Belluno °C

venerdì 19 Aprile 2024,

La neve sui ghiacciai delle Dolomiti quest’anno è anche rosa

La neve colorata, dovuta alla presenza di un’alga, contribuisce ad accelerare la fusione dello strato superficiale del manto nevoso.

A metà luglio i ghiacciai delle Dolomiti si presentavano ricoperti ancora in gran parte dalla neve invernale, che poi è stata alimentata dalle nevicate del 12 e 15 luglio che hanno depositato una neve color bianco latte che ha nascosto in parte la vecchia neve, ricca della sabbia del deserto delle nevicate di fine inverno, che la danno un colore rosato, e di depositi di pollini, principalmente degli abeti rossi, caduti in grandi quantità a maggio.

Quest’anno sulla superficie del manto nevoso è abbondante e diffusa la presenza di un’alga verde, la Chlamydomonas nivalis, che assume un colore rosso dovuto al brillante pigmento carotenoide rosso, che protegge il cloroplasto, parte della cellula in cui avviene la sintesi clorofilliana, dalle intense radiazioni visibili e ultraviolette quando l’alga si trova vicino alla superficie del manto nevoso (5-25 di cm di profondità).

L’effetto della neve colorata ha accelerato la fusione dello strato superficiale del manto nevoso invernale anche lungo i ghiacciai delle Dolomiti. Fusione che poi è stata rallentata dalle precipitazioni nevose di luglio. Il manto nevoso bianco latte, che riflette una grande quantità di radiazione solare (90% nel caso di neve fresca), ha il pregio infatti di rallentare la fusione superficiale della neve e del ghiaccio sottostante.

Dopo aver fornito queste informazioni, l’Arpav ha fatto ricordato che anche il ghiacciaio della Marmolada, come il ghiacciaio del Presena (Trento), ha delle superfici di neve ricoperte da teli bianchi in geotessile. I teli sono costruiti in materiali che riflettono oltre il 60% della energia solare che arriva, rispetto al 40% riflesso da una neve vecchia senza protezione. Quindi, oltre alla protezione fisica della neve, viene accumulata minor energia e la fusione del manto nevoso è più lenta. Questo metodo, utilizzato già dal 2008, ha dato ottimi risultati nel mantenimento da una stagione all’altra della neve invernale.

La seconda decade del mese di luglio 2020 è stata la terza più fresca in quota dal 1990, preceduta solo da quella del 1999 e del 1992. Anche il mese di giugno 2020 è stato il più fresco dal 2000. Questo andamento delle temperature ha ulteriormente favorito, rispetto agli anni scorsi, una fusione più lenta della neve invernale.

Le prime elaborazioni delle precipitazioni nevose in quota relative a dicembre, gennaio e febbraio dell’ultimo decennio, evidenziano una quantità di neve nella norma rispetto al periodo di riferimento 1961-90. Lo stesso non avviene alle basse quote e nei mesi di marzo e aprile, carenti di precipitazioni nevose. A questa “normalità” di precipitazioni nevose dell’ultimo decennio per il trimestre dicembre-febbraio, si sono contrapposte temperature particolarmente miti nei periodi primaverili o di inizio estate che hanno sempre accelerato lo scioglimento della neve.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d