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Ecco l’acqua che sgorga e che porta la salvezza

«Ecco l’acqua che sgorga». Nell’avanzata primavera di quest’anno è abbondante l’acqua che sgorga dalle terre di montagna dopo un inverno di tanta neve.
L’acqua, bene essenziale, simbolo di ogni altro bene, che nella liturgia pasquale è salutata festosamente: «A quanti giungerà quest’acqua porterà salvezza ed essi canteranno: alleluia, alleluia». È l’habitat della vita, è dono di fertilità, è immagine di percorsi vitali che confluiscono in unità. Il vescovo Vincenzo ci diceva: «Un’immagine bella è la visione del fiume che sgorga dal tempio e s’immette nell’Araba. Ecco, noi siamo fiumi che hanno fatto percorsi diversi lungo la storia, ma s’incontrano, vanno in confluenza; ma per fare che cosa? Per portare acqua e fecondità. C’è una terra da fecondare, che dobbiamo aiutare a guarire dalla sterilità per farla diventare fruttifera: dall’infecondità a frutti abbondanti. È una terra ampia». L’ampiezza della nostra terra, che desideriamo fertile di accoglienza, è aperta a dimensioni che vogliamo, in questa primavera, tenere ben presenti: mi riferisco all’atto importante di scegliere uomini e donne per il parlamento di Strasburgo. Siamo chiamati a essere presenti, a partecipare con responsabilità, in modo pensoso, sapendo quanto determinante è l’unità della nostra terra dolomitica con l’Europa, specie quando si auspica un nuovo assetto nel governo della montagna. Gli argomenti per tale invito sono molti, in questo momento di crisi dell’unità europea, nonché di urgenza per tanti poveri e per i movimenti di popoli che non possono gravare solo su qualche nazione.
L’augurio pasquale non vuol dimenticare tante sofferenze spirituali, familiari e sociali. Assicuro la mia vicinanza di preghiera e di aiuto per quanto è nelle possibilità della nostra Chiesa. C’è una sofferenza che sto condividendo con molte persone di Belluno–Feltre che spesso sono in angustia, per le troppo frequenti chiacchiere cattive: il fango lanciato su sacerdoti, prima dalla stampa locale e poi da altri mezzi. Le umiliazioni fanno bene alla Chiesa che è sempre fatta di peccatori: non dobbiamo temere la verità. Ma quando, ingiustamente e in modo scorretto, s’infamano persone ben individuabili, che non saranno mai pienamente riscattate dai mezzi mediatici, il dovere di un pastore è di far sentire con forza la sua voce e difendere la buona fama dei colpiti. Il beato Giovanni XXIII, prossimo santo, richiamava le parole di sant’Agostino: «Uccidete l’errore, amate gli erranti». È grave errore diffondere voci di menzogna su persone, amplificandole nell’opinione pubblica.
Tutto concorre al bene per coloro che amano. L’acqua lavi le persone da ogni fango. E non ci deve spaventare l’aggressione, specie quando fosse mirata a denigrare una presenza che è chiamata ad essere simile a quella di Gesù, martoriato sulla croce per portare a tutti salvezza.
Con affetto penso in particolare a chi soffre ed è debole, all’infanzia e agli anziani: a tutti assicuro il ricordo nella preghiera perché l’acqua, dal cuore del Crocifisso Risorto, zampilli fino alla vita e alla felicità che dura sempre.
Buona Pasqua!
+ Giuseppe Andrich

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