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martedì 16 Aprile 2024,

Sciacallo dorato, in Comelico una coppia con tre cuccioli

Documentata con certezza, per la prima volta, l'esistenza di un gruppo riproduttivo del Canis Aureus, spesso confuso con una grossa volpe. La ricerca ha implicato anche l'utilizzo di prove bio-acustiche (in allegato l'audio registrato dagli esperti faunisti).

Nel 1984, a San Vito, il primo avvistamento in Italia che certificò la presenza dello sciacallo dorato (Canis aureus). E nel 2020 il territorio bellunese offre testimonianza di un nuovo gruppo riproduttivo dell’esemplare appartenente alla famiglia dei canidi. Una coppia con tre cuccioli, nati all’incirca nel mese di aprile. Cuccioli che a gennaio del prossimo anno saranno pronti per andare per la loro strada. «Con certezza possiamo dire che vi è stata la riproduzione dello sciacallo dorato in Comelico», ha sottolineano Franco De Bon, consigliere provinciale delegato a caccia e pesca. «Si tratta di un canide di taglia corporea intermedia tra la volpe e il lupo. In passato è stato scambiato spesso per una grossa volpe, come accadde nel lontano 1984, prima di rendersi conto di aver fotografato proprio un canis aureus».

La scoperta del gruppo riproduttivo. Ora, la scoperta del gruppo riproduttivo in Comelico è avvenuta dopo la raccolta di diverse testimonianze, come spiegato da Oscar Da Rold, comandante della Polizia provinciale, e da Loris Pasa e Stefano Vendrami, rispettivamente responsabile e tecnico dell’Ufficio faunistico della Provincia di Belluno. Tra il 2019 e il 2020 un gruppo di appassionati, cacciatori e non, ha messo insieme diverse immagini da fototrappolaggio, raccolte grazie a sensori agli infrarossi, importanti per lo studio di quest’elusiva specie, lo sciacallo dorato, che conduce attività prevalentemente notturna. Le foto sono state poi inviate alla Polizia provinciale. Tra le immagini, quella raccolta nella primavera di quest’anno da un cacciatore sui monti attorno alla frazione di Casada, nel Comune di Santo Stefano di Cadore: lo scatto ha fatto supporre che nella zona ci fosse una femmina, che sembrava in avanzato stato di gravidanza. «Dal fototrappolaggio non si poteva dire con certezza che si trattasse di sciacalli, proprio per la loro somiglianza con le volpi», ha spiegato Vendrami. Poi la svolta: il 19 ottobre un cacciatore ha ripreso due canidi di grande taglia assieme ad uno più piccolo. Il materiale è stato inviato a Mirco Piccin, della Polizia provinciale di Belluno, il quale lo ha girato a Vendrami. Quest’ultimo, a propria volta, ha pensato di mandare le foto a Michele Cassol, finché sono arrivate in mano a Luca Lapini, zoologo al Museo friuliano di Storia naturale di Udine. «Tutto faceva pensare che si trattasse di sciacalli», ha detto ancora Vendrami, «ma la certezza è arrivata quando è stata eseguita quella che viene chiamata prova bio-acustica: un dispositivo emette ululati di un gruppo riproduttivo. Ululati che stimolano analoga risposta da parte dei gruppi presenti, allarmati dall’attività di un gruppo estraneo.

La prova bio-acustica mercoledì 28 ottobre. «Mentre i maschi isolati in genere non rispondono a questi richiami, i gruppi riproduttivi rispondono sempre, con una firma acustica finale così caratteristica che risulta anche diagnostica nella attribuzione specifica dei vocalizzi», si legge nella relazione curata da Lapini, presente alle prove audio con Vendrami e Cesare Sacchet. «Alle 20.21 di mercoledì 28 ottobre abbiamo effettuato la prima emissione standard. Il gruppo riproduttivo ci ha risposto immediatamente da circa 400 metri a valle. Da un rapido confronto fra di noi abbiamo concluso che il numero minimo di “cantanti” poteva essere compreso fra i tre e i cinque».

L’audio registrato nella prova bio-acustica.

«La presenza dello sciacallo in provincia non è notizia in sè», ha precisato Da Rold, «ma l’aspetto importante sta nell’individuazione di un sito riproduttivo, che testimonia la presenza stabile dell’animale sul nostro territorio». «La collaborazione tra Provincia, Ufficio faunistico provinciale e regionale, Riserve alpine di caccia, esperti e volontari ha permesso di fare passi avanti negli studi», hanno detto ancora De Bon e Da Rold. «Ora continuiamo a occuparci di un attento monitoraggio. Da non trascurare la necessità di mantenere inalterati habitat secondari per garantire lo sviluppo della biodiversità».

