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Lunedì 20 novembre 2017

L’Italia e il mondo, in un minuto (Sir)






Ostia, vince il M5S. Zimbawbe, Mugabe a rischio impeachment. Nuovo oltraggio ad Anna Frank.

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Elezioni, a Ostia vincono i Cinquestelle. Affluenza al 33%
È Giuliana Di Pillo, del Movimento 5 Stelle, la vincitrice del ballottaggio per la presidenza del Municipio di Ostia, il X di Roma Capitale, commissariato dal settembre 2015 per infiltrazioni mafiose. Con il 59,6% dei consensi ha sconfitto Monica Picca, candidata per il centrodestra, che si è fermata poco oltre il 40%. A colpire, però, è il dato relativo all’affluenza, in calo rispetto a quindici giorni fa: al ballottaggio, infatti, si è recato alle urne un cittadino di Ostia su tre (33,6%),4mila in meno rispetto al primo turno quando aveva votato il 36,1% degli aventi diritto. «I cittadini tornano protagonisti. Brava Giuliana Di Pillo. I romani sono con noi e per il cambiamento», il commento su Twitter della sindaca di Roma, Virginia Raggi. La candidata sconfitta, invece, passa all’attacco sostenendo che ai Cinquestelle sono andati i voti degli Spada e di Casa Pound.

Antisemitismo, svastica su targa della scuola «Anna Frank» a Pesaro
Ancora manifestazioni antisemite in Italia, con un nuovo oltraggio in poche settimane alla memoria di Anna Frank. Dopo gli adesivi allo Stadio Olimpico di Roma, questa volta è Pesaro al centro dell’ultimo e grave episodio che offende la memoria della bambina ebrea vittima dell’Olocausto morta a Bergen-Belsen. Una svastica è infatti stata disegnata con uno spray nero sulla targa della scuola elementare e media dedicata ad Anna Frank. E poco più in basso la frase: «Vietato introdurre ebrei». Le indagini per risalire ai responsabili sono affidate ai carabinieri. Il sindaco di Pesaro, Matteo Ricci, ha già fatto cancellare le scritte oltraggiose e ha organizzato per domani una manifestazione per tutte le scuole della città esprimendo la necessità di «coltivare la memoria, affinché i valori di libertà e uguaglianza siano per sempre».

Argentina, mistero attorno al sottomarino affondato nell’Atlantico
Continua a essere avvolta nel mistero la vicenda del sottomarino argentino San Juan scomparso da giovedì scorso nell’Oceano Atlantico con a bordo 44 persone. Nelle prime ore di domenica era circolata la notizia che erano stati sette i tentativi di chiamate satellitari provenienti dal sommergibile e registrate dalle 10.52 alle 15.42 in diverse basi della Marina. In nessun caso, però, si era riusciti a stabilire una connessione. Ma nella serata di ieri è stata la stessa Marina di Buenos Aires a precisare che non è certo che i sette tentativi di chiamata siano stati lanciati dal sottomarino disperso. Rispetto ai segnali ricevuti «brevi e di bassa intensità», il portavoce della Marina, Enrique Balbi, ha fatto sapere che «stiamo cercando di confermare la veridicità delle chiamate», ribadendo comunque che per le persone a bordo «non ci sono problemi di cibo o di ossigeno». Circa le ipotesi che si fanno su quanto sia successo, Balbi ha sottolineato che «nessuna ipotesi» è per ora esclusa. Durante la preghiera dell’Angelus di ieri, Papa Francesco ha espresso attenzione e vicinanza per quanto accaduto: «Prego anche per le persone dell’equipaggio del sottomarino militare argentino di cui si sono perse le tracce».

Zimbabwe, Mugabe non si dimette, ora rischia l’impeachment
Colpo di scena in Zimbabwe, Paese nel caos istituzionale, politico e militare. Ieri il presidente destituito Robert Mugabe, al termine di una giornata nella quale sembrava dovesse rassegnare le dimissioni, per molti ormai scontate, ha rilanciato. Non solo non si è dimesso ma ha annunciato che a dicembre presiederà il congresso del suo partito Zanu-Pf (Patriotic front). Ieri, proprio dalla forza politica che lo ha espulso, è arrivato l’ultimatum: «Deve dimettersi entro domani a mezzogiorno, altrimenti si darà via all’impeachment». Designato alla successione il vicepresidente Emmerson Mnangagwa. Mugabe,93enne al governo da 37 anni, è apparso in tv circondato dai generali dell’esercito che hanno preso il controllo del Paese.

Europa, oggi si decide la sede dell’Agenzia del farmaco. In corsa anche Milano
C’è anche Milano tra le 19 città candidate a diventare la nuova sede dell’Agenzia europea del farmaco (Ema) che, come per l’Autorità bancaria (Eba), è costretta a traslocare da Londra dopo la Brexit. La scelta avverrà nel pomeriggio, a Bruxelles. Per ospitare l’Ema sembra essere tornata favorita Bratislava ma Milano, che vuole comunque giocare fino in fondo le sue carte, deve vedersela anche dalla concorrenza di Amsterdam, Copenaghen e Stoccolma. Dopo aver dato una sede all’Ema, si procederà con l’individuazione della nuova collocazione dell’Eba: in questo caso sono 8 le città europee che ambiscono a succedere a Londra (oltre a Francoforte, ci sono Parigi, Dublino e Lussemburgo).

Germania, salta l’accordo a tre per la formazione del governo
È saltata in Germania la trattativa per dar vita a una colazione di governo tra Cdu/Csu, Verdi e Liberali. «Non posso deludere gli elettori. Meglio non governare che governare male», ha annunciato il leader liberale Christian Lindner spiegando perché si è sfilato dalle trattative. Ora sembrano due gli scenari possibili: o un governo di minoranza guidato dalla cancelliera Angela Merkel oppure il ritorno al voto, con il rischio di un’ulteriore exploit dell’estrema desta. Proprio la Merkel, secondo cui «una soluzione si sarebbe potuta trovare», si è assunta la responsabilità del fallimento dei negoziati. E, sulla situazione, ha dichiarato che «informerò il presidente» della Repubblica tedesca.

Giovani, secondo l’Eurostat cala il numero di «mammoni» italiani
Calano, seppur solo leggermente, i «mammoni» italiani. A certificarlo è l’Eurostat, secondo cui nel 2016 i giovani italiani tra i 18 e i 34 anni che vivono con i genitori sono scesi al 66%, in calo rispetto al 67,3% del 2015. E se la media europea si attesta al 48,1% (Ue28), sono i croati gli unici a far peggio degli italiani. Se si guarda, invece, alla fascia 25-34 anni, in Italia la percentuale è al 49,1%: anche n questo caso si registra una diminuzione rispetto al 2015 ma la media europea (28,6%) è decisamente distante. Nel resto dell’Europa, infatti, si lascia la casa in cui si è cresciuti con la famiglia molto presto: in Danimarca vive con i genitori solo il 3,8% della fascia considerata, in Finlandia il 4,3%, in Svezia il 6%. E, in Francia, dove la percentuale è aumentata nel giro di un anno i giovani che rimangono a vivere nella famiglia di origine sono meno di uno su otto (il 13,4% a fronte del 10,1% registrato nel 2015).


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