Prosegue anche nel terzo trimestre 2019 la decelerazione del sistema manifatturiero nelle due province di Treviso e Belluno, in un quadro tuttavia che può definirsi di sostanziale tenuta. Al netto, infatti, delle consuete flessioni congiunturali (rispetto al trimestre precedente) determinate dalla pausa estiva, va evidenziato che, ad eccezione del fatturato estero, tutti gli altri indicatori si mantengono in territorio positivo, pur prossimi alla stazionarietà.
La variazione tendenziale su base annua della produzione si assesta al +1,0% per la provincia di Treviso, con un’ulteriore, lieve, decelerazione rispetto a quanto rilevato a giugno (+1,2%). Analoga dinamica si registra per la provincia di Belluno, dove il tasso di crescita della produzione su base annua entra, di poco, in territorio negativo (passa dal +0,8% al -0,9%).
L’indagine Veneto Congiuntura del terzo trimestre 2019 – realizzata da Unioncamere del Veneto – si basa su 386 imprese intervistate, per un totale di 14.509 addetti, per la provincia di Treviso e su 61 imprese intervistate, per un totale di 2.940 addetti, per la provincia di Belluno.
Più marcata decelerazione conosce il fatturato: del +0,8% è l’ultima variazione tendenziale rilevata in provincia di Treviso, contro il +1,9% di giugno. Ciò per effetto, in particolare, di un fatturato estero in flessione del -2,4% su base annua. Questo è il dato campionario, ma si ricorda che il dato ufficiale Istat sulla dinamica delle esportazioni trevigiane nei primi sei mesi del 2019 metteva già in evidenza una contrazione del -1,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Situazione analoga a Belluno: qui la variazione tendenziale annua era già in territorio negativo nel secondo trimestre (-1,9%), e permane tale nel terzo (-1,7%). A peggiorare, secondo il dato campionario, il fatturato estero: in flessione del -3,5% su base annua. In questo caso, la sponda con il dato ufficiale Istat è quanto mai d’obbligo, considerate le probabili distorsioni statistiche indotte dalla minore numerosità del campione bellunese (che ad ogni modo cerca di rappresentare il tessuto produttivo provinciale nel suo complesso). In effetti, si ricorda che le esportazioni bellunesi nei primi 6 mesi del 2019 sono risultate in crescita del +6,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ma per merito, sostanzialmente, del recupero dell’occhialeria, a fronte invece di altri settori manifatturieri con export in significativa contrazione, quali i macchinari industriali (-3,5%), sempre sulla base dei dati Istat.
Stabili gli ordinativi, fatto che è già una buona notizia: prendendo sempre a riferimento le variazioni tendenziali su base annua, a Treviso la raccolta ordini dall’estero quanto meno non risulta in calo (+0,4%) e leggermente meglio va la raccolta ordini dal mercato nazionale (+1,4%). La lunghezza del portafoglio ordini delle imprese trevigiane si mantiene in media attorno ai 49 giorni, valore stabile da tre trimestri. Analoga dinamica si ripropone a Belluno, pur con un’intensità “viziata” dalla numerosità campionaria: +1,7% gli ordinativi dall’estero, +4,5% gli ordinativi dal mercato interno.
Le previsioni per il quarto trimestre non fanno emergere radicali cambiamenti di clima: gli imprenditori trevigiani e bellunesi non vedono all’orizzonte né peggioramenti né miglioramenti. Maggiore scetticismo si addensa sugli ordinativi interni, in particolare nel manifatturiero trevigiano (1 imprenditore su 3 prevede un ulteriore indebolimento della domanda interna). Ma questa specifica indicazione viene controbilanciata dal fatto che, per tutti gli indicatori monitorati (produzione, fatturato, domanda), quasi 1 imprenditore su 2 ritiene che “si andrà avanti così”, in una sorta di veleggiamento attorno all’ormai consueto “zerovirgola”.
