Belluno °C

martedì 23 Aprile 2024,

Le latterie hanno scritto una pagina importante della storia bellunese

Presentata a Busche la ristampa anastatica di un volume che racconta la consistenza delle 301 latterie della provincia nel 1932. Un’occasione anche per un bilancio del settore lattiero-caseario (nella foto i relatori dell’incontro).

Presentata a Busche di Cesiomaggiore, alla presenza di autorità e operatori del settore, la ristampa anastatica di un volume che rappresenta uno spaccato di storia locale. Si tratta della «Consistenza delle latterie Soc. coop. della provincia nel 1932-10», pubblicata inizialmente nel 1932 a cura della Cattedra Ambulante di Agricoltura per la Provincia di Belluno – Sezione di Zootecnia e Caseificio; pubblicazione che dava conto, per ciascuna delle 301 latterie allora operanti in provincia, di elementi quali la forma societaria, il titolo dei casari, la tipologia e la salubrità dei locali, l’ambito operativo territoriale, le risultanze di bilancio con un’attenzione specifica agli oneri finanziari in essere.

Dopo che Fabio Bona, presidente della Confraternita del Formaggio Piave Dop, aveva illustrato i motivi che hanno indotto la Confraternita a curare la ristampa («Un prologo, che riteniamo di grande interesse, per il prossimo 7 maggio quando, a Mel di Borgo Valbelluna, proporremo “Formai: le Strade del Gusto”, una giornata per declinare in concreto l’assegnazione al Comune del titolo di “Città del formaggio” da parte dell’Onaf, Organizzazione nazionale assaggiatori formaggio») è toccato a Giuseppe Pellegrini, già funzionario Avepa, illustrare sia i contenuti del volume («Un pezzo importante della storia provinciale») sia come si siano profondamente modificati tanto il numero delle aziende operanti, quanto la produttività per capo e come, infine, sia cambiato (e continui a cambiare), la tipologia del territorio bellunese. Con il bosco che sta sempre più guadagnando spazio a spese del pascolo e del prato. Con i facilmente intuibili problemi per gli operatori della filiera lattiero-casearia.

Problemi che interessano tutti gli operatori, ma con un’incidenza molto particolare per le piccole latterie. Ne ha parlato diffusamente Sergio Venturin, segretario della Latteria Valmorel. «Le nostre realtà non a caso hanno il nome di latterie ‘sociali’. Si tratta, infatti, di importanti presìdi per la custodia del territorio. E noi, come qualche altra – rara – realtà del Triveneto, abbiamo anche mantenuto la caratteristica di ‘turnaria’. Un modello che permette di conservare e promuovere principi e valori ma che, oggi, deve fare i conti con una serie di ostacoli. Tipicamente, i costi dell’energia e i lacci della burocrazia. Ostacoli per i quali è sempre più non rinviabile l’adozione di soluzioni rapide e concrete».

Quali risposte abbia proposto ai problemi del settore la più importante realtà operante in provincia, la Lattebusche, è stato l’oggetto dell’intervento di Antonio Bortoli, il direttore generale, arrivato alla guida di Lattebusche nel 1974. «Avevamo capito che la strada maestra era quella che passava dalla qualità e dall’innovazione. Certo, non è stato né facile né semplice, anche perché si trattava di operare un cambiamento strutturale». Bortoli ha anche ricordato come il primo progetto per valorizzare tutto il latte bellunese, progetto stilato su sollecitazione dell’allora assessore regionale, Giulio Veronese, fosse stato sonoramente bocciato dalle latterie bellunesi. «Ma il Consiglio di Amministrazione di Lattebusche aveva tenuto duro e i risultati si possono toccare con mano».

C’è stato, quindi, l’intervento del senatore Luca De Carlo, presidente della Commissione Agricoltura del Senato, che ha – in prima battuta – ricordato l’importanza che per il mondo rurale hanno rivestito le ‘Cattedre’. «Un supporto che ha permesso di affrontare e superare periodi di grandi crisi». De Carlo ha, poi, riconosciuto il valore del marchio Lattebusche. «A questo proposito, alla buvette del Senato ho portato un pezzo di Piave, dicendo ai colleghi che si trattava di un prodotto del Bellunese; invitandoli, anche, a procurarsene».

Il senatore ha anche ripreso il concetto della fondamentale importanza dell’innovazione. «A ben vedere, l’innovazione è una tradizione che ce l’ha fatta; e questa la strada che bisogna seguire con passione e tenacia». Quanto alla burocrazia, «Non mi spingo a fare promesse. Anche perché chi ci ha provato, fino ad ora ha solo aumentato il numero degli orpelli. Piuttosto, lavorerò giorno per giorno per risolvere i problemi più contingenti».

Prima della conclusione hanno portato un contributo l’assessore provinciale Simone Deola, il presidente del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, Ennio Vigne, e il presidente di Confagricoltura, Diego Donazzolo.

2 commenti

  • Bella iniziativa… per cortesia dove è possibile reperire il libro?

  • Ricordo quando la Cooperativa Latte Busche veniva su per la valle Agordina ad acquistare il fieno perché il latte che produceva non era sufficiente all’incremento delle vendite. Ora nei prati non si vedono piu mucche ma i prodotti Latte Busche sono sempre più diffusi, per fortuna si trovano anche nei supermercati e ho molti dubbi che all’incremento delle vendite di questi ultimi anni corrisponda un incremento della prodizione del latte bellunese. Bisognerebbe salvare i prati e incremenare i lavori di fienagione . Invece mi assale il dubbio che molto latte venga importato anche dall’estero

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

%d