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venerdì 19 Aprile 2024,

I sindacati: la pandemia sta facendo emergere nuove povertà e nuovi bisogni

Cgil, Cisl e Uil, con le rispettive categorie dei pensionati, hanno illustrato oggi gli esiti del percorso di negoziazione sociale, emersi finora dagli incontri tenuti con i comuni della provincia. La fotografia non è troppo rassicurante.

La pandemia sta dolorosamente rivelando le disparità esistenti e persistenti nelle nostre società: essa avrà il maggiore impatto sulla vita delle persone che vivono in condizioni di privazione o che affrontano difficili circostanze socio-economiche. Ma quel che è peggio è che sta creando nuove povertà. E nuovi bisogni a cui far fronte. Un quadro preoccupante che i sindacati avevano illustrato già nell’estate 2020 e che si è confermato, se non acuito, nell’ultimo anno. Cgil, Cisl e Uil, con le rispettive categorie dei pensionati, hanno presentato oggi, giovedì 22 luglio, gli esiti del percorso di negoziazione sociale, emersi finora dagli incontri tenuti con i Comuni della provincia. La fotografia non è troppo rassicurante e mette in evidenza le difficoltà e la paura provocate dalla pandemia, che a propria volta ha prodotto lutti, sofferenze, impoverimento drastico del tessuto sociale. Si aggiungono un numero mai così basso dei nuovi nati, le povertà digitale ed educativa, la sanità già messa a dura prova e le case di riposo senza risorse, il trasporto pubblico locale in difficoltà. «Una situazione complessa che ha reso necessario un modo diverso di contrattazione», spiegano i sindacati, «e che abbiamo cercato di concertare anche quest’anno per garantire il sostegno alle famiglie, ai ragazzi nella nuova modalità di studio, alle donne senza lavoro, agli anziani senza sollievo, ai lavoratori senza prospettive e alle imprese in stallo».

Spopolamento e invecchiamento. L’invecchiamento della popolazione è un tema cruciale. Dalle analisi e dalle proiezioni al 2030 si evidenzia in provincia la presenza di anziani over 65 (che tra dieci anni saranno circa 64 mila) in numero notevolmente maggiore rispetto ai ragazzi 0-14 anni (meno di 19 mila) e una forza lavoro che non riuscirà a sostituire nei prossimi 10 anni coloro che usciranno da mondo del lavoro, nonostante la percentuale di presenza di cittadini stranieri. «La piramide simbolo di solidità demografica dovrebbe avere una base larga per reggere il bilancio sociale», sottolineano le organizzazioni sindacali, «invece vediamo che proprio la base si assottiglia ormai da anni. Se nel 1992 c’erano circa 28 potenziali caregiver tra i 50 e 74 che potevano prendersi cura di una persona con più di 85 anni, ora sono soltanto 8. Si evince che sono indispensabili servizi socio sanitari per la presa in carico dei soggetti piu fragili, una forte assistenza territoriale domiciliare e molte piu ore da dedicare alle persone. Da ricercare inoltre immobili sfitti per poter dare alloggi. Servono politiche abitative “di senso”, per non concentrare in un unico luogo le situazioni di disagio». «Abbiamo osservato un cambio di passo nei confronti del Fondo Welfare», proseguono. «I Comuni avvertono il bisogno di uno strumento sovracomunale per dare forza alla provincia. Si nota un maggior coinvolgimento ed è stato chiesto ai Comuni di assegnare a un consigliere la delega al Fondo. Agordo, Longarone, Alpago, Val Di Zoldo, La Valle Agordina hanno dato il via a versamenti sul Fondo stesso».

Il reddito dei bellunesi, tra lavoratori e pensionati, e le nuove povertà. L’assegno mensile medio percepito dai pensionati uomini nella nostra provincia è di 1.622 euro lordi, quello delle donne di 810 euro lordi. Se guardiamo le pensioni da 2.500 a 3.000 euro mensili, le donne che percepiscono tale assegno sono 537 e gli uomini 1.882. «Dati che ci obbligano a porre attenzione alle famiglie anziane composte da un solo componente (facilmente donna, con redditi da pensione bassi e una rete familiare esigua)», dicono ancora i sindacati. Ai Comuni è stata chiesta la rimodulazione dell’addizionale Irpef, con esenzione per i redditi che vanno a 0 a 15 mila euro, perché qui si annida la povertà o lo scivolamento nella povertà. Un’altra richiesta è stata quella di ridurre il costo del pasto a domicilio e portare l’esenzione per il servizio di assistenza domiciliare a 9.360 euro, definita soglia di povertà, o almeno di tendere a questo limite. Sono emersi nuovi bisogni e nuove povertà: per fare un esempio, le disparità nell’utilizzo delle tecnologiche informatiche, la “povertà telematica”, che colpiscono sia i giovani che gli anziani. Per non parlare degli impatti creati dall’emergenza sanitaria sul reddito delle persone. E le conseguenze di ordine psicologico. Insomma, se finora la piattaforma di negoziazione era incentrata su alcuni aspetti, come quelli fiscali (legati alla tariffazione) e socio-sanitari (con Ulss e Comuni), ora ha bisogno di essere rimodulata per poter fronteggiare le nuove criticità. Si stanno perdendo pezzi del sanitario e così le esigenze si scaricano sul sociale, si sta allargando la forbice tra ricchi e poveri e il Covid ha fatto emergere piccole sacche di illegalità: per esempio, il lavoro nero.

Anche i Comuni sono in difficoltà. Il tutto in un contesto in cui anche i Comuni sono in difficoltà: nel 2020 sono entrate meno risorse rispetto al 2019. «Nella banca dati del Mef mancano ancora i bilanci di 24 comuni bellunesi», precisano i sindacati. «Ad ogni modo nel 2019 la parte disponibile era pari a 36.482.000; nel 2020, al netto dei 24 comuni mancanti, a 20.840.000. Quindi è ragionevole pensare che, una volta aggiunti i municipi ancora mancanti, saremo attorno ai 30 milioni di parte disponibile. Questo risultato lo si deve al fatto che i ristori del Governo hanno coperto l’80% delle mancate entrate. Durante il lockdown, inoltre, i Comuni hanno diminuito sensibilmente le spese. Sappiamo però che sia con la legge di bilancio 2021 che con il decreto sostegni il Governo ha disposto altri miliardi. Ne discuteremo con i singoli Comuni».

Martina Reolon

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