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sabato 14 Giugno 2025,

Celebrato a Longarone il 59° anniversario del disastro del Vajont

Memoria e futuro, il ricordo di vittime, superstiti e soccorritori, ma anche uno sguardo ai giovani nel discorso del sindaco Padrin. Da parte sua il Vescovo ha esortato a saper ascoltare la storia e la memoria per poter guarire

9 ottobre 2022: memoria e futuro ovvero il ricordo di vittime, superstiti e soccorritori ma anche uno sguardo ai giovani. Questi i temi chiave del discorso del sindaco di Longarone, Roberto Padrin, nella commemorazione civile del 59esimo anniversario del disastro del Vajont che chiude un periodo di ricordo meno intenso rispetto al passato ma ugualmente significativo mentre si pensa al grande appuntamento del 2023 per il sessantesimo.

«Il prossimo anniversario – ha detto Padrin – lo celebreremo con l’obiettivo, da un lato, di fare memoria per rispetto e profonda vicinanza a superstiti e sopravvissuti, dall’altro con uno sguardo verso il futuro coinvolgendo i giovani, quei giovani che vedo sempre poco presenti in queste occasioni. Sulle loro spalle dovremo porre la storia e la lezione del Vajont affinché possano farsi carico della tristissima storia che hanno vissuto i loro genitori e trasferirla, proiettarla, nel futuro a monito perenne di quanto accadde il 9 ottobre 1963. Quest’anno le celebrazioni del 9 ottobre sono state intrise da una maggiore sobrietà rispetto agli anni scorsi, ma ciò nonostante l’emozione che emerge in ogni singolo appuntamento rappresenta una piccola pietra dedicata alla ricostruzione di questa comunità».

Un ricordo anche per il superstite Gianni Olivier scomparso pochi mesi fa. «Oggi – continua il sindaco – non posso non ricordare che questo è il primo anniversario che celebriamo senza il maestro Gianni Olivier, l’informatore della memoria del Vajont per eccellenza: colui che ha insegnato a generazioni di giovani e li ha fatti crescere, colui che ha raccontato il Vajont con equilibrio e umanità nonostante il suo cuore fosse gonfio di profonda tristezza perché tutto questo lo riportava a quei giorni dove perse in un colpo solo la mamma, il papà e il fratello Angelo. La sua opera di volontariato rimarrà scolpita nelle nostre menti e nei libri che ha contribuito a scrivere raccogliendo i nomi di tutte le vittime, delle loro famiglie, fotografando lapidi, raccogliendo un tesoro di informazioni che ha donato a tutti».

Padrin ha poi ricordato i soccorritori (per loro è previsto un raduno speciale nel 2023) e ha guardato anche all’attualità con la guerra e la crisi energetica.

E’ intervenuto anche del ministro Federico D’Incà: «In questi anni da ministro – ha detto – ho portato ovunque andassi il ricordo e l’omaggio dei tanti soccorritori e volontari intervenuti dopo il disastro all’insegna di una grandiosa solidarietà. Ho spiegato inoltre la grande dignità dei superstiti che hanno saputo rialzarsi e cercare giustizia, ricostruendo e facendo causa comune. Questa è la forza dei bellunesi dimostrata anche in anni recenti affrontando prima la tempesta Vaia e poi la pandemia. Tra i grandi esempi due nomi mi sono nel cuore ovvero la mia concittadina Tina Merlin e Mario Lena, sindaco nel 1963 della comunità di Bagni di Lucca, che ho incontrato pochi mesi fa ricordando il tanto aiuto che ha dato ai longaronesi che avevano perso tutto».

La cerimonia religiosa come di consueto è stata officiata dal vescovo Renato Marangoni; con lui numerosi sacerdoti della diocesi. Una novità è stata la spostamento alla mattina. Anche per via della giornata festiva domenicale, la partecipazione è stata molto più ampia che in passato. All’omelia il vescovo Renato ha parlato dei simboli evocativi dei luoghi: «Questi luoghi ci parlano: questo cimitero racchiude racconti travagliati, ma anche tanti affetti. Oggi quella sofferenza di 59 anni fa ci pare irragionevole, ci sembra un attentato al bene della vita. Siamo consapevoli di quanto hanno perso i superstiti e della loro difficoltà di riscattare la vita sociale e comunitaria dopo quello che è successo. Dobbiamo però saper ascoltare la storia e la memoria di chi non c’è più e di chi c’è stato. Questo per poter guarire, come ricorda la sacra scrittura con l’episodio del lebbroso, nel solco di quanto vittime e superstiti hanno fatto e quanto fanno ancora ovvero la ricerca di vita, speranza, giustizia e pace».
Enrico De Col

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