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giovedì 18 Aprile 2024,

Il 29 nel ricordo di san Freinademetz

San Giuseppe Freinademetz. (Foto da Wikipedia)

Il 29 gennaio si commemora il Santo ladino Giuseppe Freinademetz, nato a Oies in Val Badia nel 1852, morto missionario in Cina nel 1908 e canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 2003. «Si tratta del primo Santo delle cinque valli ladine ex asburgiche che trovano in questa straordinaria figura un ulteriore motivo di unità e di comune appartenenza nonché il proprio protettore», scrive Elsa Zardini presidente dell’ULd’A – Union de i Ladis d’Anpezo.

La Parrocchia di Cortina d’Ampezzo dei Santi Filippo e Giacomo e l’Union de i Ladis d’Anpezo invitano la popolazione a partecipare numerosa mercoledì 29 gennaio alle 18 in basilica parrocchiale. A conclusione della celebrazione verrà offerta a tutti i presenti una piccola “beerela” presso il gazebo dell’ULd’A sotto al campanile.

Il 5 ottobre 2003 veniva canonizzato Giuseppe Freinademetz. Ujöp Freinademetz nacque il 15 aprile 1852 a Ojes in Val Badia. Dopo gli studi a Bressanone venne ordinato sacerdote nel 1875. Seguendo la chiamata di Dio nell’agosto 1878 entrò nella Casa Missionaria a Steyl (Olanda), fondata tre anni prima, e diventò uno dei primi due annunciatori della fede della giovane Congregazione Missionaria. Nella primavera del 1879 partì per la Cina; la famiglia, alla quale era molto legato, e l’amata patria non le avrebbe mai più riviste. Prestò il suo servizio per due anni nella diocesi di Hongkong, quindi si recò nel Sud-Shantung, zona missionaria affidata ai Missionari Verbiti. Instancabile e pieno di un amore che attirava, fu un pioniere e un missionario itinerante. Si dedicò alla cura dei catecumeni e nuovi cristiani, alla formazione dei catechisti e dei sacerdoti cinesi. Spesso portò la responsabilità della missione; dal 1900 è stato Provinciale e Superiore dei Missionari Verbiti in Cina. Il 28 gennaio 1908 morì di tifo.

Nel 1908, quando arrivò la notizia della morte di padre Ujöp Freinademez, in patria si affermava già che era morto un santo. Durante la guerra e negli anni seguenti il numero di persone che invocavano il suo nome e che cercavano la sua protezione ed il suo aiuto, crebbe notevolmente. Nel 1936 ebbe inizio in Cina il processo istruttorio per la sua beatificazione. Un anno dopo anche a Bressanone e a Steyl. Sempre più gente invocava padre Ujöp quale intercessore per questioni di famiglia, di casa, stalla, campagna, lavoro.

A onor del vero, l’inizio della sua attività missionaria non fu facile e la delusione personale si trasformò in una condanna in blocco, piena di pregiudizi. Ebbe a scrivere: «Per noi europei il carattere cinese è ben poco attraente… Il cinese non è dotato dal Creatore delle stesse disposizioni degli europei… Il cinese non riesce a elevarsi a un pensiero superiore». Le grandi difficoltà iniziali lo costrinsero a riflettere sulla sua vocazione e a lavorare sulla sua trasformazione interiore che lo porterà più tardi a dichiarare: «Io amo la Cina e i cinesi… voglio vivere e morire con i cinesi».

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