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giovedì 25 Aprile 2024,

Restrizione delle attività produttive: Cgil, Cisl e Uil si rivolgono al prefetto

Con una lettera aperta chiedono alla dottoressa Cogode (nella foto) di sostenere un’interpretazione del Dpcm del 22 marzo secondo il suo vero spirito, cioè quello di sospendere il più possibile le attività produttive e commerciali.

La Cgil, la Cisl e la Uil hanno indirizzato una lettera aperta al prefetto di Belluno, Adriana Cogode, per segnalarle che nella giornata di ieri, lunedì 23 marzo, la complessa interpretazione del Dpcm del giorno precedente in materia di restrizione delle attività produttive «ha purtroppo generato numerose diversità operative all’interno del mondo produttivo, tanto che ora emergono contrapposizioni, sia tra aziende e aziende, che tra lavoratori e le loro rappresentanze e le aziende stesse».

Le tre sigle sindacali hanno fatto presente al prefetto che «la classificazioni tra aziende secondo codici Ateco, come in allegato del Dpcm, non permette di cogliere lo spirito dell’iniziativa del Governo, quella di sospendere le attività “produttive e commerciali”, ad eccezione di quelle ritenute “essenziali”». «Oggi purtroppo – continuano i sindacati – assistiamo a una applicazione del Decreto solamente secondo la classificazione dei codici Ateco delle aziende, non secondo la vera necessità del Paese, cioè quella di evitare il propagarsi del contagio Covid 19, evitando al massimo qualsiasi forma di contatto o di vicinanza tra le persone, anche e soprattutto dentro i luoghi di lavoro».

Cgil, Cisl e Uil dicono di riconoscere «in gran parte del mondo produttivo una consapevolezza della gravità del momento», ma allo stesso tempo sostengono di vedere che alcune aziende «si stanno nascondendo dietro il tecnicismo del codice Ateco, noncuranti delle forti preoccupazioni dei lavoratori nel subire e/o diffondere un possibile contagio».

«Non nascondiamo il dubbio – continuano i tre sindacati – che talune di queste scelte siano dettate da logiche di mercato, anche quando gli stessi potenziali clienti hanno scelto di chiudere l’attività, proprio in ossequio ai principi del Dpcm». Il riferimento al settore dell’occhialeria è quanto mai chiaro – continuano Cgil, Cisl e Uil – perché il suo codice Ateco parla di produzioni ad uso farmaceutico, anche se la totalità delle produzioni attualmente è rivolto ai settori della moda e dell’abbigliamento. «Ma registriamo atteggiamenti analoghi – viene fatto presente – anche in aziende del settore della Gomma-Plastica, come anche nel Metalmeccanico, aggravate in qualche caso sparuto della non chiara osservanza delle disposizioni Spisal impartite nelle giornate precedenti».

Dopo aver informato il prefetto che «in alcuni casi i lavoratori si sono mobilitati e protestato sulla decisione della loro azienda e che le organizzazioni sindacali non escludono la possibilità di nuove proteste contro questo atteggiamento di insensibilità verso la situazione di emergenza e verso la sicurezza della salute pubblica e dei lavoratori», Cgil, Cisl e Uil si appellano alla dottoressa Cogode perché subito si rivolga a tutto il mondo imprenditoriale e lo richiami a interpretare il Dpcm del 22 marzo secondo il suo spirito, quello cioè di sospendere le attività produttive e commerciali per evitare il diffondersi del contagio.

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