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mercoledì 11 Giugno 2025,

Qualità della vita, Belluno al 46° posto. Il Covid pesa nella classifica

Ma pesano anche lo spopolamento e la mancanza di infrastrutture adeguate.

Un po’ meglio dello scorso anno, ma decisamente peggio rispetto al 4° posto del 2018. La provincia di Belluno si colloca al 46° posto nella classifica sulla qualità della vita appena pubblicata dal quotidiano economico «Il Sole 24 Ore». Nel 2019 era al 51°, quindi una risalita c’è stata. Ma non basta a raggiungere il risultato degli anni precedenti. Basti pensare che nel 2018 Belluno si era accomodata subito ai piedi del podio, in una più che onorevole quarta posizione. Il crollo patito dal 2019 a oggi è dovuto principalmente al fatto che sono stati cambiati numerosi indicatori per stilare la classifica. Indicatori che meglio dei precedenti fotografano anche i limiti e le difficoltà della montagna bellunese rispetto alle altre 107 province italiane. E a pesare, in questo 2020, c’è di sicuro anche l’emergenza pandemica.

Se a Belluno le cose vanno bene in materia di “giustizia e sicurezza” (12° posto in Italia) e se ci si difende in fatto di “ricchezza e consumi (30° posto), “ambiente e servizi” (20° posto, in netto miglioramento rispetto al 40° del 2019), le cose iniziano ad andare male quando si parla di “cultura e tempo libero” (69° posto), affari e lavoro (77°, molto peggio rispetto allo scorso anno), per poi sprofondare con la classifica che guarda e demografia e società (96° posto su 107 province).

A giocare un ruolo fondamentale, in negativo, è come si diceva l’emergenza Covid. Tra lockdown e quarantene come si misura la qualità della vita? La 31esima indagine del “Sole 24 Ore” sul benessere nei territori parte proprio da questo interrogativo. L’obiettivo dell’indagine – che analizza 90 indicatori, per la maggior parte (circa 60) aggiornati al 2020 in base agli ultimi dati disponibili – è raccontare come la pandemia da coronavirus ha impattato in modo differente sui territori. Per misurare l’emergenza sanitaria in corso è stato inserito tra i parametri l’indice dei casi Covid rilevati ogni mille abitanti. Le aree tematiche di analisi, tuttavia, rimangono invariate: ricchezza e consumi; demografia e salute; affari e lavoro; ambiente e servizi; giustizia e sicurezza; cultura e tempo libero.

La classifica generale premia Bologna, seguito da Bolzano e Trento. In quarta posizione l’unica realtà veneta nella “top 10”, ossia Verona. Al di là delle eccezioni rappresentate dal podio, ad essere penalizzato è soprattutto il Nord, dove si registra la diffusione più elevata del virus in rapporto alla popolazione residente. Colpita anche Milano – vincitrice sia nel 2018 sia nel 2019 – che perde 11 posizioni, dove cui pesa il crollo del Pil pro capite in base alle stime 2020, ma anche il nuovo indicatore sullo spazio abitativo medio a disposizione (con una media di 51 mq per famiglia).

«Il Covid quest’anno ha condizionato tutto e tutti, dall’economia alla socialità. Era inevitabile che incidesse anche sulla classifica della qualità della vita», dice il presidente della Provincia di Belluno, Roberto Padrin. «L’inserimento nell’indagine del noto quotidiano economico di parametri legati alla pandemia in corso è penalizzante per tutti. Nel nostro caso, l’incidenza dei casi Covid ogni 1.000 abitanti è particolarmente significativa per Belluno. Ma come nel recente passato, da una parte conserviamo numeri invidiabili sul fronte del benessere economico, della sicurezza, dell’ambiente e del lavoro; dall’altra, paghiamo gli indici demografici».

«L’indice di vecchiaia ci pone tra le province più anziane dello stivale», prosegue il presidente Padrin. «Il tasso di natalità è basso e anche il numero di medici di medicina generale e di pediatri è penalizzante rispetto ad altre aree del Paese. Si tratta di dati che conosciamo bene, visto che li abbiamo più volte stigmatizzati e inseriti anche nel report consegnato al ministro Boccia, giusto un anno fa. Spiace dare l’idea di ripetere sempre le stesse cose, ma la situazione è questa: paghiamo lo spopolamento della montagna, frutto anche della mancanza di servizi nelle aree più periferiche. Credo che la chiave per invertire la rotta sia proprio quella di dare servizi. E come Provincia ci stiamo lavorando; mi riferisco ad esempio ai bandi per i negozi di vicinato, al bando latterie a favore dell’agricoltura, alla spinta per la diffusione della banda larga, all’attenzione recente per diverse categorie di persone e lavoratori colpite dal Covid».

«Certo, bisogna fare di più», conclude Padrin. «Negli ultimi anni infatti la classifica del Sole 24 Ore ha premiato zone più urbanizzate e “connesse”, sia fisicamente sia dal punto di vista tecnologico. Sono fermamente convinto che la qualità della vita nelle nostre vallate non sia paragonabile a quella delle periferie dei grandi agglomerati urbani e di certo non può essere costretta dentro numeri e cifre di una classifica. È necessario però che le nostre vallate siano più facili da raggiungere e i residenti abbiano la possibilità di accedere più facilmente a quei servizi che si trovano fuori provincia, come ad esempio l’università. Accorciare le distanze tra montagna e pianura è fondamentale; e per questo servono infrastrutture».

Martina Reolon

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