Sulla collaborazione tra istituzioni e mondo venatorio, del volontariato e appassionati ha insistito anche Pasa, che ha messo sul tavolo alcune riflessioni: «Nel nostro territorio provinciale si ta riscostruendo la “piramide ecologica”. Lo sciacallo è in grado di predare le volpi, ma a propria volta può essere predato dal lupo. Lo sciacallo dorato ha abitudini alimentari opportunistiche: è sia predatore che spazzino e durante certe stagioni mangia tranquillamente e vegetali». Per quanto riguarda l’aspetto, lo sciacallo dorato è molto simile al lupo grigio, ma ne differisce per la taglia ridotta, il peso inferiore, gli arti più corti, il torace più allungato e la coda più corta. Il mantello invernale è generalmente di colore grigio-rossastro sporco con le estremità dei peli di guardia nerastre o rosso ruggine. Da qui la somiglianza con una grossa volpe.

«Si tratta di anlimali che arrivano dai Balcani», ha affermato Pasa, «e in dispersione, cioè quando si allontano dal proprio gruppo riproduttivo, possono percorrere fino a 400 km (il lupo addirittura fino a mille). La gravidanza di uno sciacallo femmina dura 63 giorni, come quella del cane. In genere fanno una cucciolata all’anno. I piccoli nascono solitamente alla tra marzo e aprile».

La fauna selvatica in provincia e il possibile ritorno della lontra. Ma qual è allo stato attuale la composizione della fauna selvatica e dei grandi predatori in provincia? «L’orso è arrivato a partire dal 1995», ha proseguito Pasa, «gli esemplari maschi dai Balcani, le femmine dall’Italia. Si sono poi incontrati e hanno colonizzato rapidamente il territorio. Lo sviluppo di gruppi richiede invece più tempo per il lupo: in genere si spostano i maschi e, se non trovano gli esemplari femmina, tornano nell’habitat da cui erano partiti». Gli “insediamenti” principali dello sciacallo sono in Friuli e in Trentino. C’è poi la lince, animale molto elusivo, difficilissimo da avvistare. In provincia si registra comunque il passaggio di singoli esemplari. «Dal momento che si sta ricostruendo la “piramide ecologica” e che il Bellunese è “corridoio faunistico”, in futuro potrebbero arrivare altre specie», ha fatto presente Pasa. «Penso alla lontra, predatore acquatico, il cui ritorno è stato documentato ai confini con il Friuli. Arriva dalla Drava, dalla Val Pusteria, e facilmente scollinerà attraverso i valici alpini. Altro discorso per il castoro: qualche esemplare è presente nella zona del Tarvisio, ma sarà difficile che si insedi in provincia di Belluno».

Lupo, un censimento nazionale. Per quanto riguarda il lupo, a livello nazionale ha preso il via di recente un censimento coordinato da Ispra, su incarico del ministero dell’Ambiente. «L’obiettivo è conoscere la specie, l’etologia, ma anche il numero, la presenza effettiva», hanno detto Da Rold e Pasa. «Il tutto è partito nel mese di ottobre. L’iniziativa si insierisce nel progetto alpino WolfAlps, coordinato in Veneto dalla Regione. In provincia sono stati individuati 58 tracciati che vengono percorsi una volta al mese da personale delle istituzioni e volontari, i quali preparano schede dettagliate sulla base delle ricerche effettuate e dei campioni raccolti. Campioni che vengono sottoposti a indagini del dna per ricostruirne la genetica. Il censimento continuerà in tutta Italia fino a marzo».

Nel territorio bellunese sono presenti 7 branchi di lupi, anche se la situazione è dinamica, vista la prossimità con i confini della provincia. In ogni caso le zone in cui si è attestata la presenza del lupo sono il Col Visentin, l’Alpago, il Grappa, la dorsale prealpina tra Belluno e Treviso, Livinallongo e il Bosconero».

Martina Reolon

3 commenti

  • Orribile la foto dell’imbecille che ha catturato lo sciacallo dorato nel 1984…

  • Ottimo articolo, che aggiorna sullo stato della Fauna nel Bellunese.

  • Meno male che finalmente si è capito che la fauna selvatica è un bene prezioso sia per le montagne bellunesi e tutto il suo habitat e sia per il turismo.

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