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Troppi luoghi comuni sul tema dei migranti

I migranti. Quanti sono? Sono molti. Anzi, moltissimi. No, sono un’invasione (la parola ha portato via moltissimo inchiostro nei titoli dei giornali). Occupano l’Italia, occupano il Veneto. Hanno la scabbia. Portano via il lavoro. Disturbano.
Un’invasione? Da gennaio in Italia sono arrivate 56mila persone che, stando ai dati ufficiali, sono il 10% in più del 2014.
Ha scritto Paolo Lambruschi sul quotidiano «Avvenire» sabato scorso: «Dicono autorevoli osservatori che il conflitto in Libia (...) e la paura di finire nelle mani delle belve dello Stato islamico, sempre più padrone della costa, stanno spostando i flussi verso Egitto e Grecia». Detto in altre parole, i profughi sudanesi o eritrei non raggiungono più la Sirte o Misurata, in Libia, bensì l’Egitto. Quindi, continua Lambruschi, «le partenze a sud di Lampedusa dovrebbero diminuire a breve, a fronte di una crescita, già evidente nei 48mila arrivi registrati in Grecia nel 2015, della rotta balcanica».
I migranti occupano il Veneto? Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana, ricorda che la Sicilia sta accogliendo 16.500 persone, 260 persone ogni 100mila abitanti, contrariamente al Veneto e alla Lombardia che ne stanno accogliendo 60 (quasi cinque volte di meno) ogni 100mila abitanti.
I migranti hanno la scabbia? Qualcuno sì, ma la scabbia è una malattia endemica, già presente nel Veneto e nel Bellunese dove di quando in quando emerge nei luoghi di comunità, come le Case di riposo. Malattia curabilissima peraltro, per il cui contagio occorre un contatto prolungato. Verrebbe da dire che è più grave non avvisare i migranti che, arrivando nel Bellunese, possono incontrare le zecche portatrici di borreliosi e malattia di Lyme, ben più pericolose della scabbia.
C’è chi ha chiuso le sue frontiere? Ma c’è anche chi in Europa sostiene invece la necessità che i migranti siano accolti da tutti i Paesi e non solo da qualcuno.
I migranti portano via il lavoro? I dati dicono chiaramente che senza gli immigrati l’economia italiana non regge. Per tacere del problema demografico.
Soltanto qualche esempio per sottolineare l’importanza di non cedere ai luoghi comuni, di non far prevalere un’emotività staccata dal ragionamento, di non farsi strumentalizzare da chi cerca di parlare alla pancia piuttosto che alla testa e al cuore per condurre dove più gli interessa e gli conviene.
È necessario informarsi con cura e fermarsi a pensare per non fare di tutta l’erba un fascio, per non cedere a una soluzione solo perché è la più semplice, per evitare la fatica di trovare quella migliore.
Certamente bisogna distinguere tra coloro che sono migranti economici e chi invece è richiedente asilo. Di sicuro bisogna trovare il giusto equilibrio tra sicurezza, legalità e accoglienza. Un impegno complesso, ma a cui non si può rinunciare, pena il chiudersi in un isolamento che sa anche tanto di egoismo. Interessarsi degli altri, preoccuparsi per loro è faticoso, tanto più se non li si conosce e li si percepisce tanto diversi. Ma preoccuparsene e aiutarli è segno di umanità, della capacità di dare valore a ciò che lo ha veramente.
Una soluzione vera del problema non la si costruisce con giudizi sommari e stizziti, ma a partire dal desiderio di dare risposte vere e umane alle persone.
G.B.

Leggi il "fondo" della settimana scorsa.

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