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venerdì 26 Aprile 2024,

Nel 2018 più occupati, ma la crescita frena. E per il 2019 peggiorano le attese

Presentato oggi il rapporto elaborato dall'Osservatorio economico e sociale, organismo che raggruppa tutte le principali istituzioni e categorie economico-sociali delle province di Belluno e Treviso.

Bene ma non benissimo. Continua il recupero di posizioni lavorative, che sono andate perse con la grande crisi iniziata nel 2008-2009, ma il trend mostra un rallentamento. E nel 2018, rispetto all’anno precedente, la provincia di Belluno ha registrato una diminuzione di circa 200 imprese. Lo dicono i dati contenuti nel rapporto elaborato dall’Osservatorio economico e sociale, organismo che raggruppa tutte le principali istituzioni e categorie economico-sociali delle province di Belluno e Treviso. L’analisi si riferisce al 2018 ed è stata presentata oggi, venerdì 29 marzo, in Camera di commercio.

«Si chiude un anno ancora positivo, ma se ne apre uno all’insegna dell’incertezza, e con comportamenti molto polarizzati fra chi tiene e chi già avverte i segnali di rallentamento», hanno evidenziato Domenico Dal Bo’, presidente dell’Osservatorio, e Federico Callegari, alla guida del Comitato tecnico-scientifico. «A pesare non è soltanto l’andamento delle dinamiche internazionali, ma anche il quadro d’incertezza che avvolge l’Italia». Per rendersene conto basta guardare i dati del Pil. O, ancor meglio, le differenze tra le stime 2018 e le previsioni 2019, in netta decrescita.

Il mercato del lavoro. Il bilancio relativo al mercato del lavoro in provincia è risultato positivo nel 2018, con un saldo complessivo superiore alle 800 unità, di cui oltre il 40% è imputabile a contratti a tempo indeterminato. Le linee di tendenza di lungo periodo, improntate a un recupero dei livelli occupazionali pre crisi, si sono confermate, anche se il processo avviene con una velocità minore rispetto al resto del Veneto. «Il saldo occupazionale, seppur positivo, è comunque minore di quello registrato nel 2017, quando ammontava a 1.200 unità», fa presente Maurizio Rasera, di Veneto Lavoro. «Il picco della crisi si è verificato nel giugno 2008 e ad aprile 2014 in provincia si erano raggiunti i -7mila posti di lavoro. A fine dicembre, però, il saldo è stato di 400 unità rispetto al periodo nero di dieci anni prima. Quindi si può dire che “galleggiamo”. Ed è ancora lontano il recupero pieno del tempo indeterminato, nel cui bilancio mancano ancora 2.500 posti».

Se dopo il 2015 tutto l’incremento occupazionale era stato giocato sui contratti a termine, dall’inizio dello scorso anno si è assistito a una crescita trainata dai rapporti stabili: se il saldo complessivo è stato di +877 posizioni, ben 429 (comprese le 74 provenienti dal somministrato) sono da ascriversi al tempo indeterminato, grazie soprattutto al raddoppio delle trasformazioni. «Le ragioni della crescita stanno anche nelle restrizioni ai contratti a termine introdotte dalle legge 96 del 9 agosto 2018 (conversione del cosiddetto “decreto dignità”), operative da novembre 2018, che potrebbero aver incentivato l’anticipazione delle trasformazioni», dice ancora Callegari. «Lo si vedrà con gli andamenti dei prossimi mesi. Positivo il fatto che nel 2018 ci sia stata una ripresa dei full time (ossia del tempo pieno)». Lo scorso anno si sono registrate 35.502 assunzioni, di cui 3.647 a tempo indeterminato, 1.208 con apprendistato, 23.341 a tempo determinato, 7.306 con somministrato. I vloumi sono in aumento, rispetto agli anni precedenti, in tutte le tipologie contrattuali, ad eccezione del somministrati.

L’andamento dei settori. Guardando i macro settori, nel complesso hanno recuperato posizioni lavorative in maniera costante dal 2015, ma il saldo positivo rispetto al 2008 a livello provinciale è ancora tutto merito del terziario. L’industria rimane sotto gli standard e l’andamento dell’agricoltura è stazionario. Il settore delle costruzioni non sembra ancora riuscire a invertire la tendenza al declino: dal 2008 a oggi si sono perse oltre 2.700 posizioni. In stasi l’industria del legno-mobilio, positivo il trend del metalmeccanico e molto positivo quello dell’occhialeria, che ha raggiunto oltre 700 posizioni di lavoro in più rispetto al 2008.

