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Meritava una laurea

di Luigi Del Favero

È il giorno dedicato alla memoria del popolarissimo sant’Antonio del deserto. Ma non c’è nessuna possibilità di recarsi a misurare quanto il sole si è alzato, raggiungendo borgate che non l’avevano visto nei mesi più duri dell’inverno. In montagna nevica, qui piove e per me non c’è di meglio che dedicarmi alla lettura.
Cerco di conoscere meglio colui che viene chiamato il ’padre di tutti i monaci’, l’abate Antonio, vissuto tanti secoli fa in Egitto.
Credevo di sapere tutto di lui, avendo letto la ’Vita’ scritta dal vescovo Atanasio, che l’ha reso celebre. Invece ci sono anche le sue lettere, scritte a discepoli che egli ha istruito durante la sua lunga esistenza. Filologi, storici e critici le hanno studiate accuratamente, arrivando alla conclusione che sono autentiche: le ha scritte proprio lui.
Ad un certo punto mi sono detto: «Ma quest’uomo meriterebbe una laurea honoris causa». Oggi gli darebbero almeno una laurea in psicologia, riconoscendo quanto questo padre spirituale sia sceso in profondità nella conoscenza dell’animo umano e come sia stato capace di individuare cammini di guarigione e di liberazione.
Mi ha molto incuriosito quanto insegna sul demonio e sul male. Da sempre, tale argomento ha interessato predicatori, scrittori e pittori che hanno rappresentato Antonio in perenne lotta con i demoni. Poiché non si possono rappresentare gli spiriti, hanno materializzato le tentazioni e per mostrare quelle di lussuria hanno dipinto figure lascive: così è nata la caricatura di Antonio in perenne fuga dal mondo, ossessionato dal pensiero del sesso. Ma si tratta appunto di una caricatura.
Antonio è preciso: «Se tu rifletti, il peccato e l’iniquità dei demoni non ti appariranno materialmente; essi stessi non sono visibili materialmente. Ricordatelo bene: siamo noi a servire loro da corpo... Chi dunque ha mai veduto il diavolo farci guerra, impedirci di operare il bene, assalirci, stare corporalmente qua o là in modo che noi ne abbiamo paura e fuggiamo davanti a lui? In realtà essi rimangono nascosti e siamo noi a manifestarli con i nostri atti». (Lettera IV).
Antonio crede certamente al male e al demonio; ma, secondo lui, è solo peccando che l’uomo si assoggetta al potere del diavolo. L’uomo è sempre libero! Il demonio che rimane una creatura, ed è infinitamente inferiore al Creatore, agisce su di noi adattando i suoi trucchi ai pensieri che trova in noi. Se gli mettiamo a disposizione orgoglio, avidità spirito di vendetta, impurità, propositi di divisione gli diamo la materia per aumentare in noi l’attrattiva e la forza del male. Ma tra tutti, esiste una condizione umana prediletta dal demonio: la tristezza. Quando ci trova immersi nella tristezza – quella cattiva s’intende, ospitata volontariamente nell’animo, quella dal sapore dolciastro, masticata a lungo – allora può agire con forza spingendoci all’agitazione, al turbamento, allo scoraggiamento, alla paura. Il miglior repellente per il demonio è dunque la gioia, l’animo lieto, l’allegria che viene dalla fiducia in Dio. Quando trova queste disposizioni «i demoni nulla possono e fuggono via vergognosamente».
Citerei queste parole nella motivazione della laurea in psicologia honoris causa da attribuire a sant’Antonio del deserto. Poi mi resterebbe il compito di cercare un esempio convincente della gioia, anzi dell’allegria, che scaccia i demoni. Non è difficile poiché oggi alterno la lettura con l’attenzione a quanto sta accadendo nelle Filippine.
Alla televisione mostrano papa Francesco sotto la pioggia, avvolto in un impermeabile giallo ’usa e getta’, lo stesso che indossano migliaia e migliaia di persone giunte alla sua Messa e che lui porta con naturalezza, tirandolo da tutte le parti. Parla in spagnolo e i commentatori ripetono che parla con il cuore. A me pare che parli anche con gli occhi, con le mani e con la faccia che esprimono tutti i sentimenti: dolore, commozione, indignazione per la corruzione, anche rimprovero, lasciandone tuttavia emergere uno sopra tutti gli altri. È la gioia dell’incontro, la gioia di trovarsi nel posto giusto, la felicità che lo illumina quando può benedire i poveri, abbracciare i bambini, guardare lontano con lo sguardo dei giovani e soprattutto parlare di Gesù, indicandolo con energia, crocifisso o bambino.
«Evangelii Gaudium»: la gioia del Vangelo è il suo programma, la parola d’ordine che sta diffondendo per tutta la Chiesa. Noi resistiamo! Vediamo i problemi, abbiamo i numeri contro, ci sentiamo assediati, discutiamo su tutto, anche sul famoso "pugno" di papa Francesco, che è così semplice da capire! Dovremmo ricordarci che la tristezza è un appiglio straordinario offerto al maligno. Lo assicura il neo–dottore Antonio del deserto.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

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