Un pezzo di storia poco conosciuto e, finora, anche poco raccontato. Un vero e proprio distretto proto industriale ante litteram, che vede al centro il territorio compreso tra la Valbelluna e la Pedemontana Veneta. Da sabato 12 giugno saranno gli oggetti e i documenti a parlare: al secondo piano di Palazzo Fulcis, il Museo civico di Belluno, sarà visitabile la Sala degli Spadai, dove sono esposti i 28 manufatti – tra spade, armi in asta, un fodero e una targa – tutti provenienti dal Museo Correr di Venezia. Si aggiungono alcuni reperti che sottolineano ulteriormente l’importanza di questa manifattura per la storia del territorio. «Dopo praticamente 20 anni (i primi contatti risalgono al 2001) di trattative con i musei veneziani, finalmente abbiamo raggiunto l’obiettivo», ha evidenziato l’assessore alla cultura del Comune di Belluno, Marco Perale. «Spade di produzione bellunese, quindi un pezzo dell’antica storia dolomitica, tornate in città dal Museo Correr di Venezia. I manufatti sono stati concessi in comodato e il Museo Fulcis è un degno contenitore di questi pezzi preziosi. Il progetto è esemplificativo di una nuova logica museale: stiamo discutendo con la Soprintendenza per avviare un rapporto “osmotico” non solo con i musei provinciali, ma anche con quelli del Veneto e del resto d’Italia».
L’allestimento della Sala degli Spadai è stato realizzato nell’ambito del progetto “Klang – Spade di leoni e aquile”, finanziato dall’UE, dal Fondo FESR e Interreg V-A Italia-Austria 2014-2020 e sospeso tra valorizzazione turistica, riscoperta storica e scientifica di un passato finora noto per lo più agli addetti ai lavori. Un progetto interdisciplinare che mette assieme il Comune di Belluno (partner principale), il Circolo cultura e stampa bellunese, i Comuni di Santa Giustina e di Maniago, l’Università di Innsbruck.


Tra i secoli XIV e XVII l’area bellunese, friuliana e tirolese fu investita da un’importante fioritura economica grazie allo sfruttamento delle risorse legno e ferro. La provincia di Belluno divenne celebre grazie alla fama dei maestri spadai capaci di forgiare spade di altissima qualità, commercializzate in Europa e ambite da sovrani come Massimiliano D’Asburgo. Fondamentali furono le miniere del Fursil, il cui ferro veniva estratto dai minatori provenienti dall’impero e in particolare dall’area del Tirolo. Nello stesso periodo Maniago fu luogo di produzione delle celebri lame. Nel 1600 nel territorio bellunese venivano prodotte un milione e 100 mila libbre di ferro, 500 libbre di ferro crudo e 50 tonnellate di acciaio. Con questo materiale si realizzavano spade per l’arsenale di Venezia e dal ferro crudo si ricavavano le palle di cannone, sempre destinate a Venezia. Settantaduemila spade poi, 600-700 per dieci anni, sono state inviate nel mercato dell’Inghilterra e della Scozia. Insomma, Belluno è stato un vero e proprio distretto che ha prodotto spade grazie all’intera filiera dei metalli, grazie alle 20 fucine della Valbelluna e al carbone delle foreste del Cansiglio. La filiera si spingeva fino al Vittoriese e su fino a Maniago. «Ogni territorio coinvolto nel progetto ha peculiarità precise», ha evidenziato Carlo Cavalli, curatore del Fulcis. «Le collezioni del Museo civico non raccontano solo la storia dell’arte, ma anche la storia di una comunità. Quella della produzione di armi bianche non era mai stata raccontata».

«La Sala degli Spadai entra a far parte della collezione permanente del Fulcis», ha aggiunto il curatore, «ma l’allestimento attuale non sarà definitivo, nel senso che potranno arrivare dal Correr altri manufatti e l’esposizione sarà modificata nel tempo». La sala si articola in otto vetrine dove sono esposte, seguendo criteri tipologici e cronologici, diverse armi bianche. Il nucleo principale è costituito dai 28 manufatti che sono parte dell’ingente collezione formata da Teodoro Correr tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo e donata alla città di Venezia alla sua morte, nel 1830. «Tra gli oggetti esposti c’è un frammento di spada medievale che riveste una particolare importanza, in quanto proviene dalla fucina Mezzacasa, di Formegan di Santa Giustina, dove nel XVI secolo operarono i Mamani, famiglia di spadai, tra i quali il più celebre fu Pietro da Formegan», hanno precisato Cavalli e Giovanni Sartori, l’esperto di riferimento nell’ambito del progetto “Klang”. A lui si deve la selezione delle spade esposte e la realizzazione dei testi a corredo. «Sempre da Formegan proviene la lama della striscia del XVII secolo recuperata assieme al suo pugnale sulla costa di “Mattinata”, in provincia di Foggia, che testimonia la diffusione dei prodotti degli spadai ben oltre i confini della Repubblica di Venezia. Ci sono poi armi provenienti da India, Nord Africa, Medio Oriente: una karabela, un nimcha e una lancia ricavata da una lama di spada». Tra i manufatti anche una schiavonesca, arma per soldai, marinai e mercenari; una schiavona, spada peculiare delle truppe di nazionalità slava al soldo di Venezia. E ancora le armi in asta, come falcioni, partigiane, corsesche e brandistocchi.
«Questa sala vuole portare i visitatori a conoscenza del fatto che, nei secoli scorsi, esisteva un vero e proprio distretto», ha proseguito Sartori, «e che il nostro territorio fu estremamente permeabile alla mobilità delle maestranze. Pensiamo solo che il padre del celebre spadaio Andrea Ferrara lavorava a Sacile. I centri di assemblaggio delle spade erano Brescia, Milano, ma anche Germania e Inghilterra. Per mettere assieme un’arma bianca servivano fino a 14 maestri. E quando parliamo di “maestri” ci riferiamo non solo agli spadai in senso stretto, ma anche ai minatori, a chi lavorava nelle fonderie, a chi non le zattere trasportava i prodotti. Una vera e propria filiera». Le lame realizzate dai maestri spadai come Andrea e Zandonà Ferrara o Pietro da Formegan divennero prodotti apprezzati e ricercati non solo in Europa, ma anche nei Balcani, in Medio Oriente, in Nord Africa e persino in India. Oltre alla presenza sul territorio delle risorse necessarie al processo produttivo, come miniere di ferro e boschi, contribuiscono allo sviluppo di questa particolare arte anche le importanti vie di comunicazione, quali il Piave e l’Alemagna. Dai giacimenti minerari, in particolare da quelli del Fursil, a Colle Santa Lucia, si estraeva il minerale, trasformato in acciaio tramite i forni fusori situati in Cadore, Agordino e Zoldano.
«Il progetto “Klang” prevede numerosi altri step», ha voluto evidenziare Cavalli, «come una giornata di studi a settembre. Sempre in quel mese sarà aperta al Fulcis una mostra documentaria, che si integrerà con la Sala degli Spadai. Inoltre, è in fase di realizzazione un’app che, una volta scaricata e installata, darà informazioni ulteriori sulle spade e su come percorrere l’itinerario che si snoda sul territorio tra fucine e rogge. E ancora: il Circolo cultura e stampa ha quasi pronta una guida, che sarà a disposizione a breve».
Martina Reolon
Seguici anche su Instagram:
https://www.instagram.com/amicodelpopolo.it/