Nell’ultimo rapporto statistico dell’Istat sulle migrazioni interne e internazionali della popolazione residente in Italia, riferito agli anni 2022 e 2023, il Nord si conferma l’area del Paese più attrattiva, sia in riferimento ai movimenti con l’estero (+5,2 per mille), sia alla dinamica migratoria interna (+2,1 per mille). Ma il Veneto non brilla come destinazione e il grafico sotto il titolo lo mostra con evidenza: meglio Lombardia, meglio altre regioni, meglio l’Emilia Romagna, meglio il Lazio. Con tutto il bisogno di popolazione e di lavoratori che abbiamo.
Nel biennio 2022-23 si assiste a una ripresa della mobilità interna della popolazione e delle immigrazioni dall’estero. Le emigrazioni verso l’estero, invece, si mantengono ancora sotto i livelli precedenti al Covid, scrive l’Istat.
Abbiamo detto del Veneto. Tuttavia nel suo complesso l’area del Nord-Est continua a essere l’area del Paese più attrattiva, con un tasso migratorio medio annuo per gli anni 2022-2023 pari al +2,4 per mille. «All’interno di tale area geografica spicca l’Emilia-Romagna che consegue un tasso migratorio interno netto del +3,6 per mille. Si registra il tasso migratorio interno medio annuo inferiore (+1,8 per mille) nel Nord-ovest, dove gioca un ruolo determinante l’attrattività esercitata dalla Lombardia (+2 per mille)».
E le province? Pavia è quella con il più alto tasso di migrazione interna (+5,1 per mille nel biennio 2022-23), seguono Bologna e Ferrara (rispettivamente, +4,4 e +4,3 per mille), al contrario, le province meno attrattive sono Caltanissetta (-7,1 per mille), Reggio Calabria (-6,7 per mille) e Crotone (-6,3 per mille). Tanta gente si sposta ma per rimanere dentro i confini della propria provincia: sei movimenti su 10 avvengono all’interno della provincia, uno su 10 interessa un movimento all’interno della stessa regione e tre su 10 uno spostamento verso un’altra regione. Tra questi ultimi, oltre un terzo coinvolge i movimenti che dal Mezzogiorno si dirigono verso il Centro-nord. Tre partenze dal Mezzogiorno su 10 si dirigono in Lombardia, la meta di destinazione preferita tra i residenti di molte regioni meridionali; i flussi in uscita di Abruzzo e Molise, invece, si dirigono prevalentemente nel Lazio.
«In valore assoluto, la Campania è la regione da cui si parte di più (28,8% delle cancellazioni dal Mezzogiorno), seguita da Sicilia (24,1%) e Puglia (18%). In termini relativi, rispetto alla popolazione residente, il tasso di emigratorietà più elevato si ha in Calabria (quasi nove residenti per mille emigrano verso le regioni centro-settentrionali). Tassi sopra il sette per mille si registrano per Basilicata e Molise. A livello provinciale, Crotone ha il tasso di emigratorietà più elevato con 11,5 residenti su mille che si spostano al Centro-nord. Viceversa, la provincia centro-settentrionale più attrattiva per chi arriva dal Mezzogiorno è l’area metropolitana di Bologna (6,7 per mille)».
E i movimenti con l’Estero? Dal 2014 l’andamento delle emigrazioni dall’Italia presenta un trend crescente fino al 2019, anno in cui si è rilevato il valore massimo (180mila) dagli anni Settanta del secolo scorso, e una successiva contrazione durante la pandemia da Covid-19. L’accelerazione del trend dal 2016 al 2019 è dovuta principalmente all’aumento degli espatri per effetto della Brexit, che, tuttavia, non è riconducibile a un vero e proprio movimento di persone ma piuttosto a un incremento di iscrizioni in Aire di cittadini italiani già presenti sul territorio britannico, al fine di confermare il proprio settled status prima dell’uscita definitiva del Regno Unito dall’Unione europea.
Tra il 2014 e il 2023, scrive l’Istat, si conta oltre un milione di espatri, a fronte di poco più di 515mila rimpatri; i saldi migratori dei cittadini italiani sono quindi sempre negativi e la perdita complessiva di popolazione italiana dovuta ai trasferimenti con l’estero è pari a 566mila unità. Nel biennio 2022-23 oltre la metà degli espatri ha origine nel Nord (52,7%): in particolare sono partiti dal Nord-ovest del Paese complessivamente circa 61mila italiani (29,6% degli espatri) e dal Nord-est 48mila (23,2%). Numerose anche le partenze dal Sud (in totale 41mila nel periodo 2022-23, 19,8%) e dal Centro (35mila, 16,7%), mentre dalle Isole hanno espatriato in due anni complessivamente 22mila italiani (10,7%). Il tasso di emigratorietà degli italiani, che nel 2021 era pari all’1,7 per mille, nel 2022 all’1,8 e nel 2023 al 2,0 per mille, testimonia una lieve ripresa della propensione a espatriare: si registrano tassi superiori alla media nazionale al Nord (mediamente 2,2 per mille nel biennio 2022-23) e inferiori al Centro-sud (1,7 per mille).
«Nel decennio 2013-2022 è espatriato dall’Italia oltre un milione di residenti, di essi oltre un terzo (352mila) con un’età compresa tra i 25 e i 34 anni. Con riferimento a questo collettivo di giovani espatriati, si osserva che oltre 132mila (37,7%) erano in possesso della laurea al momento della partenza. D’altro canto, i rimpatri di giovani della stessa fascia d’età sono stati circa 104mila nell’intero periodo 2013-2022, di cui oltre 45mila in possesso di laurea: la differenza tra i rimpatri e gli espatri dei giovani laureati è costantemente negativa e restituisce una perdita complessiva per l’intero periodo di oltre 87mila giovani laureati». Di più: «nel 2022 si riduce il numero dei rientri in patria dei giovani laureati (6mila, -18,9% sul 2021). La contingenza delle due dinamiche, l’aumento degli espatri e il calo dei rimpatri, determina un saldo migratorio negativo che si traduce in una perdita di 12mila giovani risorse qualificate, in linea con le consistenze rilevate prima della pandemia». Nella classifica delle destinazioni preferite in testa c’è la Germania (con quasi 3mila espatri di giovani laureati), che sorpassa il Regno Unito (2,6mila). Seguono la Svizzera (1,8mila), la Francia (1,7mila) e i Paesi Bassi (1,2mila). Tra i paesi extra-europei, al primo posto si trovano gli Stati Uniti (quasi 1.000 giovani laureati).
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2 commenti
Giuseppe
Se si parla di aree geografiche, è inopportuno porre a Nord-Est l’Emilia-Romagna: non vi sta neppure come area culturale.
Marco
Guarda che è l’Istat che mette l’Emilia Romagna tra le regioni del Nord-Est. E l’Istat ne sa sicuramente più di te nell’individuare e classificare macroaree