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L’odore del fieno

di Luigi Del Favero

«Il fieno canta!». Espressione incomprensibile per chi non ha mai conosciuto la fienagione tradizionale; per chi invece l’ha praticata per anni, si trattava di un segnale che ci obbligava ad alzarci dal pigro riposo all’ombra di un albero per dedicarci al lavoro di raccolta del fieno secco al punto giusto. Allora il fieno "cantava" con quel caratteristico suono che riporta alla mente il caldo, il sudore, la polvere che non mancava mai ed insieme la soddisfazione per la buona riuscita della raccolta del giorno. Quando "cantava", il fieno era più leggero da portare, più facile da sistemare nel fienile e più promettente per una buona conservazione nei mesi invernali: non ci sarebbe stata la temibile muffa. A quel punto il fieno non solo "cantava" ma possedeva un caratteristico odore dal quale ancora oggi sarei capace di riconoscere le varie qualità del foraggio. Si dovrebbe quindi parlare al plurale di odori, andando da quello derivato dall’erba abbondante dei prati ingrassati del piano, a quello che emanava il fieno di montagna. E quando si arrivava in alta montagna non si poteva più parlare di odore ma di profumo. L’erba bassa e rada dei prati alti possiede un profumo nel quale sono nascosti i messaggi di tanti fiori – l’arnica possedeva quello più forte – ma anche dei cardi alpini, dell’anice e della salvia selvatici e di quell’erba sottile che aveva resistito tenacemente alla falce, obbligando a ripetute affilature. Qualcuno la chiamava ’pelo di topo’, ma non era nome scientifico e neppure riconosciuto da tutti.
Il fieno ha anche la capacità di emettere un odore nauseante, veramente cattivo e capace di creare disgusto. Succede quando è marcio a causa della troppa pioggia. L’ho risentito in questi giorni di una stagione così strana da nascondere il sole per settimane intere e rovesciare acquazzoni più volte al giorno. Il contadino non ha atteso ed ha tagliato l’erba, lasciandola sul terreno appunto a marcire. A quell’odore sgradevole è associata la memoria di una perdita, di fatiche inutili e di pratiche che oggi sappiamo anti ecologiche: un tempo quel fieno irrecuperabile, una volta asciugato, veniva dato alle fiamme. Anche il fumo era assai sgradevole e capitava di litigare con chi se ne trovava con la casa invasa.
Questa volta però quando mi sono fermato ai margini di un prato ed ho ritrovato quell’odore, il mio pensiero è fuggito altrove, in modo imprevedibile. Vi ho trovato una similitudine con l’ondata di odio che si sta riversando nel nostro linguaggio, lasciando il penoso sospetto che abbia invaso anche cervello e animo di tanti di noi. Spinto da politici populisti, raccolto e amplificato da media irresponsabili e avidi, invade il sottobosco del web e domina la conversazione dell’Occidente. Nei comizi elettorali, nei salotti televisivi, negli scritti che circolano su internet vengono dette e scritte cose e parole che fino a qualche tempo fa ci si vergognava di pensare. Poi capita che qualcuno le raccolga, armi la propria mano e prema il grilletto di un fucile uccidendo. In quel caso ci si assolve dicendo che si è trattato di "follia". Ma l’obiettivo è stato messo a fuoco con insistenza: può essere l’avversario politico, il tifoso della squadra avversaria, l’immigrato, l’omosessuale, colui che ha una religione diversa. In molti casi si tratta di quanti sono ritenuti colpevoli dei mali che tormentano la società. Lavorando il terreno della paura – in questi anni ne abbiamo tante di paure – si coltiva la rabbia irriducibile e si arriva all’incitamento alla violenza. Lo strumento di lavoro più usato è la bugia di cui nessuno è chiamato a rendere conto anche se la scrive sui giornali.
Dispiace molto e addolora constatare che questo metodo sta entrando anche nella Chiesa. Qui l’obiettivo è diventato uno solo: papa Francesco. Proprio lui, il grande regalo di Dio al nostro tempo! C’è chi giura di sapere che è iscritto alla massoneria, che è nascostamente protestante, che vuole distruggere la Chiesa, che tante ’rivelazioni’, dai segreti di Fatima in giù, ne avevano annunciato la venuta. Ma i predecessori che ben conoscevano il contenuto delle rivelazioni le hanno tenute nascoste per paura, probabilmente suggerita dal demonio. Oggi però tutto sarebbe finalmente chiaro: è lui il colpevole del declino della fede cattolica. Il passo successivo è intuibile: sperare che si dimetta presto, che qualcuno intervenga o che intervengano dall’Alto. Cioè che muoia prima di compiere la sua opera distruttrice della verità cattolica.
Chi ha compiti educativi deve vigilare per chiudere le porte ad ogni diffusione dell’odio. Riguarda il mondo della politica come quello dello sport, l’ambito della religione e quello della comunicazione. Ognuno di noi ha bisogno di fare pulizia e di sorvegliare il proprio cuore e il proprio linguaggio per non permettere all’odio di germogliare e di crescere. Il rimedio più efficace è la vicinanza perché quando conosco da vicino il diverso, colui del quale avevo paura o che consideravo un nemico, di solito cambia tutto e mi accorgo di essermi sbagliato. Nell’immediato occorre anche chiudere il finestrino dell’auto perché non entri il cattivo odore del fieno marcio o correre a sbarrare le finestre perché il fumo provocato da chi ha avuto la cattiva idea di bruciarlo non invada la casa.

Leggi "Don Luigi Del Favero" della settimana scorsa.

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