Il prefetto di Belluno, Mariano Savastano, lancia un appello: servono locali (appartamenti, scuole, ex alberghi) per accogliere i migranti. Ora in provincia ce ne sono 400 e se ne arrivano altri al momento non si sa dove ospitarli. Non vogliamo allestire tendopoli – spiega ancora il prefetto – per questo tramite il Ministero dell’interno abbiamo recuperato 30 brandire a Trieste da un centro della Protezione civile nazionale e ora siamo alla ricerca di un locale dove poterle sistemare.
L’appello è stato lanciato questo pomeriggio dalla Prefettura al termine di una riunione alla quale erano stati invitati i sindaci dei dieci Comuni bellunesi più popolosi (Belluno, Feltre, Borgo Valbelluna, Sedico, Ponte nelle Alpi, Santa Giustina, Alpago, Cortina, Limana, Longarone) per parlare della sistemazione dei migranti minorenni e non accompagnati, insieme anche ad altri tre Comuni più piccoli che già ospitano minori (Pieve di Cadore, Lamon e Pedavena).
La legge – ha fatto presente ancora Savastano – fa obbligo ai Comuni di accogliere i minori non accompagnati, se questi non vengono collocati nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) per adulti, dove però possono essere ospitati solo se hanno almeno 16 anni e dove possono rimanere al massimo 90 giorni. Attualmente in provincia ci sono 14 minori, dei quali 6/7 sono stati accolti da un Cas e gli altri dai Comuni o da comunità educative come quella di Villa San Francesco di Facen di Pedavena.
Sottolineato che prossimamente uscirà un avviso per l’apertura di un Cas per minori, il prefetto ha ricordato che però un avviso analogo l’anno scorso è andato deserto e per questo è necessario ricorrere ai Comuni e si è cominciato da quelli di dimensioni maggiori perché anche dotati di maggiori possibilità.
Ribadito che i Comuni non possono rifiutarsi di accogliere i minori, Savastano ha poi sottolineato che le Amministrazioni comunali non vengono lasciate sole, grazie anche all’opera dell’Ufficio minori dell’Ulss Dolomiti che è coinvolto nella rete di assistenza che via via è stata messa in piedi e che si cerca mano a mano di ampliare e rafforzare.
Da parte sua il prefetto si è detto ottimista perché vede che qualcosa si sta muovendo. Per esempio due Comuni che inizialmente si erano dichiarati indisponibili ad accogliere migranti (se sono adulti non sono obbligati a farlo), ora hanno messo a disposizione un appartamento (adesso sono una trentina le municipalità bellunesi disposte ad accogliere e altrettante invece che sostengono di non averne la possibilità).
«Se vogliamo salvare le vite anche sulla terra, dopo averlo fatto in mare e se le vogliamo integrarle nel nostro tessuto sociale – ha commentato il prefetto – occorre coraggio, capacità gestionale e umanità». In questo modo si risponderebbe anche alle richieste di tanti imprenditori e albergatori che anche in provincia di Belluno faticano a trovare la forza lavoro di cui hanno bisogno. E per far lavorare i migranti non ci sono difficoltà, come dimostrano quelli già assunti da Asca ad Agordo e dalla Cooperativa Cadore o quelli che lavorano in pizzeria o in birreria ad Alleghe e Pedavena. Subito infatti possono essere adibiti per lavori socialmente utili e dal 60° giorno di permanenza documentata possono essere regolarmente assunti.
Dopo aver trovato un locale per piazzare le 30 brande recuperate a Trieste, l’obiettivo a medio termine del prefetto è quello di riuscire a raggiungere quota 500 posti grazie anche all’utilizzo della scuola di Orzes (una ventina di posti) che il Comune di Belluno è disposto a mettere a disposizione, ma per la quale sono necessari dei lavori di sistemazione degli impianti idraulici che il Comune vorrebbe fossero a carico della cooperativa che ne assumerà la gestione, e grazie a una struttura dei frati Cappuccini a Col di Cugnan che potrebbe ospitare una trentina di persone. Inoltre altri due appartamenti dovrebbero essere presto disponibili a Cavarzano e a Visome grazie a una cooperativa.
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