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mercoledì 11 Giugno 2025,

Tumore del colon ai tempi del Covid, il primario Germanà: «Non rimandare lo screening»

L'intervista al direttore dell’Unità Operativa di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Ospedale San Martino, che è anche consigliere nazionale della Sied (Società italiana endoscopia digestiva).

Dal 1° febbraio ripartono con gradualità le attività sanitarie che erano state sospese in seguito alla seconda ondata dell’emergenza Covid. In particolare, riprende parte dell’attività di specialistica ambulatoriale, per tutte le classi di priorità, e l’attività di libera professione intramoenia. Ma non bisogna dimenticare che la pandemia ha influenzato e continua a condizionare l’attività di tutti i reparti. Abbiamo parlato con il dottor Bastianello Germanà, direttore dell’Unità Operativa di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Ospedale San Martino di Belluno.

Dottor Germanà, a quale riorganizzazione è dovuto andare incontro il suo reparto per far fronte all’emergenza Covid? «Mi preme sottolineare che, dai primi segnali dell’epidemia nella primavera 2020, c’è stata una pronta reazione da parte mia e di tutto il personale per capire quali comportamenti e misure mettere in atto. Tutto questo è stato fatto grazie alla rete che coinvolge l’intera Italia: sono infatti consigliere nazionale della Sied (Società italiana endoscopia digestiva), che mi ha delegato nella Fismad (Federazione italiana società malattie apparato dirigente) e questo mi ha permesso di trattare nell’immediato le azioni da adottare con la comparsa del nuovo Coronavirus, studiando anche la bibliografia proveniente dalla Cina, visto che l’iniziale focolaio infettivo si era sviluppato a Wuhan. Bisogna ricordare che il “core business” della gastroenterologia è l’attività endoscopica (gli esami endoscopici più diffusi sono gastroscopia e colonscopia, ndr), una procedura rischiosa di esposizione e successiva infezione al Covid. L’endoscopia gastrointestinale presenta infatti diverse vie di trasmissione del SARS-CoV-2: da persona a persona, droplet, aerosol generato durante l’esame e la possibile trasmissione oro-fecale. Come Sied abbiamo quindi subito stilato delle linee di indirizzo che sono state inviate a tutti i gastroenterologi italiani e predisposto una serie di norme severe da applicare all’interno degli ambulatori, con un’attenta valutazione e stratificazione del rischio. Questo è avvenuto anche a Belluno, ovviamente: il nostro personale ha contattato tutti i pazienti che dovevano sottoporsi all’esame, con un accurato triage (anamnesi, eventuale sintomatologia simil Covid, contatti con casi sospetti) sia nei giorni precedenti che nel giorno dell’esame stesso. Queste procedure di controllo sono state attuate in tutti gli accessi, anche per le visite ambulatoriali. E dobbiamo dire che il sistema ha funzionato, visto che nessun paziente e nessun operatore del nostro reparto si sono infettati. Aggiungo che la Gastroenterologia era abituata, già da prima del Covid, all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale per l’endoscopia digestiva, vista la particolarità dell’esame, quindi siamo partiti con la struttura mentale “giusta”. Questo non significa che sia stato facile. Quest’anno di lavoro ha stremato il personale. Enorme l’impegno per garantire tutto il necessario: dal distanziamento dei pazienti all’istituzione di percorsi, con una distinzione tra “puliti” e “sporchi”. Durante le fasi più pesanti della pandemia sono state bloccate le prestazioni non classificabili come urgenti o di urgenza relativa, garantendo comunque l’attività all’80%. In diversi casi le urgenze sono state eseguite anche su pazienti positivi al Covid. Durante l’estate, come sappiamo, si è tornati alla piena operatività, cercando di mantenere, nei casi che lo rendevano possibile, l’utilizzo della telemedicina, con le telefonate ai pazienti. Dobbiamo ricordare che in tempi di pandemia tutto in ospedale diventa più complesso: pensiamo a tutte le operazioni di sanificazione da mettere in atto tra un paziente e l’altro. Le nostre sale endoscopiche sono allestite di fatto come sale operatorie. Dobbiamo garantire 15 ricambi di aria all’ora. Le nostre prestazioni endoscopiche sono eseguite in sedazione e abbiamo una sala risveglio, dove viene ricalibrata la vigilanza del paziente dopo l’esame e dove devono essere messe in atto, naturalmente, tutte le misure anti contagio».

