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mercoledì 25 Giugno 2025,

La comunità di Zermen saluta don Lino Mottes: «Il suo spirito non ci abbandonerà»

Le esequie sono state celebrate sabato 1° febbraio nella Concattedrale di Feltre

Nel duomo di Feltre sabato 1° febbraio si è celebrato il funerale di monsignor Lino Mottes, deceduto all’età di 94 anni. Un commosso addio a un sacerdote che ha dedicato la sua esistenza all’annuncio del Vangelo e al bene della Chiesa e del prossimo. Ne sanno qualcosa le comunità che hanno avuto il dono di conoscerlo nella sua missione spirituale come segretario del vescovo Muccin, come arciprete per 11 anni della cattedrale di Belluno, come arcidiacono di Agordo per 32 anni e come guida per 13 anni della parrocchia di San Dionisio di Zermen. Gli ultimi tre anni, condizionati da un precario stato di salute, li ha trascorsi nella dimora presso il Museo diocesano d’arte sacra, dove ha continuato a celebrare la santa messa e ad accogliere fedeli e amici che venivano a fargli visita. Aveva innato il senso dell’amicizia e di ospitalità. Quando sentiva suonare il citofono, apriva la finestra e a tutti si rivolgeva con questa parola «Eccomi» e con il suo indimenticabile sorriso. Era questo il suo approccio a chi si confidava a lui per avere una parola di conforto e di speranza ,un consiglio, una stretta di mano o una benedizione. Mai un rifiuto, mai un segno di insofferenza, sempre una grande disponibilità umana , una particolare propensione all’ascolto e alla comprensione che metteva a proprio agio ogni persona che gli confidava i problemi della vita quotidiana. Era un vero pastore d’anime, che ha lasciato un profondo ricordo per l’affabilità che ha accompagnato il suo esercizio pastorale durante i 72 anni di sacerdozio.

Sono aspetti che si aggiungono a quelli che il vescovo Renato Marangoni ha illustrato nella sua omelia. Dopo aver ricordato che il suo decesso è avvenuto giovedì 30 gennaio, nel giorno della morte dalla sua mamma Lucia, il vescovo ha accennato al suo ultimo viaggio, il più ardito e il più preparato rispetto ai moltissimi che aveva organizzato nel corso dei decenni. «Alla luce del mattino perché così è stata la sua persona: luminosa, speranzosa, sorprendentemente capace di donare un raggio di sole, ovunque, sempre e a tutti», ha detto il vescovo Renato. «Anche negli ultimi giorni, pur misurandosi con le limitazioni fisiche, viaggiava dentro di sé con la velocità della luce: nei suoi ricordi, nelle sue presenze, negli innumerevoli incontri appassionatamente vissuti, nell’essersi sempre prestato – così come l’amato vescovo Gioacchino Muccin l’aveva definito “compagno di viaggio e familiare”». Una personalità quella di Mottes che non lasciava indifferente , che affascinava chi lo avvicinava. «Quando lo si incontrava», ha poi aggiunto il vescovo, «ci si scopriva investiti da un soffio interminabile di affabilità, donata nobilmente, pulita, capace di suscitare quella giovialità che era così fluente nel suo sorriso, nelle sue parole, nel suo svelto e dinamico muoversi».

In più aveva un dono speciale che non a tutti è concesso: «Era un comunicatore nato che non concedeva tregua alle ombrosità, ai risvolti tristi, alle parole lamentose, ai pensieri sfuocati. Il suo stile, come quello di un artista, lo rendeva capace di cogliere una bellezza più delicata., più interiore, che per lui era sempre riscontrabile. Tutti noi, avvicinando la sua persona, stando con lui, ci siamo trovati bene». Era instancabile nella sua vocazione pastorale, che avrebbe voluto continuare se fosse stato sorretto dalla salute. Così non è stato e non certo per sua volontà. Anche se sofferente, ma sempre col sorriso che mascherava, voleva essere tenuto al corrente di quanto si faceva a Belluno, ad Agordo e a Feltre. Non riuscendo più a farlo da solo, si faceva leggere le notizie e ultimamente a interessarlo erano quelle sull’adeguamento liturgico nella cattedrale di Belluno che – guarda caso – dovrebbe terminare il 29 marzo, giorno del suo 95° compleanno. Ma non meno interesse era tutto ciò che riguardava il santuario dei Santi Vittore e Corona, oggetto di una auspicata di riqualificazione dopo i finanziamenti concessi dal Fondo dei comuni confinanti.

A proposito di comunità, era particolarmente legato a quella di Zermen, di cui è stato amministratore parrocchiale. E a tal proposto un riferimento lo ha fatto anche il vescovo «Non dimentico il compiacimento con cui all’inizio di ogni celebrazione dell’Eucarestia che presiedevo, mi presentava l’ultima comunità che ha servito e mi riferisco a Zermen: come un pittore, la dipingeva di colori pastosi e attraenti». Alla fine della sua omelia il vescovo ha rivolto un ringraziamento alla sua assistente familiare Adriana «per quello che ha rappresentato nei riguardi di don Lino, in più di 50 anni di interrotto servizio, esercitando una sorta di maternità che don Lino ha sempre apprezzato». Analoghi sentimenti sono stati espressi anche da rappresentanti della comunità di Zermen. «Per noi», ha detto Alberto Gaz, «don Lino è stato per 13 anni un vero regalo del Signore, che ci ha permesso di crescere nella fede, nella speranza, nella carità come un buon padre di famiglia saggio ed illuminato». Un grazie sincero e commosso a don Lino è venuto anche dalla signora Rosetta: «Don Lino se n’è andato, ma non ci ha lasciato. Il suo spirito non ci abbandonerà. Voleva troppo bene al suo gregge e come un buon pastore dall’alto dei Cieli ci proteggerà». Un grazie lo ha poi rivolto ad Adriana «che gli è stata accanto in tutti usti anni fino agli ultimi mesi di sofferenza e di vita».

Al termine della santa messa, concelebrata assieme al vescovo emerito Giuseppe Andrich e a 48 sacerdoti, la bara è stata portata sulle spalle da sei confratelli fino sul sagrato della chiesa. Il corteo funebre ha poi proseguito fino al cimitero di Rivamonte, dove monsignor Lino è stato sepolto accanto alla tomba della mamma Lucia. Un desiderio che aveva espresso nel testamento.
Gabriele Turrin

1 commento

  • Complimenti a Gabriele Turrin, condivido la fotografia che è riuscito a scattare con le sue parole dedicate a Don Lino.

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