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venerdì 13 Giugno 2025,

Futuro del Nevegàl, l’Alpe: «Non ha senso creare una nuova società e c’è il piano industriale presentato ad agosto 2018»

Curti e Casagrande hanno evidenziato che il loro business plan «non è mai stato attentamente valutato dai soggetti interessati e le proposte indicate non hanno trovato risposta».

«Sarebbe assurdo creare una nuova società quando ce n’è già una, l’Alpe, che ha in piedi concessioni, è proprietaria di impianti e mezzi, non ha debiti con fornitori o banche. Nell’agosto 2018 avevamo anche presentato un piano industriale, che purtroppo non è mai stato attentamente valutato dai soggetti interessati e le proposte indicate non hanno trovato risposta». C’è preoccupazione, perplessità e amarezza nelle parole di Maurizio Curti e Piero Casagrande, rispettivamente presidente e direttore dell’Alpe del Nevegàl. Il 6 giugno scorso, durante la conferenza a Palazzo Rosso, il sindaco Jacopo Massaro, insieme ad assessori e maggioranza, ha annunciato la volontà di mettere 500 mila euro per la costituzione di una nuova società che gestisca gli impianti, purché sviluppi un business plan, ossia un piano industriale, che dia la certezza di andare in pareggio nei prossimi anni.

«Un business plan lo abbiamo anche noi ed è stato presentato al Comune ad agosto 2018», hanno ribadito oggi, giovedì 20 giugno, Curti e Casagrande. «Nel nostro piano erano indicati gli investimenti necessari per garantire l’apertura degli impianti nei prossimi anni – si parla di un milione e 300-400 mila euro in un triennio – e una road map che definiva i tempi per attuare le soluzioni necessarie. Nel documento erano contenute anche le propsote per assicurare gli introiti non caratteristici (quelli non derivanti dalla gestione degli impianti), che consentissero ragionevolmente di raggiungere il pareggio economico, anche in stagioni non buone dal punto di vista climatico. Peccato che questo piano sia stato praticamente ignorato».

Curti e Casagrande, parlando anche a nome di tutto il cda dell’Alpe, si dicono perplessi sulle dichiarazioni fatte dal sindaco. «Il Comune mette i soldi a patto che non ci sia l’Alpe», commentano. «Non capiamo il motivo di questa affermazione. Oggi siamo una società sana, che non ha debiti con fornitori e banche. Società con cui il pubblico potrebbe entrare per salvare il Colle. Ora, vogliamo pensare che Massaro, se ha fatto queste dichiarazioni, abbia le idee più chiare rispetto a noi. Ma al momento non sappiamo alcunché su una possibile nuova società e sarebbe utile poter parlare assieme, anziché venire a sapere le cose dalla stampa. Dopo la conferenza congiunta del 30 maggio scorso siamo ancora in attesa di poter incontrare direttamente il sindaco».

«Noi diciamo di tenere in piedi l’Alpe e, se il problema siamo noi, ci facciamo fa parte», ha aggiunto Curti. «Abbiamo appreso, sempre dalla stampa, che il sindaco e il consigliere Ida Bortoluzzi hanno parlato della possibilità che l’Alpe ceda in comodato gratuito gli impianti a una società subentrante, che si impegni a garantire il funzionamento per i successivi due anni. Noi siamo disponibili a tutto e non sarà l’aspetto economico a bloccare l’intesa tra soggetti, ma il comodato non è l’ipotesi adatta. Noi vogliamo soluzioni definitive e questo sarebbe solo una “toppa” provvisoria».

Massaro aveva messo sul tavolo anche un’altra questione, sostenendo che anche se l’Alpe ampliasse la propria base societaria, facendo entrare altri imprenditori e risorse, il Comune per legge non potrebbe fare ingresso, in quanto si tratterebbe comunque di una società per cui è stato necessario un ripiano delle perdite e la Corte dei Conti bloccherebbe l’operazione. «Non è esattamente così», ha commentato Casagrande, «in quanto i vincoli imposti dalla legge “Madia” diventano attivi nel momento in cui il pubblico entra in una società privata e per il Comune non ci sarebbero allo stato attuale impedimenti: è vero che nelle stagioni 2015 e 2017 le perdite dell’Alpe sono state ripianate dai soci, ma nel 2017 abbiamo registrato un leggero utile

Sulle prospettive future, Curti ha parlato anche del contatto tra Regione del Veneto e alcuni imprenditori della parte alta della provincia: «La questione è seguita a livello locale dal consigliere regionale Franco Gidoni, con cui siamo in contatto. Al momento stanno individuando un planning dei costi – che contemplerebbe, in più fasi, investimenti da 5 a 20 milioni – ma si saprà qualcosa non prima di 20-30 giorni». «Allo stato attuale non vediamo alcuna alternativa concreta alla road map presentata dall’Alpe nell’agosto 2018», ha detto ancora, «e, considerato che per sostituire lo skilift delle Erte sono necessari almeno sei mesi di tempo, è chiaro che la stagione 2019/2020 è ad altissimo rischio».

In generale, il clima è quello dell’attesa: il Comune capoluogo attende di essere convocato dalla Regione e l’Alpe aspetta che il sindaco si “faccia vivo”. «Quello che potevamo fare in questi 7 anni lo abbiamo fatto», hanno messo in risalto Curti e Casagrande. «Grazie all’aiuto di Regione, Comune, operatori e numerosi cittadini l’Alpe è riuscita ad assicurare l’apertura degli impianti sia per la stagione invernale 2018/2019 che per l’estiva 2019. La volontà imprenditoriale c’è, ma ora la questione deve essere presa in mano dalla politica. Per quanto riguarda la marcia in programma sabato in centro a Belluno, crediamo che la partecipazione dell’Alpe sarebbe imbarazzante, visto che l’iniziativa è stata organizzata in conseguenza a una nostra decisione, ossia di chiudere e non tenere più aperti gli impianti dal prossimo inverno. Ci rendiamo conto che tanti provano attaccamento nei confronti del Nevegal, non abbiamo alcunché contro le manifestazioni e siamo contenti che anche le associazioni di categoria abbiano deciso di partecipare. Però manca lucidità nel gestire le situazioni in modo strutturato e con un “piglio” aziendale”».

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