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Posta a giorni alterni, Bellunese penalizzato

Poste Italiane ha previsto che da ottobre parta la prima sperimentazione della distribuzione postale a giorni alterni (il recapito verrà effettuato una settimana il lunedì, il mercoledì e il venerdì e la settimana successiva il martedì e il giovedì). Per attuarla ha scelto sul territorio nazionale 256 Comuni, tutti del Nord Italia (57 in Friuli, 59 in Veneto, 50 in Lombardia e 90 in Piemonte) e di questi ben 40 sono bellunesi (la nostra provincia è quella che ne conta di più).
Perché iniziare solo dal Nord d’Italia e, soprattutto, perché coinvolgere da subito così tanti Comuni bellunesi? Comuni che già sono penalizzati dal fatto di essere collocati in un territorio difficile, che rispetto a tante altre zone hanno una diffusione limitata di internet e di tutti i sistemi che oggi possono sostituire la posta tradizionale, che hanno un numero elevato di anziani che certamente non usano la posta elettronica e non si servono di internet.
Se il Bellunese era già penalizzato prima, ora lo diventa ancora di più. Visto che la distribuzione a giorni alterni verrà estesa nel corso del 2016 e del 2017 anche a tanti altri territori (dovrebbero essere i Comuni con meno di 30mila residenti o quelli con meno di 200 abitanti per chilometro quadrato), perché non cominciare da località meno "provate" rispetto a quelle della montagna?
La distribuzione della posta a giorni alterni solo nelle zone meno abitate del Paese introduce una diversità di trattamento tra territori che assume i connotati della discriminazione perché ad alcuni si garantisce un trattamento che ad altri invece si nega. Se è necessario riorganizzare la distribuzione postale sarebbe giusto farlo ispirandosi anche a criteri che consentano di equilibrare la situazione dei vari territori e non di accentuarne le diversità nel senso che quelli che già sono in difficoltà vengono ulteriormente penalizzati.
Ma, ancora prima, c’è da domandarsi se questa nuova impostazione della distribuzione postale, che mira a risparmiare quanto più possibile, sia davvero necessaria. Poste Italiane è una società che si sta quotando in borsa e che, ai possibili investitori, sta presentando risultati di gestione con utili di centinaia di milioni. L’unico settore in perdita è quello della distribuzione postale. Ma è giusto che questa perdita la assorbano i cittadini dei centri più piccoli e periferici del Paese per consentire a Poste di incrementare guadagni già molto consistenti? La risposta è evidente ed è un «no» chiaro e tondo.

Leggi la "spalla" della settimana scorsa.

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