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Sanità, stabile il differenziale montagna

Anche se il nuovo Patto per la salute porterà al Veneto un po’ più di risorse (si stimano circa 240 milioni, tuttavia manca ancora l’intesa sul riparto) la sanità di montagna deve adeguarsi a quanto già assegnatole in via provvisoria («L’Amico del Popolo» n. 12). È questo il criterio seguito dalla Giunta regionale nella delibera di revisione degli stanziamenti 2014 alle Aziende sanitarie venete. Senza contare che, come sempre, a delimitare il tetto di spesa è un’altra delibera, quella che fissa i «limiti di costo» per le principali attività, provvedimento e obiettivi su cui i direttori generali misurano i risultati del proprio mandato.
Ciò detto, la nuova delibera – oltre che dettagliare meglio le linee di finanziamento (nel complesso il fondo sanitario regionale ripartisce alle Ulss 8 miliardi, di cui 70 milioni per investimenti) – introduce alcune novità. Innanzitutto lo sviluppo delle cure primarie attraverso le medicine di gruppo da parte dei medici di famiglia con complessivi 8,5 milioni. E poi l’indicazione che «eventuali ulteriori risorse per il 2014» saranno destinate alle Ulss che presentano «i maggiori disavanzi» e solo in subordine ai «piani di investimento».
In effetti è questo degli investimenti edilizi e tecnologici uno degli aspetti meno incoraggianti della delibera di riparto: a disposizione, come si diceva, 70 milioni (i 50 milioni per il nuovo Polo della salute di Padova sono a sé stanti) e con questa cifra, aziende ospedaliere di Padova e Verona a parte, non si possono fare i salti mortali. L’abito infatti si presenta oltremodo stretto.
Su un budget di 237,8 milioni l’Ulss 1 di Belluno per gli investimenti ne porta a casa 2,5; l’Ulss 2 di Feltre, il cui budget ammonta a 146,5 milioni, se ne vede attribuire 1,4. Nel riparto pro–capite il cosiddetto "differenziale montagna" resta stabile (più 14,7 per cento l’Ulss 1 e più 7,4 per cento l’Ulss 2 rispetto alla media veneta) perché sono confermati i dati del triennio 2013–2015 imperniati sulla popolazione pesata per classi di età. In termini prospettici, cioè di fine esercizio, con le somme ricevute l’Ulss 2, guidata da Adriano Rasi Caldogno, dovrebbe chiudere in pareggio, mentre l’Ulss 1 deve fare i conti con un disavanzo strutturale. Sulla carta l’Azienda di via Feltre può sforare fino a 11,5 milioni, ma l’esperienza del 2013 insegna che, al direttore generale Pietro Paolo Faronato, la Regione chiederà di stringere la cinghia e di scendere ben sotto il livello formalmente autorizzato, dopo che l’anno scorso il deficit d’esercizio («L’Amico del Popolo» n. 22) si è fermato a 9,2 milioni.
Piccolo giallo infine sul fondo per la non autosufficienza: vengono ripartiti 693 milioni sui 721 previsti a bilancio. Perché?
M.B.

Leggi la "spalla" della settimana scorsa.

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