Ad essere a rischio è la sicurezza del territorio. E non solo. Per la provincia di Belluno significherebbe perdere ancora una volta dei presìdi fondamentali. Sull’esternalizzazione della guardiania delle dighe e la chiusura del posto di teleconduzione di Polpet i sindacati non calano l’attenzione e nel pomeriggio di oggi, lunedì 7 ottobre, hanno organizzato un presidio davanti alla Prefettura di Belluno. Il segretario generale aggiunto della Cisl Belluno Treviso, Rudy Roffarè, e il segretario generale della Cgil di Belluno, Mauro De Carli, avevano scritto nei giorni scorsi al Prefetto per illustrargli preoccupazioni e perplessità e chiedergli di ricevere una delegazione di cittadini in occasione del presidio di oggi, a cui ha preso parte anche la Uil. A Francesco Esposito è stato consegnato il documento che porta la firma non solo delle parti sociali, ma anche delle istituzioni e della politica bellunese.
«Stiamo seguendo la tematica da circa un anno», ha fatto presente Roffarè, «da quando Enel e le società che derivano dalla ripartizione operativa del gruppo hanno fatto sapere di aver avviato dei processi riorganizzati sul territorio nazionale, alcuni dei quali agiscono sul governo e sulla sicurezza delle strutture site in provincia di Belluno e nell’intero Veneto». I sindacati avevano incontrato il prefetto già nel mese di giugno. A luglio aveva fatto seguito una riunione con i rappresentanti bellunesi in Regione e a Roma. Il documento consegnato oggi a Esposito è stato sottoscritto anche da tutti i parlamentari bellunesi, dall’assessore regionale Gianpaolo Bottacin e dal consigliere Franco Gidoni, dal presidente della Provincia di Belluno Roberto Padrin.

«Chiediamo ad Enel una maggiore attenzione riguardo alla fragilità del nostro territorio, il mantenimento dei livelli di garanzia in tema di sicurezza e delle strutture indispensabili per la tenuta delle attività», sottolineano le tre sigle sindacali. «La salvaguardia delle strutture e delle infrastrutture e l’attenta valutazione della delicatezza idrogeologica del territorio bellunese sono due elementi imprescindibili per la garanzia della sopravvivenza in sicurezza delle filiere produttive presenti». Al Prefetto è stato chiesto «un interessamento presso la nuova compagine governativa, affinché il Governo comprenda la determinazione con cui viene chiesta all’Enel e alle sue società collegate una inversione di piano strategico. Belluno ha già pagato troppo per lo sfruttamento idrico del territorio».

A essere contestata, come si diceva, è l’ormai certa esternalizzazione del servizio di guardiania di alcune dighe. Già terziarizzate sono quelle della Val Gallina nel comune di Soverzene (che alimenta la centrale) e di val Canzoi, a Cesiomaggiore, che fa funzionare la centrale di La Guarda. Ora sono interessate quelle di Fedaia, che insiste nel territorio trentino ma genera energia nella centrale di Malga Ciapela; la diga di Senaiga, a Lamon, che alimenta la centrale di Arsiè; quella di Bastia, in Alpago, che serve l’impianto di Fadalto. «Enel dichiara che si tratterebbe di dighe considerate “sicure”», commenta De Carli. «Dobbiamo però considerare che, posto che l’elemento sicurezza non può essere garantito, i fatti di fine ottobre, ossia l’uragano “Vaia’’, dovrebbero insegnare parecchio sui rischi che eventi potenti comportano su controllo e gestione degli invasi e nei deflussi dei bacini artificiali».
Facendo riferimento a “Vaia”, De Carli e Roffarè hanno ricordato che, come anche riconosciuto alla Prefettura di Belluno e dall’assessore regionale Bottacin, conseguenze ancora più pesanti si sono potute evitare grazie a personale Enel di grande esperienza, che ha permesso la gestione di manovre correttive, mantenendo una presenza continuativa sugli invasi per più di 24/48, poiché non era possibile la sostituzione, anche a causa dell’interruzione dei collegamenti viari. «Un domani, in presenza di personale in appalto con scarse o nulle competenza, impossibilitato a gestire le dighe in situazioni di isolamento viario, si potrà ancora garantire la sicurezza del territorio?», si chiedono allarmati i sindacati. «Non può bastare essere in linea con le disposizioni Enel, servirà che il personale addetto alle manovre sia realmente sul posto, che abbia la sicurezza operativa acquistata con il lavoro».
La chiusura del punto di teleconduzione di Polpet rappresenterebbe anch’esso una grave perdita per il territorio. «Da Polpet si gestiscono circa 147 impianti tra dighe e centrali, sparsi in provincia di Belluno, ma anche in tutto il Triveneto, parte della Lombardia, Emilia Romagna, parte della Toscana», ha messo in risalto Rino Dal Ben, segretario dei Pensionati Cisl. «Vi opera una ventina di persone tra turnisti e impiegati, è fornito di alta tecnologia e garantisce efficienza. Un punto strategico per l’intero Nord Est. Affidarsi alla tecnologia per gestire da remoto una rete intricata di elementi sarebbe alquanto pericoloso».
«Enel ha manifestato l’intenzione di chiudere Polpet e lasciare aperti due punti di teleconduzione a Nord Ovest», ha detto ancora Roffarè. «Sarebbe gravissimo. La decisione più sensata sarebbe quella di tenere aperto un centro anche a Nord Est. Il nostro non è un ragionamento egocentrico, ma nei fatti il punto di Polpet svolge un ruolo fondamentale». E i sindacati non si impuntano sui posti di lavoro (chi è impiegato nelle dighe e a Polpet verrebbe reinserito), ma sulla necessità di garantire la sicurezza del territorio. «A seguito della nostra presa di posizione altre Regioni hanno ripreso le nostre istanze», ha fatto presente Giampiero Marra, esponente della Filctem Cgil. «Un controllo a distanza di migliaia di chilometri è sbagliato e pericoloso», ha fatto eco Virginio Celin, della Uiltec Uil, «perché porterebbe a una mancanza di coordinamento, soprattutto nei casi di alluvioni eccezionali, e di monitoraggio fisico da parte di personale altamente qualificato, in grado di intervenire velocemente e con grandi competenze nei casi di emergenza». Non è potuto mancare un riferimento al disastro del Vajont. «Con quel che accadde nel 1963 il territorio bellunese ha dato a sufficienza e l’Enel ha un debito nei confronti della nostra provincia», ha detto ancora Roffarè.
«L’incontro è stato positivo, siamo riusciti a definire una linea comune. Ringraziamo il prefetto per l’impegno profuso in queste settimane», ha sottolinea Roffarè al termine della riunione. «Chiaramente siamo in attesa di avere da Enel delle risposte più certe. Noi riteniamo assolutamente importante questa battaglia, anche per una questione di principio. Il nostro territorio non può sempre perdere servizi, tanto più che non ci troviamo di fronte a problemi di bilancio e di marginalità, ma siamo davanti a opportunità».
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1 commento
Fabio
2 persone per 10 ore al mese ciascuno nel sito di Bastia,negare la possibilità di un minimo di reddito per il sostentamento famigliare,è egoismo classista questo!auguro a tutti gli attori “politici e sindacali” un sereno Natale.