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venerdì 29 Marzo 2024,

Non si suicidano, non muoiono di fame, non sono malati: contro i topi usare le trappole

Il topo Apodemus flavicollis, uno dei due principali protagonisti della pullulazione (e della morìa) in corso. (Foto Mareschi dal blog di Astore)

Ma la morìa di topi avviene perché sono troppi e si suicidano? Oppure muoiono di fame proprio perché non c’è da mangiare per tutti? O magari muoiono perché sono affetti dal temibile hantavirus?

«Non diciamo sciocchezze», scuote la testa l’esperto bellunese Michele Cassol, «prima di tutto chiariamo un punto: gli animali pensano alla vita, sempre, solo l’homo sapiens pensa al suicidio». Allora che sia perché il cibo che c’è non basta per tutti? «Dire che un erbivoro muore di fame in estate», risponde da Udine l’esperto Luca Lapini, «è come dire che… appunto, è come dire che un topo muore di fame dentro una forma di formaggio». Hantavirus? «Ma no, l’hantavirus fa ammalare l’uomo, è pericoloso, è presente in Slovenia e in Austria, ma le analisi sui topi morti qui a Nord-Est», afferma Cassol citando proprio le verifiche compiute da Lapini, «indicano l’assenza di batteri o virus letali. Gli esami tossicologici sono negativi, i topi morti non sono stati avvelenati. Le cause della moria vanno cercate altrove, si tratta di un fenomeno naturale». Le analisi sui topi morti “bellunesi” in effetti confermano: non sono malati.

È proprio Luca Lapini ad aver pubblicato il 6 maggio un articolo specialistico sulla moria di topi che si registra anche in Friuli. Si intitola «Pullulazioni di micromammiferi in corso nel 2021» e offre una ricca bibliografia (anche bellunese) per chi voglia saperne di più. I ragionamenti interessano appieno il nostro territorio, visto che si tratta dello stesso fenomeno per cui è stata segnalata preoccupazione nel Longaronese, per esempio, dove del resto si sta ripetendo quel che già accadde qualche anno fa: la grande proliferazione dei topi.

Partiamo dalla raccomandazione finale di Lapini, che Cassol sintetizza: «Se adesso fanno derattizzazioni per i topi di campagna è un disastro, perché i prodotti cumarinici entrano nella catena alimentare». Quindi attenzione: per “difenderci” da un fenomeno naturale che si esaurirà da sé, rischiamo di fare un danno molto peggiore rispetto al fastidio che questa situazione inevitabilmente provoca. «Si suggerisce di allontanare gli animali utilizzando i rimedi meccanici che usavano i nostri nonni», scrive Lapini riferendosi alle trappole, «assolutamente da evitare le derattizzazioni effettuate con prodotti cumarinici che avvelenano l’intera catena alimentare di cui questi piccoli roditori sono la base trofica».

Lapini non la fa semplice: siamo davanti a un «fenomeno molto complesso», sicuramente caratterizzato da una ciclicità «spiegata essenzialmente con l’interazione preda-predatore». «Infatti i rapaci notturni sono in festa!», chiosa Michele Cassol. Spiega Lapini che sulle nostre montagne la ciclicità non è regolare e risulta condizionata «da una produzione particolarmente abbondante di seme pesante da parte del faggio Fagus sylvatica e dell’abete rosso Picea abies. Essa si definisce “pasciona forestale”, ed ha una frequenza variabile da zona a zona, alle nostre latitudini per lo più triennale, quinquennale o decennale». Che cosa induce le piante a questa produzione insolita? Le piogge scarse: «Lo stress che deriva da estati secche stimola una particolare produzione di gemme vegetative, con una successiva grande produzione di seme pesante». Primavere-estati molto secche favoriscono l’impollinazione del faggio e dell’abete rosso dovuta al vento e questo accresce la produzione di frutti: «a tarda estate-autunno alcuni roditori forestali ne approfittano». E arriviamo al punto: se l’inverno successivo è abbastanza caldo, i topi sopravvivono bene e in primavera sono presenti in misura maggiore rispetto alla norma e «sia per il loro numero, sia per l’abbondanza di alimento, essi iniziano a riprodursi in massa, innescando fenomeni di pullulazione che possono sorprendere per l’abbondanza di animali. Il crollo di queste popolazioni sovra-affollate è però molto rapido, sia per il pronto aumento dei predatori che le utilizzano come fonte di alimento, sia per il superamento della capacità portante dell’ambiente».

