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giovedì 12 Giugno 2025,

Il primario di Medicina: «Lieve rallentamento dei flussi, ma non si possono fare previsioni né tantomeno abbassare la guardia»

Massimo Boaretto, dal 2012 direttore dell’Unità operativa di Medicina del San Martino di Belluno, non dimenticherà mai la data del 6 marzo 2020. Quella in cui ha dovuto spostarsi ad Agordo per riorganizzare un ospedale che si era ritrovato con 5 medici positivi al Coronavirus all’inizio dell’emergenza.

Una cosa è certa: Massimo Boaretto, dal 2012 direttore dell’Unità operativa di Medicina del San Martino di Belluno, non dimenticherà mai la data del 6 marzo 2020. Quella in cui ha dovuto spostarsi ad Agordo per riorganizzare un ospedale che si era ritrovato con 5 medici positivi al Coronavirus all’inizio dell’emergenza. Da allora l’attività è stata più che frenetica. Negli ultimi giorni, come fa sapere il primario, il reparto di Medicina sta registrando un lieve rallentamento dei flussi, «ma questo ancora non permette di fare previsioni né tantomeno di abbassare la guardia», tiene a evidenziare.

Come è stato necessario riorganizzare l’attività del reparto a Belluno per fronteggiare l’epidemia Covid-19? «Il nostro reparto creato a Belluno è in realtà un reparto nuovo, che può ospitare sino a 18 persone e che è sorto per poter fronteggiare quest’emergenza. I medici, oltre al sottoscritto,  sono 3 e provengono 2 dalla Medicina e uno dalla Cardiologia. Il restante personale sanitario arriva anch’esso in parte dalla Medicina e in parte da altre realtà lavorative all’interno della nostra azienda. Il personale sanitario della Medicina non impiegato in questo nuovo reparto continua a svolgere la propria attività lavorativa curando pazienti negativi nella zona Covid negativa, situata in un’altra sede dell’ospedale, sotto la direzione attuale della dottoressa Lorella Cimarosto, che mi sostituisce».

Nel suo reparto transitano pazienti “lievi”, persone trovate positive: quali sono i flussi? «I pazienti che giungono nel nostro reparto provengono prevalentemente dalle Unità complesse di Broncopneumologia e/o Malattie infettive, dove viene privilegiato un trattamento acuto  intensivo farmacologico e/o ventilatorio non invasivo relativo all’infezione da Sars-Cov 2. Queste persone, stabilizzate da un punto di vista respiratorio, essendo affette da numerose comorbilità (diabete, malattie cardiovascolari, malattie autoimmuni, malattie di fegato, ecc… ) giungono quindi nel nostro reparto per continuare la terapia in atto relativa alla patologia infettiva che nel frattempo si è resa responsabile dell’aggravamento o dello scompenso delle varie pluripatologie. La restante parte dei pazienti proviene invece direttamente dal Pronto Soccorso ed è stabile, all’ingresso, da un punto di vista respiratorio, ma con un’infezione che ha fatto aggravare una o più di quelle comorbilità di cui sono affetti, in maniera tale da dover rendere necessario il ricovero. Naturalmente, qualora durante la degenza i pazienti dovessero diventare o ritornare instabili da un punto di vista respiratorio e necessitare di supporto ventilatorio intensivo (e questo in alcuni casi avviene repentinamente), vengono inviati o rinviati nei reparti dove questo è possibile, connotando così il tutto in un vero lavoro di squadra, in cui ognuno con le sue competenze garantisce supporto all’altro. Per quanto concerne i flussi, la buona notizia è che negli ultimi giorni sono lievemente rallentati, ma questo ancora non permette di fare previsioni né tantomeno di abbassare la guardia».  

Le terapie messe in atto funzionano? «L’impressione è che la terapia ventilatoria, ottenuta sia con tecniche non invasive che invasive, abbia un ruolo fondamentale per tutti i pazienti gravi che presentano sempre “scambi respiratori compromessi”. Per quanto concerne la terapia farmacologica, invece, il suo ruolo sembra essere più adiuvante che risolutorio di per sé».  

Avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione simile? «Non avrei mai pensato di trovarmi in una situazione di quessto tipo, ma quando si decide di fare un mestiere sanitario, qualunque esso sia, questa certezza non puoi mai averla al 100% e se accade devi tirare fuori tutte le risorse e le competenze che hai dentro di te e che hai imparato durante il tuo corso di studio e la tua vita professionale. Per quanto mi riguarda, tutto è cominciato il 6 marzo, quando mi è stato richiesto di poter dare il mio contributo spostandomi all’Ospedale di Agordo per collaborare con l’unica collega (su 6 in totale) rimasta negativa al tampone. Ho avuto la fortuna di lavorare con un personale sanitario fantastico, grazie al quale siamo riusciti a dimettere i pazienti negativi a contenere la diffusione sino a risolverla (nei pazienti e nel personale positivo), a ricevere i pazienti agordini Covid positivi da Belluno, transitando così sino al rientro progressivo dei colleghi (che nel frattempo hanno contribuito da remoto al tutto) che, tornati, si sono dati da fare da subito senza risparmiarsi. Vorrei fare un ringraziamento ai medici del territorio per il lavoro che stanno facendo sui loro assistiti, compresi quelli nelle case di riposo: a loro va il nostro ringraziamento anche e per il sacrifico umano (il maggiore della categoria) che purtroppo stanno pagando. Ringrazio tutto il personale sanitario del Pronto Soccorso e delle Terapie intensive per l’equilibrio e l’organizzazione complessa che mantengono e gestiscono tutti i giorni. Grazie a tutto il personale sanitario dei vari reparti Covid che, provenendo spesso da realtà lavorative diverse della nostra azienda, a testa bassa si è tuffato in questa realtà, non risparmiandosi mai. A tutto il personale sanitario dei reparti non Covid e degli ambulatori che proseguono nel curare le persone non affette dal virus ma che continuano ad ammalarsi come sempre. Un lavoro che va avanti, anche rinunciando numericamente a colleghi impiegati altrove e creando formule di assistenza che diano una risposta adeguata nel rispetto della sicurezza. Un ringraziamento particolare va poi al gruppo di lavoro che ho l’onore di coordinare».        

Personale al lavoro all’ospedale di Agordo.

Cosa porta dentro di sé questa epidemia da un punto di vista emotivo ? «Quest’epidemia racchiude dentro di sé un mondo di persone curate da altre persone con cui si condivide spesso le stesse paure e di cui riesce a sentire la voce, vedere gli occhi e il nome sul camice. Questi ultimi debbono riuscire con questi 3 punti di incontro (voce, occhi e nome) a infondere sicurezza e vicinanza in un momento in cui la distanza è uno dei cardini della cura».    

Ce la faremo a uscire da questa situazione? «Io credo che, con l’aiuto di tutti e rispettando le regole che questa emergenza ci impone, riusciremo ad uscire da questa situazione». Martina Reolon

3 commenti

  • Che intervista! Mi sono commossa. Avevamo degli Angeli accanto e non li abbiamo mai apprezzati abbastanza. Un GRAZIE è proprio nulla…

  • Grande e umile persona, bravissimo professionista.
    Conosco la famiglia del Dott. Boaretto, ho avuto modo di lavorare con il papà mio capo area all’inizio anni duemila.

  • Sono orgoglioso di conoscere Massimo (lo conosco da ben prima di essere Primario) e da sempre ho una stima illimitata nelle sue capacità. Ma cosa assai rara unisce: umanità, empatia e moltissime altre doti…..
    Vorrei vivere a Belluno anche per lui….

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