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venerdì 29 Marzo 2024,

Asili nido, Belluno peggio del resto del Veneto

I dati del Bollettino socio-economico del Veneto di ottobre 2021, pubblicato dalla Regione.

La provincia di Belluno è nella morsa di una preoccupante denatalità. Ne abbiamo evidenziato spesso gli aspetti problematici, soprattutto in vista del futuro, perché la denatalità è un “cane che si morde la coda”. Le giovani coppie non fanno figli per tanti motivi soggettivi, ma anche perché qui non trovano servizi per i figli. Però, se cala la denatalità, calano anche i servizi, chiudono le scuole, le attività; cala la forza elettorale della nostra provincia.

Una pagina del Bollettino socio-economico del Veneto di ottobre 2021, pubblicato dalla Regione Veneto, in proposito mette in evidenza un dato. Uno dei servizi che in tutt’Italia manca alle coppie in età fertile è quello degli asili nido: l’Italia è al 18° posto in Europa quanto alla disponibilità di questo servizio (dato del 2019). La percentuale dei bambini da 0a 2 anni, che frequentano un servizio per la prima infanzia, è del 26,3%, mentre la Danimarca, prima della classe, si assesta su un 66%; la media europea è del 35,5%.

Quanto alla nostra Regione, nel 2019 i posti disponibili erano 30,6 ogni 100 bambini nella stessa fascia di età, quindi sopra al livello nazionale (26,9%), ma certamente sotto l’obiettivo europeo che fissava la soglia del 33% entro il 2010.

Ma se guardiamo alla cartina dei comuni della nostra regione (vedi la cartina), vediamo “brillare” quelli della provincia di Belluno: il servizio è praticamente assente.

Questo tipo di servizio per la prima infanzia è un sostegno al lavoro femminile, perché molto spesso a una famiglia giovane non basta uno stipendio, soprattutto quando l’altro serve per onorare il mutuo della casa. D’altro canto l’esperienza del nido può essere un importante stimolo pedagogico per i bambini.

Il Bollettino riporta sinteticamente anche i motivi per cui i genitori scelgono o meno di iscrivere il figlio al nido. Il 65,8% dei Veneti che lo scelgono (il 64,7% in Italia) in genere riconoscono l’importanza del suo ruolo educativo e socializzante. Tra quanti non lo scelgono invece la motivazione più presente sta nella presenza di un’alternativa familiare; che però spesso può nascondere la difficoltà economica a sostenere l’impegno della retta. E infatti emergono anche motivazioni oggettive come il costo eccessivo, la lontananza, gli orari scomodi o la domanda rifiutata: lo denuncia il 25% delle famiglie (20% in Italia).

DF

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