Lunedì 22 marzo si è spento all’età di 96 anni il gesuita padre Mario Ciman. Per circa 40 anni è stato docente di chimica alla facoltà di Medicina dell’Università di Padova, fondò l’Associazione di volontariato «Universitari Costruttori» che in tutta Italia, ma non solo, ha realizzato edifici per aiutare il prossimo. In Cadore, quand’era giovane, era conosciuto come «il gesuita muratore», per aver contribuito con i suoi volontari a costruire la Casa di Riposo di Tai.

Lo ricorda don Osvaldo Belli, che era rimasto stupito della determinazione del parroco di allora, don Giovanni Belli, che perseguì l’obiettivo di costruire una casa di riposo. La comunità di allora non aveva il denaro per realizzarla e allora don Giovanni invocò la Divina Provvidenza, che rispose portando a Tai padre Mario Ciman con il gruppo degli Universitari Costruttori.

Padre Ciman arrivò a Tai alla fine di giugno del 1968 con un gruppo di studenti universitari volontari, del quale era assistente spirituale. Già il primo 1°, dopo la posa della prima pietra, iniziarono a costruire la struttura, in stretta collaborazione con il parroco di Tai e un gruppo di volontari locali. I lavori durarono fino al 20 settembre, realizzando una parte dell’edificio. Gli Universitari Costruttori ritornarono, sempre con padre Mario Ciman, per altri due anni, fino all’inaugurazione della Casa di Riposo. Alla realizzazione della struttura contribuirono circa 500 giovani provenienti da molte parti d’Italia, lavorarono in gruppi di 35-40 senza mai pretendere nulla perché si mantennero a loro spese.

Padre Ciman e don Giovanni sollevarono molto interesse intorno alla Casa in costruzione, tanto che il gesuita scrisse addirittura un manifesto che diffuse in tutti gli atenei italiani. Anche dopo la chiusura del cantiere di Tai, tra i volontari e il gesuita non venne meno lo spirito rivolto al bene del prossimo, che padre Ciman aveva fatto nascere. «Ancora oggi, alla notizia della sua scomparsa», afferma la volontaria Elisa Del Favero, «è nato un tam-tam tra i giovani di allora che intendono ricordare le sue opere verso i più poveri».

Vittore Doro