Ha dovuto “cedere” posti letto e personale a causa dell’emergenza? Come si è articolata la gestione dei pazienti ricoverati, di quelli colpiti da tumori e di chi soffre di patologie croniche? «Sul fronte delle malattie neoplastiche, i tumori, c’è un aspetto da prendere in seria considerazione. La Federazione italiana malattie digestive ha condotto un sondaggio (survey) sulle diagnosi di cancro al pancreas, allo stomaco e al colon retto. Il risultato è che nel 2020, rispetto ai tre anni precedenti, queste diagnosi si sono ridotte del 20/25%. Dato nazionale. Spostandoci a livello locale, anche a Belluno le diagnosi di tumore al colon, nei primi dieci mesi del 2020, hanno avuto una riduzione di circa il 25/30%. Attenzione: questo non significa che i casi di tumori siano diminuiti, che sia calata l’incidenza. Si tratta invece di uno degli effetti negativi provocati dalla pandemia sull’attività ordinaria degli ospedali. In parte c’è anche la paura del contagio da parte delle persone, che hanno avuto timore di recarsi in ospedale. Ricordiamoci che quello al colon retto è il secondo tumore per incidenza a livello nazionale (sia nella popolazione maschile che femminile) e beneficia dell’attività di screening. Attività che è sempre stata condotta nonostante la pandemia, ma una survey regionale evidenzia che nei primi mesi del 2020, a livello veneto e bellunese, c’è stata una riduzione di inviti per il test del sangue occulto nelle feci del 20% e gli effetti negativi si vedranno nei prossimi mesi e anni. Basti pensare che con l’apertura, in estate, si sono presentati nel nostro reparto casi molto gravi, con malattie neoplastiche avanzate. Sul fronte della gestione dei pazienti cronici, che sono fragili, nei casi in cui è stato ritenuto controproducente farli venire in ospedale abbiamo optato per una gestione via telefono, per il monitoraggio e l’eventuale aggiustamento della terapia. Con la telemedicina, dunque. Per quanto riguarda le degenze nel nostro reparto, durante il lockdown non ne ho avute più di 6, in quanto i posti dedicati ai ricoverati sono stati ridotti per dare spazio alle aree Covid. Il lavoro e la dedizione del personale di tutti i reparti è encomiabile. C’è stata e continua a esserci collaborazione tra le diverse Unità operative: è stato indispensabile nelle fasi più critiche della pandemia. Nel caso specifico di Gastroenterologia, abbiamo due medici in meno per trasferimenti. Un problema che, per fortuna, si risolverà a breve: Azienda Zero ha bandito il concorso».

Spesso si sente parlare dei sintomi gastrointestinali del SARS-CoV-2. Può dirci qualcosa in più? Bisogna porre attenzione ai sintomi digestivi iniziali di Covid-19, per la diagnosi, per l’isolamento e il supporto terapeutico precoce dei pazienti colpiti? «La febbre e i sintomi respiratori (tosse e dispnea) sono la manifestazione clinica più frequente nei pazienti con infezione da Covid. Una parte non trascurabile dei pazienti infetti da SARS-CoV-2 presenta diarrea, nausea, vomito e/o dolore addominale aspecifico all’esordio o addirittura prima dei sintomi respiratori. La raccomandazione che facciamo, nel caso in cui si presentino sintomi gastrointestinali, è isolarsi. Fondamentale il coordinamento dei medici di base per assicurare la gestione a domicilio dei pazienti. Il SARS-CoV-2 usa come recettore la proteina ACE2, che è presente, oltre che nell’epitelio respiratorio, anche a livello della mucosa gastro-enterica. È raccomandabile monitorare i pazienti con sintomi gastrointestinali, così da permettere di rilevare e di diagnosticare precocemente la condizione e di conseguenza dare indicazione all’isolamento e/o al trattamento».

Pensa che il vaccino porterà a un punto di svolta? Quanto ci vorrà, se è possibile ipotizzarlo, per tornare a una situazione di normalità o quasi? «Il vaccino porterà sicuramente a una svolta. L’adesione da parte del personale sanitario è massiccia. Io stesso mi sono sottoposto alla seconda dose qualche giorno fa e non posso negare di sentirmi più “leggero”. Ora da parte di tutti c’è un po’ di preoccupazione per i tempi di attuazione del piano, visti gli annunci delle case farmaceutiche sulla riduzione nella consegna delle dosi. In ogni caso stanno arrivando altri vaccini oltre a quello Pfizer e, nel momento in cui ci saranno a disposizione 4/5 vaccini, diventerà più semplice implementare il piano. Sui tempi d’uscita dalla pandemia, non ho la sfera di cristallo, ma ci vorrà non meno di un anno. E comunque non sarà un ritorno alla normalità a cui eravamo abituati fino a inizio 2020. Mi auguro che questa pandemia ci insegni che eventi come questo possono ripetersi ed è quindi indispensabile essere preparati, prevedere. I sistemi sanitari hanno imparato un nuovo metodo e dobbiamo mantenerlo».

Martina Reolon

1 commento

  • Mi sono trovato bene all’ospedale S.Martino di Belluno, a luglio agosto vengo a Belluno, avrei bisogno del gastroenterologo dove già sono stato ricoverato nel suo reparto.

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