Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! (Lc 12, 32-48)
Nel giorno liturgico dedicato a San Lorenzo, la liturgia domenicale ci propone tre parabole che si adattano perfettamente alla memoria di questo martire. Il fondale unico su cui si stagliano le tre parabole (i servi che attendono il loro signore, l’amministratore messo a capo del personale, il padrone di casa che monta la guardia) è la notte, simbolo della fatica del vivere, della cronaca amara dei giorni, di tutte le paure che escono dal buio dell’anima in ansia di luce. È dentro la notte, nel suo lungo silenzio, che spesso capiamo che cosa è essenziale nella nostra vita. Nella notte diventiamo credenti, cercatori di senso, rabdomanti della luce. La notte dedicata al martirio di San Lorenzo è legata in maniera indissolubile al fenomeno delle stelle cadenti. La tradizione ha voluto associarle alle lacrime versate dal santo durante il suo supplizio o ai carboni ardenti su cui subì il martirio. San Paolo nella lettera ai Filippesi esorta i cristiani a essere come astri nel mondo: “siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere nella quale dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita”. La notte di San Lorenzo ci insegna a tenere sempre pronto un desiderio nel cuore: è l’unico modo per esprimerlo quando vediamo l’effimero passaggio di una stella cadente. “De-siderare” è dunque essere attratti da una stella: una persona, uno scopo, un motivo per vivere. Ecco perché quando non c’è una ragione per camminare la vita diventa un dis-astro.
L’altro ordito su cui sono intesse le parabole è il termine “servo”. I servi di casa, ma più ancora un signore che si fa servitore dei suoi dipendenti, mostrano che la chiave per entrare nel regno è il servizio. L’idea-forza del mondo nuovo è nel coraggio di prendersi cura. Benché sia notte. Non possiamo neppure cominciare a parlare di etica, tanto meno di Regno di Dio, se non abbiamo provato un sentimento di cura per qualcosa. Nella notte i servi attendono. Restare svegli fino all’alba, con le vesti da lavoro, le lampade sempre accese, come alla soglia di un nuovo esodo è “un di più”, un’eccedenza gratuita che ha il potere di incantare il padrone. Il diacono Lorenzo è l’amministratore fidato e prudente che svolgeva, verso la metà del III secolo nella comunità cristiana di Roma, come amministratore della cassa.
Come ben sappiamo, durante la persecuzione, l’imperatore Valeriano gli promise salva la vita se gli avesse portato i tesori nascosti della Chiesa. L’indomani Lorenzo si presentò a corte con alcuni poveri, dicendo: «Ecco questi sono i nostri tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono». Gesù ci dice che laddove è il tuo tesoro, là sarà pure il tuo cuore. Ognuno di noi potrebbe oggi interrogarsi: “Dov’è il mio tesoro?” Lorenzo ha saputo aprirsi alla bellezza di questa buona notizia del Vangelo e parlando dei tesori eterni, rappresentati dai poveri, mostra di aver ben assimilato la parola di Gesù. Accogliendo l’amore gratuito del Signore è diventato capace di riconoscere la dignità e la ricchezza di ogni creatura umana, soprattutto quelle dei più piccoli e insignificanti agli occhi del mondo. Per la sua ironia Lorenzo verrà condannato ad una morte atroce. Finirà come il chicco di grano di cui ci ha parlato il Vangelo. Avviene però lo stravolgimento delle parabole: li farà mettere a tavola, si cingerà le vesti, e passerà a servirli. Il punto commovente, il sublime del racconto è quando accade l’impensabile: il padrone che si fa servitore. I servi sono signori. E il Signore è servo. Un’immagine inedita di Dio che solo lui ha osato. Aiutaci, Signore, per intercessione di San Lorenzo martire, a lasciarci trasformare dalla forza del tuo amore, perché vivendo con coerenza la nostra fede possiamo testimoniare che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, che le ingiustizie non sono invincibili, che il male si vince solo con il bene. «Allora brillerà fra le tenebre la nostra luce, la nostra tenebra sarà come il meriggio».
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