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mercoledì 24 Aprile 2024,

Lavoro, crescono i contratti precari

L'analisi di Mauro De Carli, segretario della Cgil, sulla situazione in provincia di Belluno, negli ultimi due anni e anche dal 2008 a oggi.

«Il “Decreto Dignità” non ha stabilizzato l’occupazione, il suo effetto è stato invece quello di velocizzare il “turnover” all’interno delle aziende sui contratti a termine, riducendo da 36 a 12 mesi (senza causali) la loro durata e facendo spostare la modalità contrattuale di assunzione del lavoratore dall’azienda all’affitto presso l’agenzia (“staff-leasing”)».

Le riflessioni di Mauro De Carli, segretario provinciale della Cgil, si riferiscono ai dati del mercato del lavoro relativi al 2018. Ma non solo: l’analisi riguarda anche il confronto tra 2017 e scorso anno e una panoramica della situazione occupazionale dell’ultimo decennio.

Proprio in riferimento al periodo 2008-2018 il dato di Belluno, pur in linea nelle dinamiche interpretative con quello del Veneto, presenta alcune differenze. «Non abbiamo recuperato l’intera occupazione, mancano ancora 70 posizioni per raggiungere il livello del 2008 e subiamo un abbassamento di ben 1.245 occupati a tempo indeterminato», spiega De Carli. «C’è da dire che la base occupazionale è conseguenza anche del processo di forte spopolamento e invecchiamento degli abitanti, il che dovrebbe interrogare tutta la comunità bellunese, le forze politiche sociali sulla ricerca di soluzioni, poiché un territorio con ridotte potenzialità occupazionali è anche un territorio in cui deprimono gli investimenti e involve la prospettiva di un vero rilancio. A titolo di esempio, basterebbe citare i dati dei due maggiori comuni della provincia, in cui si evince che tra 10 anni mancheranno, in conseguenza dell’effetto demografico, 1.778 lavoratori attivi a Belluno e 1.219 a Feltre».

Dal 2008 a oggi il settore industria ha perso ben 2.735 occupati, recuperati dai settori dei servizi (commercio, turismo servizi sanitari, altri), con +2.465, e dall’agricoltura, con +200 addetti. «Se scomponiamo poi ulteriormente il dato, vedremo che nell’industria ad oggi lavorano ben 2.995 lavoratori in meno con contratto a tempo indeterminato (sempre base 2008), con +1445 somministrati, e 1.010 contratti a termine in meno», continua il segretario della Cgil. «Quindi si è avuta una sostituzione del mercato del lavoro interno all’industria, in cui si è ridotta sia la base occupazionale complessiva, soprattutto quella stabile e fissa e sostituendola con il lavoro in somministrazione, in cui lavoratori sono esterni all’impresa poiché assunti da un soggetto terzo, legato con le aziende produttive da un solo rapporto “commerciale” di  “prestatore di manodopera”».

Altra cosa nel settore dei “servizi”, dove aumentano sia la base occupazionale (+2.465) che le assunzioni fisse (+1.745), con numeri elevati per i servizi alla persona, ben 1.590 tempi indeterminati, divisi tra le posizioni intellettuali (+930) e  quelle di operatori qualificati (+270). Solo 80 le postazioni fisse aggiunte nel settore commercio e tempo libero. «I 930 posti in più nelle professioni intellettuali sono la sommatoria di vari sottosettori», precisa De Carli, «i più significativi dei quali sono formatori e insegnanti (+975 postazioni), nella maggioranza affidate a personale femminile, mentre sono 385 i contratti indeterminati nel socio-sanitario. In calo gli occupati nella pubblica amministrazione».

Se si considera il periodo relativo agli ultimi due anni, il saldo del 2018 sul 2017, con +875, parla di un anno positivo per Belluno. I rapporti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti di 355 unità. «Per una volta maggiore l’impatto dell’industria, +645 il saldo, che quello dei servizi (+195).

«Andando poi ad analizzare le professioni che sviluppano nuove opportunità di lavoro è interessante capire quale nesso esiste tra livello di professionalità e tipologia di assunzione», tiene a far presente De Carli. «Sulle 35.500 assunzioni fatte nel 2018, 8.830 appartengono a professioni non qualificate (quasi tutte con modalità precarie); 10.835 riguardano le professioni qualificate dei servizi (centrale il ruolo di commercio e soprattutto il turismo, per l’89,2% in posizione precaria); 2.830 della categoria impiegatizia (79,2% precari); 5.430 operai specializzati (76,8% precari); 2.705 semispecializzati (84,6%)».

La ricerca di figure specializzate (il 15,3% del mercato del lavoro), soprattutto nell’industria, porta a una maggior stabilizzazione del rapporto di lavoro, mentre allo stesso tempo la sommatoria  delle professioni non qualificate e semispecializzate  ha valore per circa il 32,5% dell’intero numero di assunzioni.

«Il lungo processo di crisi e trasformazione avvenuto dal 2008 ad oggi», prosegue il segretario della Cgil, «ha visto lo svuotamento di lavoratori fissi dentro le fabbriche, li ha sostituiti con operai “solo” precari (a causa delle riforme del mercato del lavoro di questi anni, compreso il “Decreto Dignità”), nemmeno assunti poi dalla ditta ma parcheggiati in “staff leasing”. Sono questi lavoratori su cui incombe la prospettiva di una recessione nel 2019, poiché è chiaro che a fronte di stagnazione delle produzioni saranno i primi a subirne le conseguenze. Quel che “rode” inoltre è che non si chieda a questa tipologia di lavoratori di crescere professionalmente, magari attivando attività formative attingendo risorse dai Fondi interprofessionali per avviare corsi di formazione, ma ci si lamenti della carenza di lavoratori specializzati (richiedendoli da altri territori o da altre aziende). L’utilizzo delle agenzie di somministrazione costituisce una forma di disimpegno nel programmare e costruire al proprio interno le figure professionali indispensabili per il futuro».

«Anche ai lavoratori di medio-bassa professionalità invece si chiede di avere “competenze”», conclude, «credendo spesso che queste siano attivabili nella sola zona del mercato del lavoro dei giovani. Il livello delle competenze che invece tutti i lavoratori hanno, comprese quelle generate da una lunga carriera nelle varie postazioni di lavoro in tanti anni di servizio, dovrebbe essere considerato alla pari per  un mercato del lavoro più equilibrato, che non precluda a nessuno la possibilità di un veloce reimpiego. Sono ovviamente temi che troveranno dibattito nel prossimo “Tavolo delle Politiche attive” della Provincia di Belluno, auspicando un maggior coinvolgimento di tutto il tessuto imprenditoriale e di rappresentanza sociale del territorio».

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