Secondo il Rapporto annuale 2023 dell’Istat, presentato nella mattinata di oggi, venerdì 7 luglio, l’Italia si trova di fronte a diverse sfide che vanno affrontate per garantire uno sviluppo sostenibile e inclusivo. Uno dei principali fattori analizzati riguarda l’evoluzione demografica, con particolare attenzione all’invecchiamento della popolazione e alla diminuzione delle nascite. E il nostro Paese non ne esce bene: al 1° gennaio 2023 si osserva, scrive l’istituto nazionale di statistica, «uno squilibrio intergenerazionale con 117,9 anziani (65 anni e più) ogni 100 giovani di 15-34 anni a livello medio nazionale». Tale indicatore è più elevato nelle “aree interne”, con un dato medio di 122,1%, rispetto a quelle “centrali”, con un dato medio di 116,7%. In provincia di Belluno sono “aree interne” i comuni della parte alta del territorio, più la zona dell’Alpago e Sovramonte nel Feltrino, il resto è classificato come “area centrale”. Per le aree interne, sottolinea l’Istat, sono molti i comuni con uno squilibrio importante, cioè con valori pari a 160% e oltre, «e questi comuni si snodano per lo più lungo la fascia appenninica, appartenendo quindi ad aree ultra periferiche che scontano difficoltà anche legate al territorio. I comuni interni con valori più contenuti sono situati invece lungo le coste o in specifici territori del Nord-est. Riguardo i comuni centrali, quelli che presentano uno squilibrio forte sono meno numerosi e si trovano per lo più nel Nord Italia». Ma ora vediamo come sta Belluno, più nel dettaglio.
IN SINTESI
1. Il Rapporto annuale 2023 dell’Istat evidenzia diverse sfide per l’Italia in termini di sviluppo sostenibile e inclusivo, con particolare attenzione all’invecchiamento della popolazione e alla diminuzione delle nascite.
2. L’indicatore demografico mostra uno squilibrio intergenerazionale nel Paese, con 117,9 anziani (65 anni e più) ogni 100 giovani di 15-34 anni a livello nazionale. Le “aree interne” presentano valori più elevati, con una media del 122,1%.
3. La provincia di Belluno, in particolare, mostra numerose situazioni di grave squilibrio demografico, con diversi comuni che superano la soglia preoccupante del 160%. Tuttavia, anche molti altri comuni rimangono al di sopra dei riferimenti medi nazionali, evidenziando la necessità di azioni mirate.

La cartina che proponiamo in questa pagina ci aiuta. A colpo d’occhio notiamo che le situazioni di più grave squilibrio demografico (evidenziate in colore più scuro) sono numerose nel nostro territorio, contornato in rosso. Però siamo “terra di mezzo” tra l’Alto Adige che vive un rapporto tra vecchi-giovani assolutamente accettabile (azzurro, a sinistra nella cartina; il Trentino, a sinistra in basso, è messo più o meno come noi) e il Friuli Venezia Giulia (sulla destra della cartina) dove le aree colorate in drammatico blu scuro sono davvero molte e vaste: lì è preoccupante e perfino omogeneo il debolissimo ricambio intergenerazionale.
Ricapitolando. In Italia 117,9 anziani ogni 100 giovani di 15-34 anni come dato medio; nelle “aree interne” 122,1%; devono preoccupare (lo dice l’Istat) le situazioni che hanno un rapporto sopra 160% e nelle “aree interne” della provincia di Belluno sono: Cortina 161%; San Pietro di Cadore 177%; Santo Stefano di Cadore 187%; Danta di Cadore 200%; Vigo di Cadore 192%; Lorenzago di Cadore 200%; Domegge di Cadore 187%; Calalzo di Cadore 190%; Valle di Cadore 179%; Cibiana di Cadore 298%; Vodo di Cadore 161%; Zoppè di Cadore 282%; Val di Zoldo 243%; Alleghe 183%; Rocca Pietore 198%; San Tomaso Agordino 222%; Vallada Agordina 174%; La Valle Agordina 165; Rivamonte Agordino 189%; Voltago Agordino 178%; Gosaldo 251%; Sovramonte 233%; Chies d’Alpago 175%; Tambre 179%.
Il fatto è che riusciamo a raggiungere e superare il rapporto preoccupante del 160% anche in alcuni comuni delle “aree centrali”, dove il rapporto medio a livello nazionale è di 116,7%: sono Lamon 224%; Arsié 201%; Fonzaso 173%; Seren del Grappa 160%.
Abbiamo elencato i comuni bellunesi con i valori più preoccupanti, che meriterebbero azioni mirate. Tuttavia, quasi tutti gli altri comuni che pur rimangono sotto la soglia del 160% superano i riferimenti medi nazionali di 122,1% per le “aree interne” e di 116,7% per le “aree centrali” (per essere precisi, se ne salvano tre nelle “aree interne”: San Nicolò di Comelico 109%, Borca di Cadore 103%, Colle Santa Lucia 107%; e uno soltanto nelle “aree centrali”: Sedico 111%).
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3 commenti
Simonetta
Finché i nostri governi ci mangiano vivi i figli non si fanno. Aiuti non c’è ne sono a rispetto del resto del mondo. I figli costano e gli stipendi sono fermi da 15 anni. Non aggiungo altro
Mirko
È un brutto momento di transizione, nel boom del dopoguerra tanti giovani davano una prospettiva di futuro, ora tanti vecchi fanno solo vedere un futuro tetro. Quando i boomer non ci saranno più tra trent’anni, si raggiungerà un nuovo equilibrio e magicamente la prospettiva cambierà nuovamente. Purtroppo noi che viviamo questi anni li vivremo inesorabilmente deprimenti, non vedo soluzioni.
Daniele Sacilotto
Vivo in zona montana e so cosa significa. Le scuole non ci sono più e i bambini sono costretti a levatacce e ore di pullman per raggiungerle. Non parliamo poi delle superiori che li obbligano a veri e propri trasferimenti forzati per riuscire a studiare ciò che vogliono, a meno che non cedano al fatto di frequentare l’unico istituto superiore nelle vicinanze (quasi sempre alberghiero). Una volta diplomati saranno comunque costretti ad andarsene per trovare un lavoro o per studiare nelle università. I costi di mantenimento dei figli sono alti uguale tra pianura e montagna, solo che in montagna abbiamo svantaggi logistici notevoli. Ma tanto questo alla politica cosa importa, hanno altro a cui pensare, salvo poi ogni tanto accorgersi che se si continua così tra 30 anni ci saranno solo pensionati