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giovedì 14 Agosto 2025, San Massimiliano Maria Kolbe

Latte, prezzi giù ed export fermo per i formaggi

Comincia ad annaspare anche nel Bellunese il settore lattiero caseario. Dopo un buon 2019, con prezzi arrivati a oltre 40 centesimi al litro, con l’emergenza Covid è iniziata la discesa per il latte, il cui valore è sceso a 35-36 centesimi in maggio per poi crollare ai 32-33 di giugno.

Comincia ad annaspare anche nel Bellunese il settore lattiero caseario. Dopo un buon 2019, con prezzi arrivati a oltre 40 centesimi al litro, con l’emergenza Covid è iniziata la discesa per il latte, il cui valore è sceso a 35-36 centesimi in maggio per poi crollare ai 32-33 di giugno. Un andamento che Confagricoltura segue con preoccupazione. «Ci eravamo abituati alle quotazioni del 2019», dice il presidente Diego Donazzolo, «ma adesso stiamo risentendo della crisi, anche se Lattebusche ci dà una mano. Una crisi che è iniziata a fine 2019 con l’imposizione dei dazi di Donald Trump sui formaggi made in Italy, che hanno compromesso il mercato americano, per noi il più importante. L’emergenza Covid ha fatto il resto, portando a una fortissima contrazione dei consumi. A livello nazionale, soprattutto nella grande distribuzione, la domanda di prodotto c’è, ma data la crisi la gente compra latticini a basso costo oppure in promozione. Il mercato nazionale, perciò, è saturo. Ci auguriamo che il governo nazionale continui con le azioni mirate a salvaguardare il settore, come l’acquisto di formaggi dai caseifici per darli in dono a famiglie a basso reddito. Ma bisognerebbe che l’Europa procedesse anche al ritiro del latte in esubero per mandarlo all’industria che fa latte in polvere, destinato ai Paesi extra Ue».

Bene, invece, sta andando la stagione degli alpeggi e delle malghe, con un ottimo afflusso che ha garantito introiti a chi offre formaggi di propria produzione: «Quest’anno c’è stato un ritorno del turismo in montagna e una riscoperta del proprio territorio da parte dei veneti», spiega Donazzolo. «Il problema che stiamo riscontrando è la riduzione del prato a pascolo, oltre il 60 per cento, che pone problemi sia di natura economica che paesaggistica. Da un lato il bosco avanza, e causa un degrado dovuto alla diffusione di specie erbose e legnose anche poco gradite dal bestiame. Dall’altro Agea, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, ha imposto ai pascoli limiti stringenti e una montagna di normative che ci penalizzano moltissimo. Auspichiamo perciò che si convochi una riunione a livello regionale in cui si faccia chiarezza sul tema, altrimenti per gli allevatori sarà sempre più difficile gestire gli alpeggi».

Donazzolo ricorda, infine, che gli allevatori devono fare sempre i conti con l’incubo del lupo: «In Alpago, pochi giorni fa, un nostro allevatore ha visto per la quinta volta aggredite le sue pecore e nella stessa zona sono stati sbranati degli asini. Non si po’ più andare avanti così, con attacchi a 100 metri dalle abitazioni dove vivono donne e bambini. I sindaci sono disperati, gli allevatori hanno paura. Il ministro sta dormendo su questa situazione e anche sul progetto della Regione Veneto sulla localizzazione gps del lupo attraverso un collarino siamo molto perplessi. Si approfondiscono le dinamiche predatorie del branco e intanto il bestiame degli allevatori continua ad essere sotto attacco. Ancora una volta soldi buttati per sperimentazioni che non risolvono il problema, che va affrontato con decisione. Il lupo va catturato. Non c’è una mediazione, bisogna scegliere: o gli allevatori o il lupo».

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