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Formula evanescente per la specificità montana

Dopo oltre mille votazioni dall’8 gennaio, da quando è approdata a Montecitorio, e una contrastata seduta–fiume con una coda di polemiche, la Camera dei deputati nella notte tra venerdì 13 e sabato 14 febbraio ha concluso l’esame dei 41 articoli della riforma costituzionale. Il voto finale sul provvedimento è previsto per gli inizi di marzo.
Nessuna novità, neanche alla Camera, rispetto alla evanescente formula adottata nella prima lettura al Senato che vorrebbe salvaguardare la specificità montana nel nuovo assetto dei poteri di «area vasta» («L’Amico del Popolo» n. 50/2014). Il comma 4 dell’articolo 39 non è stato infatti emendato e pertanto suona così: «Per gli enti di area vasta, tenuto conto anche delle aree montane, fatti salvi i profili ordinamentali generali relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato, le ulteriori disposizioni in materia sono adottate con legge regionale».
Con la riforma, finisce il bicameralismo perfetto con il potere legislativo – e quello di dare o negare la fiducia al Governo – che si sposta alla Camera. I nuovi senatori saranno cento, invece dei 315 attuali, e saranno eletti in modo indiretto, non dai cittadini, bensì dai consigli regionali. È uno dei punti controversi, che però Renzi ha blindato. I senatori saranno perciò consiglieri regionali e sindaci; 5 saranno nominati dal presidente della Repubblica e dureranno in carica 7 anni. Resta l’immunità parlamentare.
In 41 articoli è riscritta una parte dell’architettura istituzionale e si mette fine all’andirivieni delle leggi tra le due Camere. I senatori conserveranno la funzione legislativa solo per alcune materie. Abolite le Province e il Cnel. Introdotto il referendum proposito e una corsia d’urgenza per i disegni di legge del governo, ma con alcuni "paletti". Piena salvaguardia infine per le Regioni a statuto speciale e notevole compressione delle prerogative di quelle a statuto ordinario con un orientamento statocentrico ancor più netto di quello anteriore alla riforma del titolo V del 2001 (anche questi aspetti sui quali è auspicabile un ripensamento).
Una volta ricevuto il via libera della Camera, il disegno di legge tornerà al Senato. Una riforma costituzionale deve essere approvata da ciascun ramo del Parlamento con due successive deliberazioni adottate, a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra, sullo stesso identico testo. Quindi la strada da percorrere è ancora lunga.

Leggi il "taglio basso" della settimana scorsa.

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