«Infermieri e Oss, oltre a “prendersi cura” dei pazienti, diventano un “ponte” tra essi e i familiari. Dietro quegli scafandri, gli sguardi, piccoli gesti come una carezza, una stretta di mano, una parola di conforto, un cartello di “buon compleanno” hanno un grande significato e attenuano il vuoto causato dalla lontananza dai propri cari». Basterebbero queste poche parole, pronunciate da Valentina Susana, infermiera caposala Malattie infettive Covid Belluno, per capire quanto l’epidemia da Coronavirus abbia sconvolto e reso ancor più complessa l’attività all’interno degli ospedali. Insieme ai medici ci sono gli infermieri e gli operatori socio-sanitari, anch’essi custodi delle vite dei malati, sottoposti in quest’emergenza a turni massacranti e a situazioni difficili da sostenere, dal punto di vista fisico e psicologico. E c’è anche la paura.
Vi sareste mai aspettati di trovarvi di fronte a una situazione simile, nonostante del Covid-19 si parlasse da qualche mese, da quando l’epidemia era scoppiata in Cina? «Fin dall’inizio di febbraio, prima della comparsa dei primi focolai in Italia, in Malattie infettive si è provveduto a monitorare la situazione in base all’evoluzione, con molto impegno e forte spirito di sacrificio. Il virus, che sembrava “lontano”, invece, in tempi rapidi, ha varcato i nostri confini e, in tempi molto ristretti, ci siamo dovuti adeguare a questa nuova realtà che non ha precedenti. La grande fatica è stata quella di lavorare, per molte ore al giorno, per elaborare protocolli, definire percorsi, organizzare la logistica, trasferire, sdoppiare e accorpare reparti, addestrare il personale e pensare a tutte le strategie per poter affrontare al meglio la situazione di emergenza. Utile è stata la formazione fatta e l’esperienza maturata dalla Sars, cui ci eravamo preparati, ma che, a differenza di questa pandemia, non è mai arrivata. Determinante è stato lo spirito di coesione, il sacrificio e l’alto senso di responsabilità dimostrato da tutto il gruppo del personale».
Avete paura di essere contagiati? Quanto questa epidemia è pesante, oltre che dal punto di vista fisico, anche da quello psicologico? Come conciliate lavoro e famiglia/vita privata? «Sì. Il lavoro nei reparti Covid è difficile sotto molti aspetti. I turni sono molto pesanti sia in termini di tempo, che di impegno. L’impegno e la determinazione di tutti per la prevenzione della diffusione del virus sono encomiabili; l’igiene delle mani, la sanificazione dei locali vengono esasperate e sono alla base del nostro agire. Ci muoviamo con estrema attenzione all’interno di percorsi “sporchi” separati da quelli “puliti”, delimitati con nastro adesivo colorato. I dispositivi di protezione individuale ci tutelano, ma rendono tutto più faticoso, generando impaccio nei movimenti, aumento della sudorazione, appannamento degli occhiali. Senza contare lo stress generato dal timore di commettere errori, sia nella vestizione che nella svestizione, che potrebbero essere causa di contaminazione. Si sta vestiti anche per 4 ore al giorno, ma al di là di questi scafandri, continuiamo a svolgere il nostro lavoro con professionalità e dedizione. La grande fatica, però, è sicuramente quella dovuta alla gestione della solitudine cui sono costretti i pazienti lontani dai loro affetti. Si trascorrono molte ore al lavoro a scapito dei rapporti familiari, resi meno frequenti se non addirittura preclusi, se si sceglie di isolarsi al fine di proteggere i propri cari».
Infermieri e Oss hanno un contatto diretto coi pazienti… La condizione di isolamento dei ricoverati e l’impossibilità di vedere i propri familiari renderà tutto ancora più difficile… «Infermieri e Oss, che lavorano in prima linea, toccano con mano la solitudine dei pazienti. La condizione di isolamento cui sono costretti i pazienti è angosciante. Mai ci eravamo trovati costretti a fare da barriera tra malati e parenti, anche se per finalità tendenti a tutelare la salute di tutti. La separazione netta dai propri cari è molto difficile da gestire. Il termine “surreale”, spesso usato per definire queste realtà, non è abusato. Infermieri e Oss, oltre a “prendersi cura” dei pazienti, diventano un “ponte” tra essi e i familiari. Dietro quegli scafandri, gli sguardi, piccoli gesti come una carezza, una stretta di mano, una parola di conforto, un cartello di “buon compleanno” hanno un grande significato e attenuano il vuoto causato dalla lontananza dai propri cari. Ci è stata di grande aiuto la tecnologia: gli smarphone hanno contribuito a ridurre le distanze portando conforto a pazienti e familiari. Il supporto psicologico, fornito da un apposito Servizio, per pazienti, parenti e operatori sanitari, è stato di grande aiuto per decomprimere gli elevati livelli di stress».
Quanti professionisti, tra infermieri e Oss, lavorano nell’area a media intensità Covid di Belluno (Malattie infettive e Pneumo)? «Attualmente, nelle realtà Covid di Malattie infettive e Pneumologia lavora il doppio del personale che operava prima dell’emergenza. Lavorare col paziente contagioso presenta, già in condizioni normali, delle peculiarità differenti da qualsiasi altra realtà. Questi due reparti Covid accolgono pazienti critici, con insufficienza respiratoria, che necessitano di ossigeno-terapia ad alti flussi e ventilazione non invasiva. In questo frangente era perciò necessario un drastico aumento del personale che, in pochissimo tempo, doveva essere addestrato per garantire la migliore assistenza possibile. Abbiamo lavorato, senza sosta, per garantire nuovi assetti organizzativi e logistiche dei reparti.
Il gruppo creato è il frutto della somma di più fattori: flessibilità e accoglienza degli “esperti”, entusiasmo e motivazione dei “nuovi”, il tutto condito da professionalità, umanità e coraggio; ingranaggi che, muovendosi, hanno permesso di affrontare al meglio questo cambiamento organizzativo radicale. Vorrei fare un doveroso ringraziamento al gruppo di professionisti che coordino per la carica e il sostegno dimostrati in ogni momento. Inoltre, in tutto questo processo, ho potuto apprezzare la collaborazione, la sinergia, la competenza e il contributo dei tanti attori: il personale infermieristico e di supporto di tutte le realtà Covid e non, sia di Belluno che delle sedi periferiche, le professioni sanitarie, la direzione, direttori e medici, coordinatori infermieristici, il servizio di prevenzione e protezione, il personale addetto alle pulizie, i tanti servizi coinvolti e tutti coloro che ci hanno supportato e dato coraggio ringraziandoci con messaggi e tanti gesti di solidarietà».
Età e condizione dei pazienti e flussi. «Il virus colpisce per lo più persone anziane polipatologiche anche se, purtroppo, abbiamo registrato dei casi gravi anche in persone relativamente giovani. Ad un primo periodo di grande afflusso di pazienti è seguito, da qualche giorno, un calo dei ricoveri come effetto delle misure restrittive, che tutti dobbiamo seguire. Non si escludono probabili recrudescenze della patologia, che dobbiamo essere pronti ad affrontare». Martina Reolon
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