed efficacia, vanno il più possibile condivisi e coordinati con azioni selettive e appropriate. Ovviamente, servono anche cospicui mezzi finanziari. Il salto di qualità, osserva la Dmo, si chiama «direzione di marcia», cioè consapevolezza di voler proporre «un’esperienza turistica completa e accattivante per le più varie tipologie di visitatore» e finalizzare in tal senso ogni sforzo, economico, umano e creativo.

Leggi la "spalla" della settimana scorsa.

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