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martedì 10 Giugno 2025,

Il vescovo Marangoni a Lattebusche alla vigilia del 1° maggio

L'azienda celebra 70 anni di vita, nel segno della sostenibilità e della cura del territorio

Che cosa ci fa un vescovo in mezzo a «una montagna di formaggio»? La domanda forse se l’è posta lui stesso, il vescovo Renato Marangoni, raccontando verso la fine dell’incontro con i dirigenti e le maestranze di Lattebusche, la propria esperienza di giovane casaro, nel lontano 1978: «Ho fatto anch’io tre mesi di lavoro in latteria», ma era la latteria di Crespano del Grappa, ben piccola di fronte alla più grande cooperativa casearia del Veneto, qual è diventata Lattebusche. In mezzo a questa «montagna di formaggio», si è svolto nella tarda mattinata di martedì 30 aprile l’incontro promosso dall’Ufficio diocesano di pastorale sociale e del lavoro, come segno di attenzione della nostra diocesi verso il mondo del lavoro, alla vigilia del 1° maggio. La scelta è caduta sul questa azienda che quest’anno celebra 70 anni di vita.

Per primo ha preso la parola Carlo Zanella, sindaco di Cesiomaggiore, che ha manifestato la piacevole sorpresa avvertita nell’invito a questo momento. Lattebusche rappresenta un orgoglio per il comune cesiolino. La festa del 1° maggio – ha sottolineato – serve a ricordarci che «i lavoratori, in quanto persone, vengono prima del business»; per questo la preoccupazione che la salute e la sicurezza del lavoratore non venga mai messa in secondo piano, come purtroppo quasi quotidianamente è attestato dalle cosiddette “morti bianche”.

Il presidente Modesto De Cet ha rimarcato l’onore di avere in casa il Vescovo, al quale ha ricordato i numeri dell’azienda: 100 soci e 300 dipendenti. «È un’azienda cresciuta nel tempo. È fatta anche di allevatori che lavorano 365 giorni all’anno e con questo lavoro restano sul nostro territorio e ne hanno cura».

Anche il direttore generale Antonio Bortoli ha ringraziato il Vescovo per la sua presenza e ha sottolineato la location, un moderno magazzino organizzato per la sicurezza e la salute degli operatori, che si è reso necessario proprio per mitigare gli effetti dei lieviti e degli altri prodotti della maturazione dei formaggi, che – lo ha detto rammentando il proprio passato – lasciavano un segno sulla pelle del lavoratore. «Celebriamo i 70 anni dell’azienda. Da 15 anni a questa parte, abbiamo ottenuto numerosi riconoscimenti sulla sostenibilità della produzione, attestati di comportamento virtuoso e abbiamo continuato a mantenere il territorio», tramite l’agricoltura di montagna. «Qui non abbiamo avuto incidenti… Tocchiamo ferro, oserei dire… – e poi si è corretto – o meglio prego Dio che non succeda mai nulla».

Di seguito sono stati pronunciati alcuni passi del Messaggio dei Vescovi italiani per la Festa dei lavoratori: «Ognuno partecipa con il proprio lavoro alla grande opera divina del prendersi cura dell’umanità e del Creato. Lavorare quindi non è solo un “fare qualcosa”, ma è sempre agire “con” e “per” gli altri, quasi nutriti da una radice di gratuità che libera il lavoro dall’alienazione ed edifica comunità… l’articolo 1 della Costituzione italiana assume una luce che merita di essere evidenziata: la “cosa pubblica” è frutto del lavoro di uomini e di donne che hanno contribuito e continuano ogni giorno a costruire un Paese democratico… Le politiche del lavoro da assumere a ogni livello della pubblica amministrazione devono tener presente che “non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro” (Fratelli tutti 162)… a chiunque lavora spetta il riconoscimento della sua altissima dignità. Senza tale riconoscimento, non c’è democrazia economica sostanziale».

Particolarmente intrigante il passaggio in cui i Vescovi italiani invitano le istituzioni a creare «le condizioni perché tutti i territori nazionali godano delle medesime possibilità di sviluppo, soprattutto le aree dove persistono elevati tassi di disoccupazione e di emigrazione». Nelle stesse ore, in altri lidi, è all’ordine del giorno l’autonomia differenziata, che è lecito chiedersi se saprà farsi carico di questa istanza. Provocatorio anche il passo in cui si afferma: «Un lavoro dignitoso esige anche un giusto salario e un adeguato sistema previdenziale, che sono i concreti segnali di giustizia di tutto il sistema socioeconomico». Non è scritto “salario minimo”, ma la sostanza è quella. E ancora: «Bisogna colmare i divari economici fra le generazioni e i generi, senza dimenticare le gravi questioni del precariato e dello sfruttamento dei lavoratori immigrati. Fino a quando non saranno riconosciuti i diritti di tutti i lavoratori, non si potrà parlare di una democrazia compiuta nel nostro Paese».

Dopo la lettura del testo, è intervenuto il Vescovo, che ha rimarcato come il lavoro significhi anzitutto volti di lavoratori, storie di famiglie e di amicizie. «Se smarriamo i tratti dei volti, il lavoro si annoda su se stesso e non si inserisce nella ricerca del bene comune». Ricordando la foto della posa della prima pietra dell’azienda, ha evidenziato la folla che era convenuta per l’evento: quanta strada da allora! Sul lavoro – ha ricordato il Vescovo – c’è anche una visione di fede, che ci rammenta che il Creatore stesso è in qualche modo lavoratore, che questo scenario dolomitico è frutto dell’opera del Creatore. Il Vescovo ha quindi sottolineato l’itinerario che sta portando le Chiese italiane verso la 50ª edizione delle settimane sociali, che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio prossimi. Il tema riguarda proprio la democrazia e la partecipazione, temi urgenti nel contesto socio-culturale che stiamo vivendo. La festa del lavoro sia quindi occasione per cogliere la profondità dell’attività del lavoro: «Sono venuto qui per un incontro in cui si onorino il lavoro e i lavoratori». E per questo ha invitato i presenti a recitare insieme il “Padre nostro”, che è una preghiera intrisa di temi del lavoro, a cominciare dal «pane quotidiano».

E infine «…liberaci dal male»: il finale della preghiera è stato collegato a un mazzo di fiori, dedicato a chi sul lavoro ha trovato la malattia professionale o la morte. Liberaci dal male, cioè prevalga il bene.

Davide Fiocco

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