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lunedì 16 Giugno 2025,

Un «giallo veneziano» che “sconfina” nelle Dolomiti bellunesi

«L’isola del rimorso» è l'ultimo lavoro del giornalista mestrino Pierluigi Rizziato

Un bellunese che legga in copertina «giallo veneziano» probabilmente si sorprenderà aprendo il libro, perché in effetti l’azione del romanzo «L’isola del rimorso» si svolge anche quassù da noi, a Fonzaso, a Laste di Sopra, Laste di Sotto. E in fondo non c’è niente di strano: facendo due parole con l’autore si svela la storia familiare tipica di tantissimi veneziani, ovvero il legame stretto e prezioso tra gli abitanti della laguna e le nostre montagne.

Non sfugge alla regola dell’asse del Piave il giornalista del Gazzettino e scrittore mestrino Pierluigi Rizziato, che le nostre Dolomiti conosce, apprezza e frequenta da decenni, per vacanza, per lavoro e di passaggio. Tanto da omaggiarle – ma è più di un “cammeo” – nella fiction del suo ultimo libro, pubblicato da Edizioni Biblioteca dell’Immagine, Pordenone, aprile 2024. Sono 212 pagine, che filano via in un attimo.

Spoileriamo ad uso dei bellunesi? «Angelo e Susanna si sposarono a settembre di quello stesso anno e decisero di andare a vivere a Laste nel Bellunese. Casetta in affitto, insegnavano ai bimbi delle elementari, lei a Laste di Sopra, 1400 metri di altezza, lui poco più giù, a Laste di Sotto. Non erano le alte cime delle Ande ma, al momento, ad Angelo andava bene così». Di Fonzaso meglio non dire nulla qui: chi legge il libro scoprirà.

Valli e calli, dunque. E acqua. Attenzione, però: non generano una scontata atmosfera romantica, piuttosto evocano inquietudini. Il giallo di Rizziato è infatti un po’ nero, anzi grigio più che “noir”, grigio come la nebbia, consolatoria complice di cose da nascondere.

«Proseguiva con lentezza, stando attento a non deviare troppo a destra o troppo a sinistra con il rischio di smarrire la sequenza delle boe e perdersi con la sua barchetta nella nebbia in mezzo alla laguna. Dopo la decima bricola lo pervase un certo timore perché la successiva tardava a delinearsi nel pallore di una giornata che faticava a rischiararsi. Poi finalmente comparve e dopo l’undicesima individuò anche la dodicesima e non molto lontano da quella, la tredicesima. Lì si fermò». Un tonfo sordo.

Una Venezia minore di settant’anni fa, venata di una quotidianità oggi perduta e popolata da personaggi che un po’ d’ironia descrittiva se la meritano, li capiamo, sembra di conoscerli. Come Mario, con il suo alberghetto, un tipo tutto sommato attraente: «continuava a esercitare un certo fascino sulle clienti che trattava tutte indistintamente con somma gentilezza e galanteria, cosa che le lusingava non poco. A loro non si presentava con il suo vero nome ma lo stropicciava, lo pronunciava un po’ all’inglese in modo che ne uscisse qualcosa che somigliasse a Marlon. “Ah! Marlon, like Marlon Brando”, precisavano le ospiti riferendosi a quel giovane attore americano del quale avevano visto i primi film di successo». Sembra di sentirlo, «Mario» (viene bene se lo leggete con la R mestrina).

Con gustosa abilità, Rizziato sfrutta il suo mestiere di giornalista quando si tratta di spostare le ambientazioni nel corso del tempo, decenni, e basta il riferimento a un modello d’auto Fiat, un cenno ai fatti di cronaca contemporanei, la radio che annuncia un evento rimasto nella storia, la gente che parla di un accadimento noto.

Ecco: parlare. E sparlare. E spettegolare. Le calli sono strette ed è facile ascoltare quel che si dice nella casa di fronte, specialmente se qualcuno alza la voce. «Nella Venezia del Novecento, la città delle nebbie, dell’acqua alta, ma anche delle ciacole, le chiacchiere, dei pettegolezzi, i segreti fanno presto a sgretolarsi» si (ri)legge nell’ultima di copertina. Tanto più se vicino a casa abitano due maranteghe e betoneghe, che sanno sempre tutto e ascoltano e raccolgono e immaginano e cuciono e spargono.

«Succede però che una persona scompare. Non è la sola, altre sono già scomparse. Una cena tra fratelli a Mestre assume i contorni di un complotto. E in laguna c’è una barca che vaga da sola, sulla barca c’è del sangue». La verità fatica a rivelarsi, «complice Venezia, complice la nebbia».

Luigi Guglielmi

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