Un lucroso giro di spaccio che avveniva a cielo aperto lungo il parco di Lambioi, dove sistematicamente i clienti, anche giovanissimi, sia di mattina che di pomeriggio, arrivavano per rifornirsi di stupefacenti. L’indagine della Squadra Mobile di Belluno, coordinata dalla Procura, era iniziata lo scorso gennaio a seguito della segnalazione e ha permesso di smantellare quella che, a pochi passi dal centro storico di Belluno, era di fatto diventata una vera e propria piazza di spaccio. I dettagli della complessa e impegnativa operazione antidroga sono stati illustrati nella mattinata di oggi, mercoledì 17 aprile, in Questura a Belluno.
“Il posto magico”: questo il nome dell’operazione. L’indagine è stata diretta dal sostituto procuratore Marco Faion, che ha richiesto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip (Giudice per le indagini preliminari) Elisabetta Scolozzi, ed eseguita dai poliziotti della Squadra Mobile e della Questura con il supporto dell’unità cinofila e del Reparto prevenzione crimine di Padova. «I tre spacciatori sono stati rintracciati in alcune strutture di accoglienza. Si tratta di persone – due cittadini senegalesi e uno gambiano – con permesso di soggiorno, ottenuto dopo essere entrati nel programma per la richiesta d’asilo», hanno spiegato Faion e Scolozzi. «Precisiamo che l’indagine, diretta dal funzionario Vincenzo Zonno, ha riguardato posizioni di carattere individuale. Questo significa che sono coinvolti i centri di accoglienza, su cui, tra l’altro, vi è un controllo costante, in sinergia con la Prefettura».

Gli arrestati, insediatisi a Belluno da alcuni anni, avevano messo in piedi un giro di spaccio che avveniva a Lambioi. L’indagine, cominciata a gennaio 2019 e coordinata dal Servizio centrale operativo, inizialmente sviluppava alcune notizie in merito a dei pusher attivi vicino al Duomo di Belluno. Si è poi scoperto che la piazza di spaccio era collocata a Lambioi. La Polizia scientifica, in questi mesi, ha videofilmato gli spacciatori e le cessioni. «Nel corso delle operazioni, con l’ausilio del Reparto prevenzione crimine e dell’unità cinofila di Padova, sono stati rinvenuti e sequestrati due etti e mezzo di hashish, quasi un etto di marijuana e somme di denaro in contanti», hanno precisato in Questura, «ma venivano spacciate anche cocaina ed eroina».
Elevato il numero di clienti: una cinquantina, tra cui parecchi minorenni (circa il 20-30% sul totale). Clienti videoripresi e identificati, anche grazie al sistema “Sari”, per il riconoscimento facciale. «Un’attività dura, condotta a ritmo serrato», hanno aggiunto, «che ha portato all’arresto di H.C., senegalese del 1990, incensurato, che di fatto aveva assunto il ruolo di “capo”; K.A., classe 1997, gambiano; F.L., nato in Senegal nel 1984, senza fissa dimora. Per tutti e tre si provvederà alla revoca del programma di protezione per richiedenti asilo. C’è poi un quarto soggetto, indagato».
«Siamo intervenuti in tempo, la situazione rischiava di diventare emergenziale», ha evidenziato Faion, «in quanto di stava creando una piazza di spaccio, per la prima volta alle porte di Belluno». La Polizia scientifica si era appostata a Lambioi, tra gli arbusti, da tre mesi. Nel boschetto i pusher avevano messo in piedi anche una “vedetta” per indirizzare gli acquirenti. Gli spacciatori si rifornivano principalmente tra Padova e Mestre. Di fatto, un “giro” di questo tipo non era mai stato documentato nel capoluogo.

Il numero di clienti era in espansione e la lucrosa attività è stata fermata in tempo. Effettuate anche varie perquisizioni che hanno permesso di rinvenire, insieme agli stupefacenti di vario tipo, somme di denaro proventi di spaccio e i telefonini utilizzati: due a testa per ogni pusher. Uno degli spacciatori era anche in possesso di un telefono di ultima generazione, del valore di circa 800 euro. Nel corso dell’indagine, che ha richiesto in tempi ristretti una mole di attività sia di tipo tecnico che tradizionale, sono state riscontrate centinaia di cessioni di tutti i tipi di droga, con sequestri a carico dei clienti. Dalle intercettazioni telefoniche si evince che i pusher invitavano i clienti a raggiungere “il posto magico”, poi la droga veniva consegnata in loco e, a volte, consumata sul posto, lontano da occhi indiscreti. Durante le comunicazioni gli arrestati parlavano di «neve, ha nevicato, bianca o scura, in quanti siete, fai due, fai tre, avanzane tre per me», per indicare la tipologia di droga e la quantità. I pusher erano presenti a Lambioi tutti i giorni, alle 8 di mattina alle 19 di sera. Le operazioni di arresto, come spiegato in Questura, non sono state semplici: H.C., ospitato in una struttura di Belluno, si era barricato in bagno. Complicato anche l’arresto eseguito a Sedico, dove risiedeva un altro dei tre pusher, trovato in possesso di due etti di hashish.
Per l’operazione “Il posto magico” è scesa in campo una quarantina di agenti. Il questore Lucio Aprile ha espresso soddisfazione per l’importante risultato, frutto della sinergia tra istituzioni. «Abbiamo messo fine in tempi brevi a una gravissima attività illecita ai danni anche di minorenni, un vero e proprio supermercato della droga a cielo aperto», ha detto.
Immediata la reazione del presidente del Veneto Luca Zaia. «Avanti con la pulizia nelle nostre città, dove non vogliamo ci sia più spazio per mercanti di morte e delinquenti», ha scritto in una nota stampa. «Ringrazio, anche a nome di tutte le persone per bene, la Squadra Mobile di Belluno per la brillante operazione che ha portato all’arresto di un gruppo di spacciatori stranieri che ora ci auguriamo solo vengano rispediti al loro paese in fretta». «Ecco cosa produce una immigrazione irregolare, grazie al buonismo peloso dei governi che ci hanno preceduto», aggiunge «Ancora una volta ripeto che il Veneto non è una terra di conquista per chi pensa di venire qui a violare la legge e vivere di reati. Questo gruppo di malviventi, inoltre, appare ancora più detestabile perché dietro alla facciata di necessità umanitaria mascherava un mercato mortale per i nostri ragazzi in un parco che è un’oasi frequentata da giovani, famiglie, mamme con bambini.nNon è più possibile tollerare situazioni del genere.Forse c’è qualcuno che ancora è incline a giustificazioni in nome di una malintesa attenzione umanitaria. Io insisto nella pretesa che gli spazi delle nostre città devono tornare a disposizione delle persone per bene e basta».
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