Nell’arco di trent’anni la presenza di caprioli, cervi, camosci, mufloni e daini in Veneto è quasi triplicata: si è passati dai 20 mila capi censiti nel 1990 ai quasi 53 mila del 2019. E’ questa la prima evidenza del report presentato dalla Regione Veneto sui «Risultati di trent’anni di gestione venatoria degli ungulati in Veneto». Un report dettagliato che prende in considerazione, grazie al lavoro degli Uffici caccia e pesca delle sette Province venete, l’evoluzione della presenza delle specie ungulate che tradizionalmente insistono nelle aree montane, pedemontane e boschive del Veneto e la funzione di regolazione svolta dai cacciatori.
Sono i cervi la specie che ha registrato i maggiori indici di crescita raggiungendo nell’arco di un trentennio una consistenza di oltre 12 mila esemplari. Di pari consistenza la popolazione dei camosci, che appare essersi stabilizzata negli ultimi anni. Significativa anche la crescita della popolazione dei caprioli, passati dai quasi 14 mila del 1990 ai 23 mila censiti lo scorso anno.
In parallelo è aumentato anche il numero degli abbattimenti ad opera dei cacciatori: la percentuale di prelievo di cervi, caprioli, camosci e mufloni era inferiore al 10% nei primi anni Novanta e ora raggiunge il 12-15% delle popolazioni ungulati, a seconda delle diverse specie.
«La prima mappa scientifica della presenza di ungulati nel territorio veneto e sulla consistenza degli abbattimenti – fa notare l’assessore regionale alla caccia – evidenzia i buoni risultati ottenuti con una gestione oculata, attraverso piani di selezione della fauna selvatica strutturati per sesso e per classi di età. I piani di abbattimento hanno consentito di stabilizzare il continuo incremento degli ungulati migliorando la gestione delle specie. Questo importante lavoro di censimento, suffragato dalle serie storiche, rappresenta un buon punto di partenza per migliorare la gestione venatoria degli ungulati grazie anche al coinvolgimento di quelle realtà territoriali che per tradizione sono più attente al mantenimento e all’incremento dei contingenti di queste specie».
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1 commento
montanaro
Letto l’articolo vorrei veramente poter credere a queste statistiche di controllo degli ungulati ma credo sia difficilissimo contarli uno per uno a meno che non sono stati punzonati o fotografati o altro. Nel caso sia favorevole a queste statistiche personalmente ho soprattutto fiducia negli uffici provinciali che gestiscono la caccia in quanto sono pubblici ufficiali delle polizie provinciali o locali, dato che ritengo dare in mano ai privati la gestione della caccia trovi il tempo che trova. Difatti mi chiedo da sempre come mai i lupi preferiscono cacciare gli animali da allevamento (asini, capre, pecore, cavalli, mucche, etc.), quando potrebbero avere abbondanza ungulati. Forse perchè gli ungulati sono prede piu’ difficili da cacciare? Secondo gli accertamenti che la stampa riporta guarda caso le predazioni riguardano soprattutto gli animali da allevamento …, eppure dovrebbero essere riportate notizie di predazioni di ungulati. Ma allora se le cose stanno cosi hanno ragione gli animalisti quando sostengono che non ha senso selezionare il lupo o l’orso vista l’abbondanza di ungulati, vero? Chi ha orecchie per intendere, intenda…