C’era davvero tanta gente in Cattedrale questa mattina (lunedì 18 marzo) per i funerali di don Giuliano Follin. Gli stalli del presbiterio erano tutti occupati dai confratelli, riuniti attorno al vescovo Renato Marangoni e al vescovo emerito Giuseppe Andrich. Nell’ampia navata gente venuta dalle varie parrocchie di cui è stato pastore, persone a lui legate da amicizia. Un giovane della parrocchia di Borgo Piave ha affidato al cielo questo messaggio: «Resterai nei cuori di tutti noi». Anche un rappresentante di Borgo Piave, prima dei riti di congedo, ha espresso con calore la gratitudine della comunità per gli anni passati insieme.
Nell’omelia il vescovo Renato ha ricordato come nell’ultimo suo scritto, vergato per l’appuntamento settimanale di pastorale liturgica sul sito e sul settimanale diocesano, don Giuliano avesse riproposto – come esortazione a dare profondità al cammino verso la celebrazione annuale della Pasqua – le parole iniziali di papa Francesco in Evangelii Gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1).
Ha ricordato che «otto giorni fa – mentre eravamo raccolti in preghiera nelle esequie del confratello don Lorenzo – abbiamo notato il velo di mestizia che appariva nel volto di don Giuliano. Anche la sua voce, le sue parole, il suo comportamento evidenziavano un certo disagio di salute. Negli ultimi tempi egli non nascondeva affaticamento e un certo timore sulla tenuta della sua salute. In tutto questo don Giuliano suscitava dolcezza e mitezza. Il suo animo si raffinava accanto a questa fragilità del suo corpo».

Aveva scritto in un passaggio delle sue disposizioni testamentarie, scritte ancora nel 1985 durante un corso di esercizi spirituali: «Mi hanno richiamato continuamente la mia debolezza, perché non mi vantassi del po’ di bene che col tuo aiuto, riuscivo a fare».
Soprattutto – ha ricordato il Vescovo – «don Giuliano aveva il pallino dell’insegnare, accumulava materiale per tale scopo, si prodigava nello scrivere per ammaestrare. A volte coglieva degli aspetti particolari che gli stavano a cuore e allora non mollava, diventava preciso e meticoloso. Lui si era formato e rinnovato alla scuola del Concilio. Deriva da qui la sua passione per la Liturgia e il suo impegno ad approfondirla e insegnarla».
Infine il Vescovo ha collocato don Giuliano nella scena raccontata dal Vangelo proclamato: l’unzione di Betania, sei giorni prima della Pasqua: «Ci piace collocare in questa scena evangelica anche don Giuliano, in fondo anche lui ha preparato la Pasqua del Signore nel ministero svolto e ci ha aiutato a farlo anche noi con il “latte” dei suoi scritti, del suo insegnamento, della sua cura liturgica».
Un particolare di questa celebrazione ha il sapore dell’adesione dell’assemblea sembra alla cura della Liturgia tipica di don Giuliano: la partecipazione corale ai canti proposti. Forse anche don Giuliano ha commentato: che bella celebrazione!
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