La stomia non è un problema né una malattia, bensì la soluzione alle tante difficoltà che può vivere chi soffre di patologie come tumori, rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn. Nonostante la diffusione di questa pratica chirurgica, il fenomeno è ancora pressoché sconosciuto. Le questioni legate all’apparato gastro-intestinale e urinario sono, infatti, considerate socialmente imbarazzanti e questo tabù crea spesso pregiudizi verso lo stomizzato che, sentendosi discriminato, tende a chiudersi in se stesso.
«Uno stomizzato è una persona che deve portare un sacchettino sulla pancia posizionato tramite una stomia, ovvero un’apertura, temporanea o definitiva, per raccogliere le feci o l’urina», spiega Elvezio De Bona, presidente di Ais Dolomiti Belluno Odv, che opera a livello territoriale e fa parte della Fais, Federazione associazioni incontinenti e stomizzati. Il sodalizio è nato nel maggio del 2018 e da allora è impegnato nel condividere idee, difficoltà, emozioni, disagi e vuole essere un punto di riferimento per chi è solo, favorire il sostegno tra persone con lo stesso problema, organizzare eventi di sensibilizzazione e divulgazione.
A livello provinciale sono circa 300 le persone con stomia intestinale e urinaria. A questo numero si aggiunge quello degli incontinenti, all’incirca 800 nel Bellunese. La fascia di età con la “fetta” più importante di stomizzati è quella dai 50 anni in su. Nell’Ulss 1 Dolomiti c’è anche qualche caso di bambino con stomia, ma il centro di riferimento per i più piccoli è Treviso. Martina Reolon
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