«Muoiono. Muoiono per mille motivi», commenta Michele Cassol, «ma non di fame. Muoiono per stress, freddo, pioggia improvvisa, caduta in acqua, “over-killing” e altro ancora. È ovvio che in una popolazione così numerosa sono presenti molti elementi vulnerabili, che poi troviamo morti in grande quantità».

L’arvicola rossastra e il topo selvatico dal collo giallo sembrano essere i protagonisti di questa pullulazione, roditori definiti «forestali», appunto. La pullulazione attuale replica quella che avvenne nel 2012, dunque una decina d’anni fa. Prima ce ne fu una nel 1993, forse in mezzo ce ne sono state altre ma magari di minore intensità ed è per questo che i fenomeni possono essere «sfuggiti agli onori della cronaca», dice Lapini. Noi vediamo i topi e non ci accorgiamo che c’è un’altra pullulazione, correlata, dell’animale che felicemente se li mangia: la civetta capogrosso Aegolius funereus mostra cicli di abbondanza sicuramente correlati all’incremento di popolazione dei roditori e quando la loro densità crolla la specie si sposta in valli e versanti più ricchi di animali. Lapini qui cita le osservazioni fatte in particolare sul Cansiglio (Mezzavilla; Lombardo). Ce n’è una fila, di predatori: «in questi periodi i predatori (Canidi, Felidi, Mustelidi, Falconiformi, Strigiformi ecc.) si nutrono quasi esclusivamente di roditori, risparmiando altre prede (lepri, cuccioli di ungulato, galliformi), che subiscono a loro volta una mortalità molto inferiore alla norma. Per questa ragione negli anni successivi alle pullulazioni di roditori si registra un aumento delle più comuni specie preda, seguite da un aumento di alcune specie di predatori», spiega Lapini citando Mezzavilla. Su questa nostra Terra – viene ancora una volta da osservare – siamo davvero tutti collegati e il clima gioca un ruolo fondamentale nell’attivazione di dinamiche di vasto raggio.

Ma entrano anche nelle case! Certo, rispondono gli esperti, e non è perché i topi hanno deciso di conquistare il mondo: «lo si deve a fattori legati alla normale dispersione dei giovani. Essi sono molto inesperti e cercando nuovi spazi da colonizzare entrano in ogni pertugio disponibile, sia in paese, sia in città». Va sottolineato: «La mortalità particolarmente evidente percepita dal pubblico non è dovuta a malattie. La grande abbondanza di animali morti per lo più si deve al fatto che in queste condizioni di grande abbondanza i predatori uccidono più di quanto siano in grado di consumare». Il fenomeno è noto come “surplus-killing”.

Insomma interroghiamoci. Cerchiamo di capire. E cerchiamo di reagire in modo intelligente.

Luigi Guglielmi

6 commenti

  • Ero proprio curioso di capirne un po’ di più su questo tema, spiegato molto chiaramente con questo articolo,
    Grazie!

    • Grazie signor Andrea, felici di essere stati utili! Luigi Guglielmi

  • Mio marito con trappole tradizionali e anche fatte da lui ne ha presi oltre un centinaio.

    • Tantissimi! Speriamo che il fenomeno si esaurisca presto. Grazie del riscontro. Luigi Guglielmi

  • In piena zona urbana come a Trieste centro,non possiamo contare sui rapaci..l’unica via sono i prodotti cumarinici!L’ufficio igiene ha l’obbligo di intervenire,ma se non paghi una ditta privata non hai interventi periodici!Comunque grazie per l’esauriente spiegazione.

  • Bene l’esposizione del problema da parte degli esperti..ma dire che è un fenomeno naturale questa moria anomala dei roditori non mi convince.. come non mi convince che i predatori uccidono di più, in quanto il predatore penso se li mangi..e non li uccuda per lasciarli sul posto magari vicino alle abitazioni.. partito dalla Slovenia il fenomeno..come il virus dalla Cina..

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