Mercato ed export, tra risultati e attese. «La bilancia tra le attese di crescita e le attese di contrazione è a favore delle seconde», affermano Callegari e Rasera. «Le previsioni degli imprenditori per il primo trimestre 2019 sui principali indicatori sono negative, soprattutto per quel che riguarda la domanda interna. Se nel 2018 le imprese manifatturiere che avevano deciso di fare investimenti rappresentavano il 66,5%, le previsioni per il 2019 parlano di un deciso calo (58,8%)». Per quanto riguarda l’export, nel 2018 l’occhialeria ha rappresetnato quasi il 70% del valore totale. Le vendite del settore risultano in calo del -1,8% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Tuttavia, al netto del comparto occhiale, l’export provinciale cresce del +4,9%. Tra le altre voci merceologiche che rappresentano il 18,5% dell’export provinciale, si segnala il recupero a due cifre per i prodotti in gomma e plastica (+29,8%) dopo la forte diminuzione dello scorso anno (-18%) e la crescita di: metallurgia (+10,4%), in accelerazione rispetto al tasso di crescita del 2017 (+7%), elettronica, apparecchiature di precisione (+7,8%) e prodotti alimentari (+11%).

Turismo e imprese. Nel 2018, rispetto al 2017, nel Bellunese come nel resto del Veneto sono aumentati gli arrivi di turisti. Le presenze hanno invece registrato un leggero calo. «Sul turismo, l’Osservatorio ha in programma di avviare già nelle prossime settimane un approfondimento, per analizzare il settore e le sue trasformazioni», anticipa Dal Bo’ con Giacomo Vendrame, vice presidente. Sul fronte demografia d’impresa, si conferma la tendenza già evidenziata diversi mesi fa: dal 2014 al 2018 si sono perse 526 sedi d’impresa (-3,6%) e sono invece aumentate le unità locali dipendenti (vale a dire le filiali), con un +204 unità, corrispondente a un aumento del 5,1%. «Dietro a questa tendenza ci sono diversi fattori», precisa Callegari. «In primis le attività che si insediano nel territorio dall’esterno, ma anche il processo di crescita in orizzontale delle nostre imprese». Detto questo, nel 2018 si sono perse circa 200 imprese rispetto al 2017, in particolare nel commercio, per la chiusura di negozi al dettaglio e di vicinato.

«Come Cisl abbiamo una preoccupazione, condivisa con la Cgil», ha detto Rudy Roffarè, segretario generale aggiunto della Cisl Belluno-Treviso. «Stiamo parlando degli accoparmenti e delle acquisizioni da parte di multinazionali. Le aziende locali che vengono acquistite sono quelle del “4.0” e speriamo che le multinazionali non si muovano verso fusioni soltanto per entrare il possesso del know how. In un paio di aziende locali ci sono segnali, in questo senso, non troppo positivi». Sull’andamento occupazionale, Roffarè ha fatto notare la contraddizione che si crea tra le imprese che non riescono ad andare avanti e chiudono e quelle che stanno crescendo ma fanno fatica a trovare il personale. «Un esempio è quello delle Ferrovie dello Stato», commenta.

Scenari futuri. Non ha nascosto le sue preocccuapzioni Mario Pozza, presidente della Camera di commercio di Belluno-Treviso. «In un contesto di incertezza gli imprenditori faticano a portare avanti investimenti», mette in risalto. «Ci auguriamo che il ministro Tria ripensi i provvedimenti che porterebbero a una forte riduzione degli incentivi nell’Industria 4.0, che tanti benefici avevano portato. Preoccupa poi la scarsa attenzione al collegamento tra mondo della scuola e lavoro. In prospettiv,a non possiamo pensare di lavorare in ambito statale o di vivere con il reddito di cittadinanza». Pozza ha poi ricordato che il Veneto è stato scalzato dal secondo gradino del podio, in termini di esportazioni, dall’Emilia Romagna. E ha ribadito la necessità, per il territorio bellunese e non solo, di avere infrastrutture adeguate, banda larga compresa. «La provincia di Belluno ha grandi opportunità», conclude, «che vanno dalla ricostruzione post maltempo ai Mondiali di sci. Proprio a questo proposito, non possiamo essere masochisti. Notizia di questi giorni è che gli albergatori non hanno ancora messo a disposizione i posti lettto. Ci vuole senso di repsonsabilità e trovo questo atteggiamento a dir poco imbarazzante».

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