Per il turismo della montagna veneta il 2020 si è chiuso con un -35% degli arrivi e un -24,2% delle presenze rispetto al 2019. Un calo molto pesante, anche se per fortuna meno catastrofico rispetto a quello fatto segnare da altri settori che hanno portato il totale del turismo veneto a chiudere il 2020 con un – 61,1% degli arrivi e un – 54,4% delle presenze.
Perdite pesanti – Dagli attentati terroristici alle guerre, dalle tensioni politiche internazionali alle profonde crisi economiche – sottolinea la Regione nel presentare i dati – mai fattori destabilizzanti di rilievo planetario avevano messo in crisi l’economia delle vacanze e dei viaggi del Veneto come la pandemia da Covid. Ciò è stato dovuto soprattutto alla forte riduzione di turisti stranieri, che nel 2019 rappresentavano il 65,3% dei visitatori, e le cui presenze nel 2020 si contraggono del 68,3%, mentre quelle nazionali calano del 25,3%. Per dire la verità lo scorso anno era iniziato bene: gennaio +8,1% e febbraio +2,1% nelle presenze, ma poi la pandemia, il lockdown e le successive limitazioni agli spostamenti hanno determinato il crollo dei flussi turistici: marzo (-83,7%), aprile (-95,7%), maggio (-93,4%), giugno (-79%). A luglio inizia la ripresa, con numeri che comunque rappresentano la metà di quelli registrati nello stesso mese del 2019, ad agosto le presenze segnano un -28%, a settembre -31,9%, ad ottobre -58,7%, a novembre -73,3%, a dicembre -74,5%.

Segni negativi per tutte le destinazioni – Tutte le destinazioni hanno risentito della crisi. Le città d’arte e le località termali appaiono le più colpite con una perdita delle presenze turistiche superiore al 65%: nel corso dell’anno le città d’arte hanno registrato 16,6 milioni di presenze in meno; alle terme risultano 2,1 milioni di presenze in meno (-66,1%). La stagione balneare si è conclusa con flussi turistici molto inferiori a quelli usuali (11,6 milioni di presenze in meno), riassunti da un -45,9%. I pernottamenti nelle località del lago di Garda sono dimezzati (-56,6%), 7,4 milioni in meno. Il turismo in montagna ha avuto un buon avvio del 2020 prima della pandemia e perdite lievi in estate, all’insegna del distanziamento, ma la contrazione dei flussi è comunque pesante e pari a -24,2%, anche per l’impatto della chiusura degli impianti di risalita durante le festività natalizie. Da notare che la permanenza media del soggiorno per le destinazioni montane, ma anche nelle città d’arte, si è allungata: in controtendenza con quanto successo negli ultimi anni in cui si preferivano vacanze anche ripetute ma più brevi (i weekend fuori porta), oggi si è propensi a soggiornare più a lungo nella destinazione raggiunta.
Anche l’area del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, registra nel 2020 un dimezzamento dei flussi turistici (-53,1% degli arrivi e -45,6% delle presenze).
Per quanto riguarda le Province, quella di Belluno si segnala per la perdita di presenze più contenuta, -24,8%, mentre le province più colpite sono Verona, Venezia, Padova e Treviso, con perdite attorno al 60%.

Cresce in proporzione il turismo di prossimità – Come facilmente prevedibile, si è registrata nei mesi estivi una crescita del turismo domestico e soprattutto regionale: +6% a luglio, +15% ad agosto e +24% a settembre. I turisti provenienti dal resto d’Italia aumentano solamente ad agosto (+4%) ma, nonostante numeri comunque inferiori al consueto, hanno dimostrato una propensione a raggiungere le destinazioni venete in tutto il periodo estivo. Gli stranieri invece calano drasticamente (-68,3%), con qualche arrivo a partire da luglio, quando i confini sono stati aperti, e dati migliori ad agosto e settembre, comunque quasi dimezzati rispetto agli stessi mesi dell’anno precedente. In un periodo di spostamenti limitati, quindi, la clientela italiana assume un’importanza strategica, con il 53% dei pernottamenti (33% nel 2019).
Dai Paesi vicini le principali provenienze straniere – Ovviamente le riduzioni più contenute, seppur importanti, riguardano i turisti provenienti dalle nazioni geograficamente più vicine all’Italia: Germania -54,3%, Austria -61,9%, Paesi Bassi -57,6%, Svizzera -55,2%. Questo anche perché hanno sempre considerato quella veneta una destinazione ospitale e sicura e negli anni pre-covid circa il 60% dei turisti stranieri erano fidelizzati, con un 20% che aveva soggiornato in Veneto almeno 6 volte.
Perdite maggiori per gli alberghi – È stato il comparto alberghiero a subire nel 2020 le perdite più rilevanti (arrivi -64,7% e presenze -60,8%), ma anche le strutture extralberghiere anno avuto una grave défaillance (arrivi -54,7% e presenze -48,9%). Le perdite minori, anche se comunque consistenti, si riscontrano per gli agriturismi, che permettono di trascorrere una vacanza verde, particolarmente ricercata nel periodo della pandemia.
L’assessore regionale Caner – «Non è difficile, è doloroso commentare questi numeri e percentuali – sottolinea l’assessore regionale al turismo Federico Caner – ma abbandonarsi allo scoramento non serve. È molto più utile affrontare la realtà con pragmatismo, fissando due obiettivi e rimarcando una consapevolezza: uscire dalla pandemia con la stessa determinazione che la nostra Regione ha messo in campo per sconfiggere il virus, accelerando sul fronte della più ampia e diffusa vaccinazione, e nel contempo mettere in sicurezza le aziende della filiera turistica e le innumerevoli professioni ad essa collegate, evitandone la scomparsa attraverso una veloce e congrua assegnazione di ristori e indennizzi. A questi traguardi si deve aggiungere la convinzione che le straordinarie potenzialità dell’offerta veneta non sono minimamente state intaccate e che la prima regione turistica d’Italia mantiene inalterati i suoi punti di forza, purché anche in futuro sappia innovarsi e stare al passo con una domanda in continua evoluzione».
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