C’è insomma molto attendismo, fra gli imprenditori. E ci sono le consuete polarizzazioni fra chi ritiene possa andar bene o male. Sul fatturato, tanto a Treviso quanto a Belluno, un 30% di imprenditori scommette sulla sua crescita, a fronte di un 25-26% che invece ne prevede una flessione. Sulla domanda estera, si richiama l’attenzione in particolare sul dato trevigiano: il 28% degli imprenditori resta ottimista, contro un 24% di pessimisti. I saldi positivi che ne discendono, pur esigui, in favore della crescita, sono piccoli ma importanti segnali di tenuta del sistema produttivo locale, in un quadro internazionale che resta comunque critico, soprattutto con riferimento alla contrazione di mercato per i beni intermedi e i beni d’investimento.
«Una situazione che caratterizza l’intero manifatturiero regionale», commenta in prima battuta il presidente della Camera di commercio, Mario Pozza. «Stiamo soffrendo per il progressivo indebolimento della domanda (interna ed estera), fatte salve alcune situazioni settoriali specifiche, come l’occhialeria o l’alimentare. Ma la cosa che va evidenziata è che, nonostante i segnali di rallentamento dell’export, gli altri indicatori relativi alla produzione, al fatturato, alla raccolta ordini, non vanno in territorio negativo. Il sistema per ora tiene, viene da dire, riesce come ad elaborare una strategia adattiva all’incertezza. Certo non ci sono anticorpi sufficienti laddove il sistema paese non ti aiuta, laddove all’incertezza globale si aggiunge l’incertezza delle politiche nazionali. Tuttavia il sistema camerale c’è, con i provvedimenti economici a sostegno della digitalizzazione, dell’orientamento al lavoro e alle professioni, al turismo, all’internazionalizzazione e agli organismi di prevenzione delle crisi aziendali. Con meno risorse, ma sempre di più, accanto al sistema economico e al sistema impresa nazionale e locale grazie alle sedi delle Camere di commercio provinciali distribuite in tutta Italia, capaci di dare risposte dirette alle esigenze dei territori».
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1 commento
TREVIGIANO
Si, per carità. tanti bei discorsi basati sulle cifre, statistiche, import, export, percentuali, cali, cresciti e tanto altro. Ma vi ricordate quando una volta nella Provincia di Treviso esistevano centinaia di laboratori artigianali che producevano e confezionavano vestiti da uomo e donna sia per grandi che piccoli, nonchè roba intima ed altri accessori ed ancor piu’ importanti le calzature soprattutto nel Padovano? Come mai questi laboratori che ricevevano lavoro anche da grandi industriali poi con il tempo sono scomparsi e si sono arresi? Magari voi direte che si pagavano troppe tasse oppure che il personale costava troppo oppure ancora che non si era competitivi e tanto altro. Eppure questi laboratori hanno dato da mangiare a migliaia di famiglie consentendo loro di farsi una casa oppure ampliare le proprie aziende. Ma non è che per caso le grandi industrie hanno fatto l’occhiello nei paesi balcani, in Cina, in India, in Indonesia e via di seguito e li hanno trovato l’oro? Se cosi è successo è per forza di cose che i laboratori qui da noi hanno dovuto chiudere lasciando a casa centinaia di persone. E che cosa è successo poi? Che parte di questi laboratori sono stati prelevati ed acquistati soprattutto dai cinesi i quali poi loro vedendo l’oro qui da noi hanno messo radici comprando capannoni, negozi, centri commerciali e come premio verso di noi cosa hanno fatto? Li in Cina lasciano lavorare le grandi aziende italiane che fanno la roba e dopo la importano in Italia vendendola a prezzo italiano e non cinese, mentre i nostri fratelli cinesi fanno li la roba e la vendono qui in italia a noi poveri consumatori senza che assumano alcun italiano e poi come non bastasse vendono la loro roba anche ai nostri commercianti al minuto ed all’ingrosso. Voi direte che non è cosi e i tempi cambiano e bisogna aggiornarsi. Anzi direte sempre che la colpa è dei politici e mai vostra o degli industriali se di colpa si tratta. Da tanti anni mi sono chiesto qual’è il vero ruolo delle camere di commercio? Ve lo dice uno che non è iscritto a nessun partito, che è stato dipendente, che non ha legami con nessuno e che vuole parlare liberamente senza dare colpa a nessuno, neanche a voi.